Botta e risposta sul Tfr tra il ministro della Solidarietà Sociale, Paolo Ferrero e la Cgil. «Darei ai lavoratori il consiglio di lasciare il Tfr in azienda». Con questa affermazione l'esponente del Governo in quota Rifondazione, spiazzando i colleghi dell'esecutivo che lo scorso 23 ottobre hanno siglato con i sindacati il memorandum d'intesa sull'avvio della previdenza complementare, ha manifestato una posizione di netta contrarietà all'ipotesi di destinare il Tfr ai fondi pensione. «I lavoratori non si fidano» ha affermato il Ministro Ferrero - «poiché hanno sentito troppe notizie di fondi pensione falliti. La pensione è una cosa seria. Nessuno vuole arrivare dopo 30-40 anni, quando è più debole, ad avere sorprese». Non si è fatta attendere la pungente replica della Cgil. La segretaria confederale Morena Piccinini bacchetta l'esponente del Governo Prodi «E' proprio vero, come afferma il ministro Ferrero, che la pensione è una cosa seria e, aggiungiamo noi, - ha affermato la Piccinini - che i lavoratori impegnati a scegliere in questi mesi circa la destinazione del loro Tfr hanno diritto a informazioni corrette. Per esempio - ha proseguito l'esponente della Cgil - drammatizzare come ha fatto il ministro alcuni eventi di fallimento dei fondi avvenuti nel tempo in altri paesi, quali America e Inghilterra, non aiuta i lavoratori e dimostra la scarsa conoscenza del quadro legislativo e amministrativo vigente in Italia per il sistema della previdenza complementare». Infine dalla Cgil arriva una replica tagliente «Il ministro preferisce tenere il Tfr come tale? - si chiede la Piccinini - Liberissimo, tanto piu' che presumibilmente non avrà bisogno di integrare la pensione da ministro. Pensiamo invece che il lavoratore metalmeccanico, che probabilmente rimarrà tale tutta la vita vada tutelato senza prospettargli spettri inesistenti, nel pieno rispetto della sua libertà di scelta».