ANCHE NEI TRASPORTI, COSI’ NON VA! - Il ddl Stabilità 2015, attualmente all’esame del Senato, conferma gli elementi di dissenso, da tempo espressi dalla Cgil, sulle scelte di politica economica del Governo che continua a sottovalutare l’impatto recessivo delle politiche di austerità e il rischio di deflazione, ostinandosi ad ignorare i tratti strutturali di una crisi che registra un andamento sempre più lento dei consumi ed una sempre più evidente debolezza della domanda.
Questa impostazione conduce all’ulteriore taglio della spesa e degli investimenti pubblici, malgrado sia stato ampiamente dimostrato in questi anni lo stretto legame tra questi indirizzi di politica economica e gli effetti negativi che essi producono su occupazione, innovazione e produttività.
Prosegue così il ridimensionamento del perimetro pubblico, con provvedimenti e decisioni che accelerano i processi di dismissione di partecipazioni proprietarie pubbliche, sia statali che locali, e di privatizzazione, destinati a determinare un impatto ulteriormente negativo sulla domanda interna, sulle dimensioni del sistema economico-produttivo nazionale, mentre non si rendono strutturali gli interventi fiscali a sostegno dei settori produttivi che possono trainare già nel breve periodo la crescita, si rinuncia a qualsiasi intervento fiscale sui grandi patrimoni, nulla si prevede per rafforzare la lotta all’evasione fiscale.
Sulla base di queste scelte di fondo di politica economica, vengono rilanciati in grande stile i tagli lineari alla spesa pubblica centrale e degli Enti Locali, con conseguenze sul finanziamento della spesa sanitaria e delle politiche sociali e dei servizi, mentre l’entità dei tagli previsti per Regioni, Province e Comuni prospettano il rischio concreto dell’aumento di tasse, imposte e tariffe locali.
Tutto ciò, in un quadro in cui il Documento di Economia e Finanza, sul quale è basato il ddl Stabilità 2015, programma al 2018 (tra quattro anni!) un tasso di disoccupazione ancora superiore a quello pre-crisi del 2008 e, malgrado la conferma del bonus IRPEF di 80 euro, un andamento ulteriormente negativo dei salari reali e, quindi, del loro potere di acquisto, mentre risulta ormai evidente a tutti che l’eventuale anticipo in busta paga del TFR determina l’aumento dell’IRPEF a carico dei lavoratori richiedenti e li priva della possibilità di un importante risparmio previdenziale, attraverso i Fondi pensione complementare, sui cui rendimenti, peraltro, viene a sua volta aumentata la tassazione.
D’altra parte, la riduzione delle tasse alle imprese, con il taglio generalizzato dell’IRAP sul costo del lavoro e, parallelamente, la svalutazione del lavoro contenuta nel “Jobs Act” rappresentano una precisa scelta di campo, che va contrastata, perché scommette su una ripresa economica basata sull’assenza di vincoli per le imprese, su meno tutele per il lavoro, su meno diritti per i lavoratori, sull’idea, in sostanza, di lavoro ancor più povero e ancora meno qualificato.
In particolare, il ddl delega sul lavoro (Jobs Act) mantiene tutti gli elementi di dissenso espressi in questi mesi dalla Cgil.
Anziché puntare, anche attraverso il confronto con il Sindacato, ad un mercato del lavoro unificato dall’estensione e dalla generalizzazione di tutele e diritti e dalla drastica riduzione della precarietà, il Governo ha scelto la strada opposta: risulta tuttora estremamente incerta la nuova nozione di contratto a “tutele crescenti” a tempo indeterminato; l’introduzione di questa nuova tipologia di rapporto di lavoro si somma alle altre numerose forme già esistenti, anziché essere finalmente occasione per ridurle drasticamente; debole è il contrasto al fenomeno delle false partite IVA; assolutamente inadeguate sono le risorse finanziarie stanziate per gli ammortizzatori sociali, per i quali, peraltro, nulla è previsto per la loro estensione universale; sono indebolite le norme sul divieto di accertamento sanitario e sul controllo a distanza dei lavoratori; ingiustificatamente vengono estese le situazioni per il demansionamento dei lavoratori; inaccettabili sono le restrizioni imposte al diritto di reintegro del lavoratore illegittimamente licenziato.
Emblematiche, ad esempio, sono le recenti decisioni del Governo sui porti, per correggere le quali la Filt ha programmato per il 19 dicembre prossimo apposite iniziative di informazione sui temi del cambiamento della portualità, dello sviluppo possibile e della tutela del lavoro.
Il taglio delle risorse a Regioni ed Enti locali risulta di entità tale da pregiudicare l’attuale, già carente, livello dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale.
Peraltro, lo specifico ddl di riordino del comparto sembra essere prossimo ad approdare, dopo oltre un anno di confronto in sede di Conferenza Unificata (Governo, Regioni, Enti Locali), a soluzioni prive di qualsiasi prospettiva di politica industriale, velleitarie sul versante della programmazione, ancora molto incerte in tema di risorse, con un’idea tuttora assai sommaria, e per questo anche pericolosa, su “costi standard” e “servizi standard”, senza prevedere adeguate tutele per il lavoro nell’ambito dei processi prospettati di liberalizzazione e di ristrutturazione delle aziende.
Inoltre, l’entità dei tagli previsti a Regioni ed Enti locali delinea uno scenario favorevole a massicce dismissioni di quote di partecipazione proprietaria di questi enti nelle aziende che erogano servizi pubblici locali (energia, acqua, rifiuti, trasporto locale, ecc.) o che svolgono altre attività (per es., nei trasporti, nelle gestioni aeroportuali e nelle concessioni autostradali, per queste ultime anche a seguito delle proroghe recentemente decise), dismissioni peraltro significativamente incentivate da specifiche disposizioni inerenti l’esenzione di queste operazioni dal Patto di Stabilità Interno.
Scenario che torna di immediata attualità anche per le partecipazioni proprietarie statali, come dimostrano, nei trasporti, gli orientamenti recentemente assunti dal Governo su FS (per la quale, intanto, si profila già nell’immediato l’azzeramento del contratto di servizio universale merci), ENAV e, per certi versi, ANAS.
Scenario, peraltro, che, sia per le partecipazioni locali che per quelle statali si va delineando avulso da un’approfondita analisi degli aspetti industriali, resi subalterni a quelli finanziari, lasciando in secondo piano gli effetti inevitabilmente negativi sui livelli qualitativi e quantitativi dei servizi di pubblica utilità erogati ed ignorando le invece indispensabili tutele del lavoro.
Lavoro che così è aggredito sia dal “Jobs Act” che, nei comparti interessati, dai processi di ristrutturazione e di privatizzazione che si annunciano nel breve e nel medio periodo e tutele e che, in ogni caso, risultano ancor più evidentemente inadeguate per l’intero mondo degli appalti di servizi, ampiamente diffuso nei trasporti, sia nei settori privati che nei settori pubblici.
Anche per questo, è utile che tutte le iniziative programmate in preparazione dello sciopero generale e le manifestazioni locali del 12 dicembre siano occasione per la raccolta delle firme a sostegno della proposta di legge di iniziativa popolare sugli appalti promossa dalla Cgil.
VENERDÌ 12 DICEMBRE 2014 I LAVORATORI DEI TRASPORTI SCIOPERANO E PARTECIPANO ALLE MANIFESTAZIONI TERRITORIALI