L’Amministratore delegato del Gruppo FS, Mauro Moretti, qualche giorno fa, durante un convegno all’Università Bocconi ha rilanciato l’allarme sulla mancanza di 400 milioni di euro per il trasporto ferroviario regionale nel 2012 e l’assenza totale di stanziamenti per il 2013. Quindi Moretti a sentenziato che «senza fondi a bilancio per il trasporto locale, l'anno prossimo non faremo il servizio regionale». Un servizio che nel 2007 veniva utilizzato quotidianamente da due milioni di cittadini (dati Censis), diventati oggi quasi tre secondo il rapporto Pendolaria di Legambiente.
Purtroppo non sarà l’invocare ulteriori liberalizzazioni a dare un treno in più ai pendolari italiani. Anzi, ad essere onesti, all’origine di buona parte dei guai odierni è proprio il modo con il quale è stata concepita la liberalizzazione del servizio ferroviario nel nostro Paese. Se ci si affida esclusivamente al mercato possono accadere cose contrarie al buon senso oltre che all’interesse generale. L’assurdo di questa situazione è che l’ingresso di nuovi soggetti (NTV), e le conseguenti contromisure adottate da Trenitalia per difendere la propria quota di mercato, fa crescere l’offerta nell’alta velocità. Nel trasporto locale, invece, mentre la crisi fa lievitare la domanda, l’offerta pubblica diminuisce (per non parlare dei livelli qualitativi spesso lontani dalla decenza).
Quando si iniziarono a preparare le liberalizzazioni tutto ciò era stato denunciato, i sindacati avevamo proposto di porre a carico delle tratte ad alta redditività una quota di finanziamento a favore delle tratte locali a scarsa redditività. Doveva valere per tutti, per Trenitalia e per qualunque altro operatore, ma questo rendeva impossibile la solita privatizzazione dei profitti e la socializzazione delle perdite. Quindi è evidente che le aziende che svolgono trasporto ferroviario scelgono di rispondere alla sfida competitiva nelle tratte in cui essa effettivamente si esercita dove vi sono dei reali profitti. A questo punto, senza un sostegno diretto della fiscalità generale, i servizi locali rischiano una ulteriore penalizzazione in termini di quantità oltre che di qualità. Tutto ciò non avviene per caso, è la conseguenza diretta di una scelta politica, non della scelta della liberalizzazione ma del modo con il quale si è inteso attuarla. La qualità dei servizi è espressione di un territorio, ed è perciò compito delle istituzioni regionali attivarsi per la soluzione delle problematiche sia economiche che gestionali.
La situazione è vicina al punto di non ritorno ed è urgentissima la convocazione di un tavolo di concertazione con le Organizzazioni Sindacali, la Regione e le parti datoriali per dare risposte credibili e attuabili, al fine di reperire risorse certe per varare un piano pubblico di sviluppo del sistema trasporti, tenuto conto che l’Europa ci chiede di trasferire trasporto dalla gomma al ferro (ritenuto meno inquinante) e per attuare il “riequilibrio modale” invocato in ogni sede. Tutto questo in un momento in cui su tutto il settore (ferro e gomma) grava un pesantissimo ritardo nel rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro.