Il 2006 si chiude con un passivo di circa 2 miliardi. Cattiva gestione e azzeramento dei fondi tra le cause del dissesto. Che fare per rilanciare lo sviluppo.
Fuori dai binari (tratto da "Rassegna sindacale" del 18 dicembre 2006)
di Roberto Greco
"Evitiamo la catastrofe e ricostruiamo le condizioni di sviluppo". Era lo slogan dell'assemblea nazionale dei ferrovieri del 30 maggio scorso. Più o meno le stesse parole sono state adoperate, esattamente sei mesi più tardi, dal nuovo amministratore delegato delle Fs, Mauro Moretti, nell'incontro preliminare con Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Orsa, Ugl-Af e Fast ferrovie per illustrare la situazione del gruppo: un disastro annunciato, confermato dagli ultimi dati di bilancio, assai vicini al fallimento. Il sindacato sostiene che non ci voleva molto a capire che fine avrebbe fatto l'azienda dopo la ?cura' dell'ex ministro Tremonti. Il quale, dal 2001 ad oggi, ha eliminato totalmente gli investimenti al settore e, dopo la gestione di Elio Catania, il ?supermanager' chiamato da Berlusconi nel 2004 a risollevare le sorti della spa, ha finito per dare la mazzata finale sul piano dei risultati e, soprattutto, dei conti.
"Si può giustamente parlare di un concorso di colpe tra azienda e governo - afferma Franco Nasso, della segreteria nazionale Filt -. Da un lato c'è stata l'opera di erosione del governo Berlusconi, che, dal 2001 a oggi, ha ridotto ripetutamente i fondi a Fs, destinati ai contratti di servizio e di programma e agli investimenti sull'infrastruttura". Solo l'ultima Finanziaria ha tolto circa 600 milioni di euro di trasferimenti in conto esercizio, lasciando a zero gli stanziamenti per le opere sulle nuove linee Alta Velocità/Alta Capacità e per l'ammodernamento della rete tradizionale, a partire dai nodi delle grandi aree metropolitane. "Dall'altro lato - prosegue Nasso - ci sono gli enormi danni provocati dalla precedente gestione aziendale, che, anziché puntare al risanamento e al contenimento degli sprechi, ha fatto letteralmente esplodere i costi operativi, con una proliferazione dell'apparato dirigente e un incremento delle spese per appalti e forniture pari al 22 per cento".
Scorrendo i numeri il dissesto finanziario balza agli occhi. Il 2006 si chiuderà con circa due miliardi di passivo, cifra più che triplicata rispetto all'anno scorso (600 milioni) e quasi interamente concentrata in Trenitalia (1.700). A tutto questo dovrà porre necessariamente riparo il governo attraverso la legge di bilancio 2007, in discussione in Parlamento, e il nuovo piano industriale, che i vertici Fs presenteranno ai sindacati il 18 dicembre. Si tratta di un'azione complessa perché siamo davanti a un quadro catastrofico, nonché paradossale se si considera il sostanziale regime di monopolio di cui gode l'azienda. La liberalizzazione del mercato, infatti, partirà solo a fine 2008. "In Italia è stata avviata in anticipo rispetto alle scadenze fissate dall'Unione europea - specifica Nasso -, ma non ha ancora attaccato in profondità la dimensione produttiva di Fs". Senza dimenticare che la domanda di trasporto ferroviario è in crescita costante. Negli ultimi vent'anni il traffico merci e passeggeri è costantemente aumentato, a livello sia locale che nazionale, ma tale incremento è stato assorbito in massima parte dalla strada. La quota di mercato di Fs, viceversa, ha subìto un calo incessante, in controtendenza con l'obiettivo, fissato dalla Commissione Ue con il "Libro bianco 2001", di incrementare i collegamenti su ferro del 40 per cento per le merci e del 32 per i viaggiatori entro il 2010. Una recente indagine congiunturale di Federtrasporto evidenzia che, nel 2005, vi è stato un calo di oltre dieci punti del trasporto merci su rotaia rispetto all'anno precedente.
Lo stesso è avvenuto con riferimento al volume di traffico passeggeri. Spiega ancora Nasso: "A causa della carenza di materiale rotabile e di personale è diminuito il numero di treni, sbagliando clamorosamente la programmazione degli orari offerti al pubblico. A una domanda crescente di servizi adeguati si è risposto con il raddoppio degli spot pubblicitari e una qualità largamente approssimativa. Tutto questo evidenzia il fallimento delle politiche aziendali". Congestione della rete, materiale insufficiente, degradato e con anzianità media elevata (sono tuttora in esercizio locomotori e carrozze degli anni 70), indice di puntualità e pulizia dei treni ben sotto gli standard, stazioni fatiscenti e prive di parcheggi: tanti sono gli indici negativi che ritroviamo pressoché ovunque se consideriamo lo stato delle ferrovie regione per regione.
"Il collasso del trasporto su rotaia in Lombardia è oramai sotto gli occhi di tutti - sostiene Rocco Ungaro, della Filt di Milano -. Negli ultimi anni l'offerta di treni è aumentata, al pari della quota di viaggiatori, ma ciò è avvenuto in un sistema infrastrutturale saturo e obsoleto, che ha urgente bisogno di un ampliamento delle tratte, dell'ammodernamento dei convogli, di nuove tecnologie". Alla base del disastro vi è la mancanza di programmazione e investimenti. Una situazione che si può riscontrare anche in Liguria. "Il nostro territorio - osserva Fabrizio Castellani della Filt Liguria - è caratterizzato dalla presenza di tre grandi porti: anziché potenziare i collegamenti ?mareferro', favorendo la cosiddetta intermodalità del trasporto, che porterebbe cospicui ritorni economici, con il suo piano di riorganizzazione Catania ha, al contrario, impoverito gli insediamenti Fs nella regione, trasferendo in Piemonte la nostra direzione generale".
Non vanno meglio le cose in Veneto. "Trenitalia si è ritirata dall'attività di ?terminalizzazione' - spiega il segretario regionale Filt, Alessandro Rocchi -, togliendo progressivamente l'80 per cento dei collegamenti tra gli interporti di Verona, Padova e Venezia, che costituiscono le tre grandi piattaforme logistiche del trasporto merci della regione e dell'intero paese. Un autentico harakiri, considerando che quel tipo di traffico rappresenta la più grossa domanda del sistema produttivo del Nord-Est. La scelta, peraltro, ha finito per favorire soggetti privati, soprattutto gli innumerevoli ?padroncini' su gomma. Così ora, al posto dei carri Fs, viaggiano più Tir". Dall'altro capo della penisola il ?deragliamento' aziendale è totale. "Da noi la disponibilità di treni è addirittura diminuita - denuncia Vincenzo Macaluso, segretario generale Filt Sicilia - laddove più urgente è il bisogno, cioè in particolare nel triangolo Messina- Catania-Palermo e tra il capoluogo e l'aeroporto di Punta Raisi. La soppressione di corse ha accentuato il disservizio, dovuto alla scarsità di linee e anche alla carenza endemica di ferrovieri. Non c'è dipartimento che non sia sottodimensionato, con il turn over bloccato da anni. Per garantire standard accettabili di prestazioni, si deve ricorrere forzatamente allo straordinario. Sempre per tagliare ?risorse umane', l'azienda ha chiuso le stazioni più piccole, automatizzando le biglietterie".
Nel Lazio la stessa operazione ha coinvolto metà degli impianti. "Il risultato però - precisa Franco Scafetti della Filt regionale - è che alla fine molta gente sale senza pagare, anche perché i controlli sui treni locali sono diventati inesistenti, a seguito della riduzione del personale viaggiante". L'organico infatti si è assottigliato fino a raggiungere le 98.000 unità attuali, mentre proliferano a dismisura le attività in appalto. "Molte delle anomalie esistenti - prosegue Scafetti - sono legate alla mancanza di addetti alle officine di manutenzione. Per ridurre i costi si affidano sempre più lavorazioni a ditte esterne, a volte improvvisate o professionalmente non all'altezza. Ce ne accorgiamo quando tornano i lavori finiti: spesso le riparazioni sono fatte male e ci devono rimettere le mani gli operai delle Fs. Alla fine i costi, anziché diminuire, aumentano". Analogo discorso vale per la pulizia dei vagoni anche se, dopo il ?picco' di sporcizia toccato nel 2005 e la successiva disinfestazione di vetture da pulci e cimici, l'emergenza sembra superata. "Per troppo tempo è stato trascurato il problema - sottolinea Nasso -, e anche qui gli appalti al massimo ribasso hanno peggiorato il livello qualitativo dell'offerta. Le esternalizzazioni poi si sono rivelate un errore sul piano industriale, e hanno contribuito al deficit del gruppo, allo sperpero di risorse e all'affermazione di un sistema poco trasparente".
In mezzo a difficoltà di ogni genere, basta un piccolo intoppo per provocare il caos. Sempre più spesso, infatti, accade che un treno abbia una o più porte bloccate. Così, ad ogni stazione, se quel treno è affollato dovrà star fermo più minuti del previsto: al termine del tragitto avrà accumulato ritardo a causa di un guasto banale. Sempre per avarie, le cancellazioni di treni sono all'ordine del giorno, e anche questo causa ritardi e imprevisti a catena alimentando le proteste dei viaggiatori. In tutto il Nord non c'è linea ferroviaria dove non siano sorti comitati spontanei di pendolari, a dimostrazione del grado di insofferenza raggiunto dagli utenti. Non mancano, dunque, le questioni da affrontare al tavolo negoziale tra Spa e sindacati. Non ultima, quella del rinnovo contrattuale, in scadenza a fine anno. La relativa piattaforma rivendicativa è in fase di elaborazione unitaria. La Filt, però, lancia un avvertimento all'azienda. "Siamo pronti a misurarci su tutto - sostiene Nasso -, a condizione che venga riconosciuto che in Fs il costo del lavoro per unità di prodotto è assolutamente allineato con quello delle altre aziende europee e non può essere messo al centro dei piani di risanamento".
Fs / Intervista a Nicoletta Rocchi (Cgil)
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