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Data: 30/05/2008
Settore:
Cgil
EPIFANI AL GOVERNO «PATTI CHIARI E AMICIZIA LUNGA» - Il leader della Cgil apre la Conferenza di Organizzazione «Siamo seduti su una polveriera, il governo ci ascolti o salta il dialogo» - Vai allo speciale

Una massiccia redistribuzione fiscale che dia 400 euro a ogni pensionato e a ogni lavoratore dipendente. Bocciata la detassazione degli straordinari, no deciso al reato di immigrazione clandestina. Forte sostegno alla riforma del modello contrattuale, mantenendo ferma la barra del lavoro unitario con Cisl e Uil. E soprattutto “ritornare a sporcarsi le mani” sulla contrattazione, a partire dal territorio. Questi alcuni dei contenuti della relazione di Guglielmo Epifani alla Conferenza d’organizzazione della Cgil, a Roma. Una Conferenza che si svolge 15 anni dopo l’ultima, a due anni dall’ultimo Congresso, a poche settimane dalle elezioni politiche, che Epifani definisce un “vero e proprio terremoto”. Una Cgil che si propone al dialogo, che rifiuta ogni conflitto preventivo, ma che al chiede al governo, come ha ripetuto Epifani, “patti chiari e amicizia lunga”.



I tre obiettivi

Riprogettare il paese, questo il primo compito evidenziato da Epifani. “Un paese più avanzato, moderno, coeso, che non ha paura di misurarsi con il rinnovamento ma non crede a chi prova a innovare attraverso la paura e la divisione”. Ed ecco l’elenco delle priorità: un fisco equo e “amico” del lavoro, un federalismo “davvero” solidale, redditi e pensioni più sostanziosi, servizi pubblici funzionanti,, scuola e sanità di livello più elevato, nuove e più estese infrastrutture. Tutte cose da realizzare attraverso una politica industriale “un po’ più aperta alla concorrenza e meno protezionista”.



La seconda sfida è riassunta in “contrattare di più e meglio”, che per il leader della Cgil è “il compito fondamentale del sindacato”. La contrattazione è sotto attacco: riaffiora un certo “paternalismo ottocentesco”, si punta a deregolamentare i rapporti di lavoro (anche sulla spinta di recenti sentenze della Corte di Giustizia del Lussemburgo), “globalizzazione senza regole” e “caduta delle protezioni statuali” restringono sempre più spazi e poteri dell’azione contrattuale. “Dobbiamo ritornare a sporcarci le mani” invita Epifani dal palco, perché è nella contrattazione, sia nazionale sia di secondo livello, “che si difende la dignità delle persone, si allarga la scelta dello stare assieme e di farsi sindacato”. Un particolare invito lo lancia a favore della contrattazione nel territorio e sociale (dal confronto sui bilanci comunali agli accordi sulla fiscalità locale), ricordando che “c’è troppa distanza ancora tra le possibilità che abbiamo e quello che concretamente facciamo”.



“Il sindacato del fare, del saper fare e del voler fare”, questa la terza scelta di fondo. Epifani rivendica “il nostro essere rete di servizi e rete di solidarietà e cittadinanza attiva”, la capacità della Cgil di fornire tutele e sostegno operando in condizioni di concorrenza (“anche se questo viene sempre, chissà perché, dimenticato”). La Cgil è insieme “un grande avamposto e un presidio nel territorio” (soprattutto nel Mezzogiorno, in particolare sulla questione della legalità), un luogo possibile “di incontro e di aggregazione”, uno spazio “pubblico e civile”, che va rafforzato e spinto ancora più in alto, soprattutto sui versanti dell’efficienza e della formazione.



I recenti provvedimenti del governo

L’introduzione del reato di immigrazione clandestina trova Epifani in profondo disaccordo, che lo spinge ad annunciare una “campagna specifica” della Cgil. Un reato “contrario a tutte le norme europee e alla nostra Costituzione”, che “offende il buon senso perché rende reato una condizione, qualche volta neanche scelta liberamente”. Una misura, aggiunge, di fatto inapplicabile, che renderebbe “ingestibili gli effetti” del rispetto delle norme e le conseguenze che ne deriverebbero. Sulla sicurezza, infine, Epifani giudica “incomprensibile” la mancata attenzione al tema dei ricongiungimenti familiari.



Sull’abolizione dell’Ici sospende il giudizio, non mancando però di rilevarne limiti e incongruenze. “Il provvedimento – dice il leader della Cgil – sgrava di più le famiglie al crescere di valore della casa di proprietà; non affronta la condizione di chi vive in affitto; apre un problema, non risolto in modo chiaro, con le entrate dei Comuni; contraddice il programma del federalismo fiscale”. Non manca di rimarcare, inoltre, che il provvedimento (come anche la detassazione degli straordinari) viene coperto “sottraendo risorse a spese e investimenti importanti”, come le infrastrutture di collegamento di Sicilia e Calabria.



Ma è, appunto, sulla detassazione di straordinari e premi variabili che si riversano le maggiori critiche. “Una scelta che divide i lavoratori, le donne dagli uomini, il nord dal sud, il lavoro pubblico da quello privato; che rischia di far saltare gli accordi di flessibilità, penalizza chi lavora i turni, chi fa le notti, il sabato, la domenica, quegli accordi in cui si è scelto di avere più occupazione”, spiega Epifani. Un provvedimento che, soprattutto in questa fase di debole congiuntura economica, “si muove contro l’occupazione dei giovani e dei precari”. La detassazione, infine (e al contrario di quanto propugna Confindustria), “non aumenta neanche la produttività oraria, forse la scoraggia, e non si muove nel senso di dare forza alla contrattazione”.



Meno tasse su salari e pensioni

“Occorre un intervento fiscale redistributivo su tutti i redditi da lavoro dipendente e da pensione, che dovrebbe avere il valore di 400 euro a testa, in grado di sostenere la domanda in una fase di difficoltà crescente del potere d’acquisto”, questo il primo orizzonte indicato da Epifani. Una richiesta che per la Cgil (insieme a Cisl e Uil, si sottolinea) va fatta ora, perché ora il governo si accinge a definire la legge di bilancio e il Dpef. Scendendo più in dettaglio, Epifani ricorda che l’attuale situazione italiana impone interventi fiscali dell’ordine di 5-6 miliardi di euro, con un rafforzamento e una rimodulazione delle detrazioni: “prevedere una parte fissa della detrazione facilita la strutturazione di un sistema che può, di anno in anno, essere implementato, recuperando così l’effetto discorsivo e penalizzante del fiscal drag”. Riguardo i pensionati, Epifani pensa a “unificare la no-tax area e a linearizzare le detrazioni”, giungendo quindi a un analogo vantaggio di 400 euro (come per i lavoratori dipendenti). Infine, il pacchetto proposto si completa con “gli interventi fiscali di riduzione sul salario di produttività, riprendendo il meccanismo individuato nel protocollo del 23 luglio, ossia il 23 per cento fino a 400 euro, oppure individuando due o tre cedolari secondo la fascia di reddito”.



La riforma del modello contrattuale

“Una proposta alta, ambiziosa, una mediazione di grande valore”, così Epifani definisce la riforma unitaria scritta con Cisl e Uil. Una riforma centrata sul contratto nazionale “che mantiene e qualifica le sue funzioni, a partire da quelle salariali, con indicatori nuovi e più sensibili al costo della vita, indispensabili in un fase di ricrescita dell’inflazione”. E che si accompagna all’estensione del secondo livello, che andrà “potenziato a livello aziendale, di sito, di filiera e di territorio per le piccole aziende che non hanno la contrattazione”, con un salario aziendale “che andrà correlato a una serie di indicatori, non a uno solo”.



Altri punti importanti sono, da un lato, la riduzione dei tempi dei rinnovi e le decorrenze lineari tra vecchi e nuovi contratti, “due aspetti che, assieme alla mancata restituzione del drenaggio fiscale, hanno penalizzato la crescita reale delle retribuzioni e del potere d’acquisto”; dall’altro, la scelta contenuta nel documento “per la democrazia e la trasparenza della rappresentatività sindacale”. Punto, questo relativo alla democrazia, di cui Epifani sottolinea il valore in termini di “unità” con le altre confederazioni, “ricostruita tutti assieme nelle categorie e nei territori”. Una riforma, ha concluso il leader della Cgil, che parla di un “sindacato confederale che verifica se stesso, si apre, si rinnova”, e che può chiedere oggi a chi rappresenta gli interessi dell’impresa “di accettare la stessa sfida, la stessa trasparenza, la stessa verifica”.



Il rapporto con Confindustria

La trattativa sulla riforma del modello contrattuale sarà una prova anche per Emma Marcegaglia. Della neopresidente (“un interlocutore serio e rigoroso”) Epifani ha apprezzato il “rispetto con cui si è rivolta a tutto il sindacato italiano, alla sua funzione, alla sua rappresentatività”. Ma lamenta alcune lacune nei suoi primi discorsi pubblici: la mancanza di “una valutazione sullo stato e sul livello della condizione retributiva dei lavoratori” e la parte relativa “al lavoro dei migranti, ai loro diritti e alle politiche di accoglienza, che non hanno avuto il riconoscimento che è giusto dare”.



La questione del pubblico impiego

“Passare dalla propaganda ai fatti”, questa la richiesta che viene rivolta al governo, invitandolo a discutere la riforma della pubblica amministrazione a partire dal memorandum firmato col governo Prodi e dall’assicurare le risorse necessarie per la tornata contrattuale che si è appena aperta. Epifani poi si rivolge direttamente al ministro Brunetta, ricordandogli che il sindacato non è elemento di conservazione né di tutela del non lavoro: “Anche per noi chi froda, chi viene meno ai suoi doveri, non può essere difeso”. Ma bisogna smetterla con la “raffigurazione caricaturale del lavoro pubblico, con campagne qualunquistiche che fanno di ogni erba un fascio”. Al ministro, infine, Epifani dice che “non è possibile tornare indietro, legiferare tutto, ridurre ruolo e funzione della contrattazione, superare la privatizzazione del rapporto di lavoro con la centralizzazione inevitabile di ogni scelta normativa e di merito”. Anche per questo, spiega Epifani, la Cgil ha abbandonato il tavolo aperto da Brunetta ieri. Un tavolo cui il sindacato è disposto a tornare solo se il ministro accetterà di aprire un confronto sulle parti normative della contrattazione pubblica, senza pretendere di cambiare il pubblico impiego solo con provvedimenti di legge.



Sicurezza nel lavoro e sicurezza del territorio

Due sono i primi impegni che Epifani propone a Cisl e Uil, proprio in nome di quel “lavoro unitario che è, e resta, la scelta della Cgil, sia per l’oggi sia per il futuro”. Il primo è la sicurezza nel lavoro, da realizzare “attraverso un’attività formativa e contrattuale più sistematica e raccordata”. Il secondo è la ripresa di una mobilitazione contro la criminalità organizzata e le mafie, “a partire dalla condizione del Mezzogiorno e di fronte al fiume di soldi che arriveranno dai fondi europei”. Un’emergenza che il leader della Cgil oggi sente più urgente perché c’è il rischio “che il nuovo governo sia più attento a porsi il problema della piccola criminalità che di quella grande”, dimenticandosi che spesso “la grande criminalità alimenta la piccola e si ripara dietro di essa”.



Ma l’obiettivo sicurezza va di pari passo con l’affermazione del ruolo dello Stato e delle sue prerogative. Un’affermazione, però, che non vuol dire “chiedere che si usi sempre e soltanto la forza”, ma vuol dire “prevenire, avere un giustizia rapida e la certezza della pena”. Epifani descrive così uno Stato non autoritario ma “autorevole”, che sappia frenare ogni spirale e accenno di intolleranza, che sappia dire “basta alle ronde, basta alla caccia al diverso, basta ai fatti del Pigneto e dell’Università di Roma”.



Il rapporto con il governo

“Patti chiari, amicizia lunga”, questo ripete Epifani all’esecutivo Berlusconi, invitandolo a una capacità di ascolto delle richieste del sindacato. A partire da un intervento serio e articolato su prezzi e tariffe, quello che la stessa maggioranza di centrodestra non fece nella precedente esperienza governativa. Un’azione oggi improcrastinabile, viste le conseguenze che stanno avendo su redditi e pensioni l’aumento di beni come petrolio e gas, ma anche come farine e riso, dovute a un mix micidiale di “crescita della domanda dei paesi che escono dalla povertà” e di “speculazioni finanziarie che oggi si concentrano sulle materie prime e sui cambi delle monete”.



Al governo Epifani chiede “obiettivi possibili”, perché solo così il paese può uscire dai suoi problemi e recuperare il terreno perduto. Obiettivi possibili come, ad esempio, i rigassificatori e le fonti rinnovabili, più che la costruzione di centrali nucleari, che rischieremo di fare “quando probabilmente esisteranno centrali più sicure e meno costose”. E chiede anche un modus operandi del tutto opposto a quello che sta avvenendo per Alitalia: in campagna elettorale “ogni giorno un annuncio di cordate e di soluzioni per il rilancio della compagnia”, poi il silenzio e “l’aggravamento del suo bilancio e del suo futuro” oppure l’esistenza di “un piano segreto, di una cordata già definita, che per qualche ragione viene tenuta nascosta al paese, ai lavoratori, al sindacato, che hanno invece diritto di sapere”.



L’orizzonte della Cgil: la libertà

“Abbiamo bisogno di una Cgil aperta e democratica, forte e rappresentativa, meno burocratica, più flessibile e che aumenti la qualità delle sue radici”, così Epifani in conclusione del suo discorso. Una Cgil che guarda con forza all’ausilio della formazione, che dovrà divenire “di massa, costante e permanente”, che avrà anche l’aiuto della “scuola di Ariccia che tra poche settimane comincerà a essere riqualificata e ricostruita”. Una Cgil che trova la sua identità nella memoria, un patrimonio enorme da mettere a disposizione dei giovani. Una Cgil, soprattutto, che si fonda sulla “libertà”, quella che “fonda un’uguaglianza non subita, che ti dà un senso, una dignità, che il sindacato nelle sue pagine più alte ha saputo incarnare, dando voce a chi non l’aveva e liberando molti e molte”. Quella libertà, ha concluso Epifani tra gli applausi, che abbiamo ritrovato “nei giorni scorsi in un paese dell’Umbria, nelle parole di un anziano pensionato che lavora ancora nei campi per vivere: il sindacato è quello che ci difende”.

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