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Data: 01/06/2008
Settore:
Cgil
SPECIALE CONFERERENZA DI ORGANIZZAZIONE, LE CONCLUSIONI DI EPIFANI - «Resto al mio posto, per rinnovare la Cgil» - Le conclusioni di Epifani (Il video) - Rassegna stampa

Un forte invito all’unità, perché le sfide che attendono la Cgil sono sicuramente difficili. Partendo da una rassicurazione: “il segretario generale qui resterà” (in risposta ai rumours su una sua candidatura alle Europee). Epifani ha chiuso la Conferenza d’organizzazione, richiamando anzitutto il sindacato a rispettare i nuovi impegni che si è dato. Ha risposto a Rinaldini, a Brunetta, al governo, non risparmiando toni garbati ma decisi. Ha tracciato il futuro della confederazione, indicando i due percorsi da compiere: uno verso il basso, per una “rioccupazione” dei territori, proprio lì dove stanno i lavoratori; uno verso l’alto, in una prospettiva internazionale che affronti le dinamiche complesse della globalizzazione, causa profonda di tante nostre difficoltà.



Il primo compito

La responsabilità che ora spetta alla Cgil è tradurre in scelte concrete, che saranno assunte dal Direttivo, le nuove regole e le norme prodotte dalla Conferenza. “Ma nessuna scelta del Direttivo – spiega Epifani - potrà risolvere i nostri problemi se noi non la porteremo avanti col massimo impegno: se parliamo di rinnovamento dobbiamo farlo, se decidiamo di andare nei territori dobbiamo farlo, se diciamo di metterci di più e meglio dobbiamo farlo. Non possiamo dire una cosa e farne un'altra, questo è il nostro destino”.



La risposta a Rinaldini

“La questione non è discutere di più, perché noi abbiamo sempre discusso. E’, invece, che ogni discussione deve poi arrivare a un punto: non siamo in un congresso permanente” ha detto Epifani, riprendendo alcune critiche rivoltegli dal leader della Fiom. “A Gianni – ha poi aggiunto - voglio anche dire che non ho mai pensato e detto che ci sono monaci poveri e conventi ricchi, lavoratori che stanno male e sindacati che stanno bene: il sindacato dei lavoratori ha gli stessi problemi dei lavoratori, è insieme ai lavoratori”.



La “seconda fase” della globalizzazione

“Siamo entrati in una nuova fase della globalizzazione, che ci darà più problemi di quanti ce ne ha dati la prima, senza però averne i vantaggi”. Per il leader della Cgil la “prima fase” ha avuto anche alcuni meriti: “La caduta delle barriere e dei confini, il mercato più largo, la delocalizzazione di attività tradizionali hanno permesso a tanti paesi di uscire dal sottosviluppo, di aumentare i redditi e le opportunità. Oggi, in media, il mondo è un po’ più ricco di prima”. E il vantaggio del cittadino italiano ed europeo, che pur pagava la fuga di tante imprese nazionali verso i paesi emergenti, era di “poter avere beni e servizi di qualità, spesso uguali a quelli forniti dalle nostre aziende, a costi più bassi”.



Un vantaggio che oggi è messo a rischio dalla crescita dell’inflazione, in tanti paesi a due cifre (“in Russia è al 13 per cento, in India e in Cina è al 10”): “Un’inflazione dovuta a ragioni internazionali e di speculazione, che fa aumentare le materie prime ma anche le farine e il riso, che non si può pensare di combattere come facevamo vent’anni fa, riregolando un po’ i salari. Ci si presenta così un problema inedito, che sicuramente rende il sindacato più debole, anche se, a ben guardare, rende tutti più deboli”.



Agire a livello europeo e mondiale

E’ proprio su questo piano internazionale che le organizzazioni dei lavoratori hanno i più gravi ritardi, avverte Epifani: “Oggi serve un sindacato coevo alle modifiche che il mondo sta avendo. Un sindacato che stia di più a livello europeo e internazionale, che esca da quei confini che oggi non ci sono più”. Un sindacato diverso, però, dalla recente unione dei siderurgici inglesi e americani: “La risposta ai problemi odierni non può essere quella, perché si limita a difendere le imprese e i lavoratori dei due paesi da altri lavoratori e altre imprese”. Il nodo teorico, spiega Epifani, è quello della condizione del conflitto tra capitale e lavoro: “Un tempo si diceva che erano interessi distinti e non conciliabili, che andavano accordati di volta in volta. Oggi bisogna capire che oltre a quel rapporto, agiscono nella stessa misura anche i conflitti tra impresa e impresa e tra lavoratore e lavoratore”. La soluzione, quindi, non sta “nelle risposte aziendaliste o nei confini chiusi, nei sindacati solamente unionisti o solamente corporativi, ma nei valori e nelle ispirazioni confederali, di chi cioè punta a unire al di là degli insediamenti, a parlare anche a chi è diverso da sé”.



La riforma del modello contrattuale

“Una mediazione molto alta e importante, in particolare sulla parte per la democrazia. E mi piacerebbe che il raggiungimento di questo obiettivo, una battaglia che la Cgil conduceva da vent’anni, fosse riconosciuta da tutti”, così Epifani. Che non risparmia anche un’altra frecciata sulla questione dei due livelli: “Si può non essere d’accordo sulla mediazione che è stata trovata, ma bisogna essere onesti e raffigurare le cose per come sono effettivamente scritte, e questo non sempre è successo”. Sul futuro della trattativa con governo e Confindustria l’invito del segretario generale è all’unità: “Il quadro è sicuramente difficile, per questo occorre restare uniti, lottare uniti, far vincere le cose in cui ci siamo spesi. Chiudersi in una casamatta non ha senso, adesso bisogna rischiare. Il nostro compito, ora, è quello di favorire al massimo la discussione nelle assemblee con lavoratori e pensionati sulla piattaforma”.



I rapporti col governo

“Se il tema è l’inflazione alta e i redditi bassi, davvero la prima priorità era la detassazione degli straordinari? Ho letto Krugman criticare l’abolizione dell’Ici, Boeri criticare la detassazione, forse proprio torto non avevamo. La miscela di bassi salari e prezzi alti è esplosiva, occorre agire sul piano della restituzione fiscale a dipendenti e pensionati”, dice Epifani parlando dei recenti provvedimenti economici assunti dal governo. Il leader della Cgil affronta anche la questione del pubblico impiego, dopo l’abbandono del primo tavolo di confronto col ministro Brunetta: “La questione che abbiamo posto, definita ‘di metodo’, è in realtà di sostanza. Noi siamo pronti ad affrontare tutti i problemi, ma non lo si può fare con la legge, tornando agli anni settanta, con la politica che s’impadronisce di tutto. Ma lo sapete che il 95 per cento delle cose che Brunetta ha inserito nel suo documento sono già normate nei contratti nazionali? Sono già fatte, bisogna soltanto esigere che vengano rispettate”.



“Resto al mio posto”

“Occorre completare il rinnovamento nelle strutture e in segreteria, servono segnali forti, consapevoli che siamo tutti al servizio dell’organizzazione e non l’organizzazione al nostro servizio. In ragione di questo avanzerò presto al Direttivo una proposta di criteri e di nomi in modo da chiudere rapidamente questa fase”, dice Epifani. Affronta anche i rumors degli ultimi tempi su un suo eventuale abbandono per candidarsi alle prossime elezioni europee: “Adesso bisogna non lasciare instabilità per nessuno, rassicurare tutti, a partire dal fatto che il segretario generale qui resterà”. E così conclude: “Il paese ha bisogno di una Cgil forte e autorevole, unita anche quando esprime punti di vista diversi. Occorre tenere fermo il rapporto con Cisl e Uil, radicarci di più nei luoghi di lavoro e nei territori. Occorre rioccupare dal basso incontrando migranti, giovani, donne, aprirsi e lasciarli entrare. Tenendo sempre fede ai nostri due valori più importanti, la solidarietà tra noi e la passione morale e civile che mettiamo in questa attività, le uniche risorse che un’organizzazione libera e democratica deve mantenere per avere un futuro all’altezza della propria storia”.



(tratto da "Rassegna.it")

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