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Data: 29/10/2014
Settore:
Cgil
LA PIAZZA DELLA CGIL. CAMUSSO: «LA MOBILITAZIONE CONTINUA» - A Roma una grande manifestazione. Una battaglia lunga, non facile, ma il cammino è iniziato - Preleva il video fotografico prodotto dalla Filt Cgil Abruzzo - Un dovere ascoltare la protesta (Gianfranco Bettin) - Rassegna stampa

Che non sarebbe stata un’ordinaria giornata di mobilitazione, lo si era capito fin dalle prime ore dell’alba, con l’arrivo nella capitale dei treni speciali e delle migliaia di pullman stracolmi di uomini e donne provenienti da tutta Italia per riempire la Piazza della Cgil. Tanti. Tantissimi. Molti più del previsto. A colpo d’occhio, quei coloratissimi cortei improvvisati diretti dai più diversi angoli della città nei luoghi stabiliti per i concentramenti, avevano fatto pensare già di buon mattino a una cifra sicuramente eccedente le 150.000 unità di partecipanti “organizzati” indicati alla vigilia dell’evento.

Sensazioni confermate appieno alla vista dei giganteschi serpentoni umani che, procedenti da piazza della Repubblica e da piazzale dei Partigiani, sarebbero sfilati più tardi pieni di vita, di musica, di creatività, e anche di rabbia, per le vie di Roma, con moltissimi che avrebbero fatto addirittura fatica a trovar posto già alle 11 nella stracolma piazza San Giovanni. Una manifestazione imponente come non la si vedeva da anni. Quasi una competizione a chi riusciva a rendersi più visibile: gli operai dell’edilizia – uno dei settori più colpiti dalla crisi – con i loro tradizionali cappelli di carta calcati sulla testa, i giovani (riuscitissimo il loro flash mob, con la scritta fatta dei corpi di ragazze e ragazzi a comporre il titolo della campagna “X Tutti”) e gli studenti (con i loro slogan e gli striscioni in favore del diritto all’istruzione, rimesso in discussione dalle scelte del governo), i lavoratori delle aziende in crisi, i “nonni per il lavoro”.

Sotto il tiepido sole di un ottobre alle ultime battute, in quella che è stata una splendida giornata di festa all’insegna della protesta, ma soprattutto della proposta (non di sola Leopolda, evidentemente, si nutre la pars costruens di un’Italia sempre più interessata – e nel modo giusto – a cambiare verso), da tutti è arrivato lo stesso messaggio: il mondo del lavoro, i pensionati, le nuove generazioni, gli atipici e le partite Iva – insomma, il paese reale – hanno uno straordinario bisogno di voltare pagina. Non si arrendono alla deriva di un’Italia dove la disuguaglianza è aumentata negli ultimi 20-30 anni molto di più che in altre economie occidentali e dove la linea di confine tra chi è povero e chi non lo è appare sempre più labile.

E non si rassegnano nemmeno all’idea che la riduzione dei diritti e delle tutele possa far bene al paese, perché – non c’è bisogno di un Nobel per l’economia per comprenderlo –, oltre a rappresentare un’insopportabile forma di ingiustizia, non serve a migliorare le condizioni di lavoro, né può costituire una prospettiva per la crescita dell’occupazione. Ma soprattutto una missiva le persone che hanno affollato stamane la storica piazza romana dei raduni sindacali – e con loro, sicuramente, un pezzo importante di Italia stremata da 7 anni di recessione – hanno voluto far pervenire alla classe dirigente del paese: non ne possono più di annunci, promesse e proclami, poi puntualmente smentiti dai fatti, a cominciare dal caso della legge delega sul lavoro (quasi in bianco) accompagnata da affermazioni sulla fine dell’articolo 18 e da improbabili (e irraggiungibili) modelli europei cui ispirarsi.

Che senso ha, si chiedono a questo punto in molti, sostenere di voler creare buona occupazione e poi non intervenire per ridurre le ingiustizie sociali e le storture del mercato del lavoro, insistendo su un modello di paese che compete al ribasso e non scommette sull’innovazione e la ricerca? Al centro della piattaforma alla base della manifestazione nazionale di oggi, la Cgil ha inserito un pacchetto di proposte “semplici, ma efficaci, in grado di restituire – ha scandito dal palco di piazza San Giovanni Susanna Camusso – dignità a chi lavora e ripristinare il principio indispensabile dell’uguaglianza”: un piano straordinario per l’occupazione finanziato da uno spostamento della tassazione sulle grandi ricchezze, la riforma per ammortizzatori sociali universali, l’estensione a tutti dei diritti e delle tutele garantiti dallo Statuto dei lavoratori, un contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti.

Nulla di tutto questo è presente in nessuno dei provvedimenti messi a punto dal governo. C’è poco da stupirsene, naturalmente: è noto che il confronto con il mondo del lavoro e con le sue rappresentanze non ha mai rappresentato una priorità per Matteo Renzi, impegnato con pervicacia – praticamente fin dal giorno del suo insediamento a Palazzo Chigi – nella messa in soffitta di ogni forma di dialogo sociale. Ciononostante, il sindacato (la Cgil sicuramente) continua a perseguire con convinzione l’obiettivo di migliorare il testo del Jobs Act.

Certo, non sarà affatto semplice, considerando che – dopo il passaggio in Senato – la legge delega sul lavoro verrà con ogni probabilità blindata anche alla Camera. Lo sanno bene a corso d’Italia. E allora? Come portare l’affondo in direzione di una modifica ritenuta, anche in taluni ambienti accademici e del mondo della ricerca, indispensabile? È stata ancora la segretaria della Cgil, dal palco di Roma, a indicare quella che a molti, anche all’interno della sua organizzazione, appare come la risposta più logica da mettere in campo. “Nessuno, neanche il governo, può cancellare la voce del lavoro. Ci vedremo ancora, in piazza e negli scioperi che faremo. La nostra vertenza è solo l'inizio di un cammino”.

Camusso: «La mobilitazione per il lavoro continua»

"Oggi c'è una straordinaria piazza colorata. Questi sono i colori del lavoro, sventoliamo le nostre bandiere e i nostri abiti da lavoro. Siamo qui a dire al paese e al suo governo che il lavoro è l'unico centro importante. Se vogliamo un futuro dobbiamo costruirlo, per questo abbiamo sfilato nelle strade di Roma: per dire che il futuro ce l'abbiamo in testa". Così il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, ha aperto il suo intervento dal palco di San Giovanni a Roma, concludendo la manifestazione nazionale della Cgil.

"Sul lavoro si giocano i nostri destini personali - ha spiegato - Siamo un paese bellissimo, con tanti pregi e problemi: se vogliamo pensare al futuro dobbiamo metterci in gioco, l'unica possibilità è creare lavoro". Camusso ha poi criticato il presidente del Consiglio: "Renzi con toni irrispettosi verso questa piazza, ha detto che è la Leopolda a creare lavoro. Ma noi sul lavoro non deleghiamo nessuno. Non siamo ossessionati dal numero 'ottanta', ma dalle cifre della disoccupazione, dai ragazzi che non hanno futuro. Il volto del cambiamento è nei lavoratori davanti alle fabbriche che proteggono il loro posto di lavoro. La preoccupazione vera - invece - è quella degli studenti che si chiedono se il loro studio avrà risultati, dei giovani che preparano la valigia e si sentono costretti a diventare migranti, come i loro nonni. Per tutti loro vogliamo cambiare verso. L'unico modo per farlo è creare lavoro, che riconosca dignità alla persone".

LA LEGGE DI STABILITA' NON CAMBIA VERSO
“La crisi e l’austerità mantengono e manterranno questo paese nella stagnazione e nella recessione. La legge di stabilità non cambia verso: è costruita con qualche taglio in più e qualche bonus in più, ma questo non basta per cambiare strada, per ricostruire giustizia e uguaglianza”. “La piazza di oggi – ha continuato – sa che senza lavoro non si cambia, bensì si arretra. E questa piazza non è la ‘passerella’ di qualcuno: è la piazza del lavoro organizzato di questo paese, che chiede e rivendica risposte”.

Camusso ha poi aggiunto che la Cgil porterà avanti in ogni sede le sue proposte sul lavoro, “costruendo alleanze, sperimentando tutte le forme di lotta possibili”, e se necessario continuerà “anche con lo sciopero generale, ma con il passo giusto, quello che usa la giusta forza e la fa valere”. Intanto, ha continuato, “saremo con i pensionati in piazza il 5 novembre prossimo, mentre l’8 novembre saremo con i lavoratori pubblici, e continueremo a proporre anche alle altre confederazioni le nostre proposte”.

L'ARTICOLO 18 E' TUTELA CONCRETA, VA ESTESO A TUTTI
Per Susanna Camusso "il governo è incoerente. E' assillato dai bonus, dall'articolo 18, ma questa è un'idea regressiva della funzione del governo sull'economia. C'è l'idea di una delega in bianco. Non si esce dalla crisi rendendo il lavoro più povero. Si ha davvero un'idea di come portare il paese fuori dalla crisi? Forse nella sua idea di futuro, al governo manca una memoria del passato. Il diritto del lavoro serve a riequilibrare un rapporto dispari tra il datore e il lavoratore. La nostra Costituzione dice chiaramente che il governo deve stare dalla parte dei più deboli, non di chi è già forte. Quando si tolgono le regole si dà l'idea che il lavoratore è una macchina: invece è una persona, ha i propri diritti dentro e fuori i luoghi di lavoro".

"Nessuno in buona fede può dire davvero che togliere l'articolo 18 e controllare i lavoratori con le telecamere possa servire per la crescita - prosegue il segretario -. L'articolo 18 difende la libertà del lavoratore e il suo essere cittadino, sono tutele vere e non ideologie, va esteso a tutti. Non sono i lavoratori che bloccano il paese. E' giusto fare la riforma della giustizia, ma che riforma è senza falso in bilancio e lotta alla corruzione? Sulla riforma della pubblica amministrazione, abbiamo la nostra proposta per un'amministrazione moderna".

DALLA PATRIMONIALE RISORSE PER LO SVILUPPO
"È troppo facile per il governo contrapporre cittadini e pezzi del mondo del lavoro anziché guardare dove si annida la corruzione, a chi gaudagna su caporalato, lavoro nero, o sulle gare al massimo ribasso - questo un altro passaggio dell'intervento -. Chiediamo al governo di fare come in Europa, perché l'Italia è l'unico paese a non avere una tassa sulle grandi ricchezze che va fatta". Proprio attrverso una patrimoniale, secondo Camusso, si avrebbero le risorse "per un Piano del lavoro che determini posti di lavoro qualificati, che curano il paese, producono innovazione, mettano in sicurezza le scuole, gli argini dei nostri fiumi". Servono, insomma, scelte di politica industriale che "facciano davvero misurare il paese con un'innovazione rispettosa di ambiente e diritto lavoro".


"Per noi – ha detto la leader Cgil – non c’è una via di uscita dalla crisi se non si crea buon lavoro, mentre il governo pensa sempre a una via bassa allo sviluppo che non cerca investimenti e non compete su ricerca". Quanto all'Europa, non è sufficiente battersi sui decimali del deficit, occorre che Renzi dica chiaramente "che bisogna cambiare i trattati che, pensati per un'Europa in crescita, ma che ora non vanno più bene, non funzionano. Bisogna tornare all'Europa dei popoli, della Carta di Nizza, dei diritti".

LEGGE DELEGA SUL LAVORO NON VA BENE
“La delega sul lavoro non va bene. Non va bene per come interviene sullo Statuto dei lavoratori, perché non offre soluzioni sulla precarietà, perché vuole aggiungere il contratto a tutele crescenti alle già tante forme precarie esistenti”. Camusso ha aggiunto che se “davvero si vuole intervenire sulla precarietà occorre partire dall’abolizione di tutte le forme precarie, dalla riduzione della dualità, dal porre ed estendere le tutele, dall’affermazione del principio fondamentale che se due lavoratori svolgono lo stesso lavoro devono avere la stessa retribuzione”.

Il segretario si è poi concentrata sulla necessità di riformare e rendere universali gli ammortizzatori sociali: “ma questo nella delega non c’è, mentre invece ci sono meno risorse e una sostanziale riduzione, senza dimenticare che le norme sulla cassa integrazione rimangono quelle stabilite dalla Fornero”. Come fa il governo, ha continuato, a “sostenere che l’indennità di disoccupazione sarà per tutti, quando il conto è fatto per settimane, escludendo così tanti lavoratori, come quelli a chiamata o a termine?”. Ha poi aggiunto, riferendosi all’ipotesi del governo di inserire il Tfr dei lavoratori direttamente in busta paga, che questo viene proposto “per ricavare due miliardi di nuove tasse, oltre al fatto che in questo modo si sfasciano i fondi di previdenza complementare”.

INIZIA LA BATTAGLIA PER IL LAVORO
"Sappiamo che tante idee della legge delega sul lavoro vengono da Confindustria. E pensiamo che gli scioperi e le lotte vanno collegate all'azione sindacale in azienda, dove bisogna contrattare affinché la produttivitè si costruisca con la qualità degli investimenti, mentre puntare sulla precarietà non rappresenta un investimento sul futuro". "Qualcuno – ha aggiunto – ci dice che i lavoratori che rappresentiamo noi sono quelli forti e tutelati: bene vorrà dire che metteremo la forza e l'esperienza che abbiamo acquisito in tanti anni di lotta a disposizione dei lavoratori più deboli o addiriittura invisibili".

Camusso si è rivolta anche a Confindustria: "Gli industriali dicono che dobbiamo stare insieme. Ma perché non dicono una parola quando le industrie vanno all'estero? Perché rifiutano le clasuole sociali nei cambi di appalto? Probabilmente perché hanno sposato l'idea che basta intervenire sull'articolo 18...". Poi, rivolta a Renzi, la leader Cgil ha detto: "Al presidente del Consiglio, che vedremo lunedì, dico che noi non abbiamo nostagia della concertazione, perché questa si può esercitare quando si condividono obiettivi e finalità. Non è così: la nostra idea del paese è diversa da quella di questo governo. La nostra si fonda sui diritti e sul lavoro e su questo chiediamo confronto e contrattazione".

"Sappiamo – ha concluso –, che la situazione non è semplice, ma la nostra vertenza è solo l'inizio di un cammino. Nessuno, neanche il governo, può cancellare la voce del lavoro. Ci vedremo ancora, in piazza e negli scioperi che faremo. Al lavoro e alla lotta, dunque"

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