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Data: 14/06/2006
Settore:
Cgil
CGIL - Rassegna sindacale intervista a tutto campo il leader della Cgil Guglielmo Epifani


A cura di Enrico Galantini

"È stato il primo incontro tra sindacati e governo. Abbiamo provato a confrontare le nostre idee sulle modalità del confronto sociale e sulle priorità che il governo si trova ad affrontare". Incontriamo Guglielmo Epifani subito dopo il pranzo di lavoro a Palazzo Chigi tra il presidente del Consiglio, affiancato dai ministri Padoa Schioppa e Bersani e dal sottosegretario Letta, e i segretari generali di Cgil Cisl e Uil. Gli chiediamo di raccontarci le sue impressioni e, ovviamente, una valutazione sull'andamento di quell'incontro del quale quasi tutti i giornali avevano detto che "iniziava in salita". E invece il confronto è iniziato con il piede giusto, dal terreno del metodo. "L'esecutivo - racconta Epifani - ha confermato quello che già era esplicito negli impegni presi in Parlamento, e prima nel programma e nella campagna elettorale: e cioè che la concertazione, la valorizzazione del punto di vista delle parti sociali, è un elemento costitutivo della propria modalità di azione, della propria scelta politica e quindi, da questo punto di vista, c'è da registrare con soddisfazione la conferma di un impegno. Dico con soddisfazione perché una delle grandi novità rispetto al governo precedente è proprio nelle modalità di confronto: dopo cinque anni nei quali si è teso a svalutare in tutti i modi il contributo delle parti sociali - e aggiungo: degli enti locali - nella costruzione delle scelte del paese, questo governo sceglie esplicitamente di affermare un metodo nuovo. Da questo punto di vista, l'unica vera questione è verificare che questo avvenga effettivamente, mettere cioè il governo alla prova, lavorare perché questo avvenga nei fatti.

(Rassegna) Sapendo che la scelta finale spetta comunque al governo e al Parlamento?

(Epifani) Da questo punto di vista Prodi ha fatto una sottolineatura, che corrisponde in qualche misura a quella di Padoa Schioppa, che trovo fondata: il metodo è quello del confronto, della ricerca di un punto di vista condiviso tra posizioni che in partenza possono essere anche non simili; fermo restando che l'ultima parola spetta ovviamente a chi ha la responsabilità di decidere. Lo trovo, dal punto di vista democratico, il percorso più corretto. In questo modo non si svaluta il metodo della concertazione ma contemporaneamente si salvaguarda il principio di sovranità: il rispetto delle responsabilità di ognuno, e quindi anche il diritto-dovere di scelta da parte di chi ha avuto il mandato dal popolo per decidere.

(Rassegna) Fin qui il metodo?

(Epifani) Non solo. Ho insistito molto perché ci sia un'intesa sui nodi strategici, l'apertura di tavoli a livello nazionale sulle politiche più rilevanti - sulle politiche di sviluppo, su ricerca innovazione università, sull'energia, sui trasporti, sul Mezzogiorno - insieme ai tavoli di carattere più strettamente sociale - sanità, previdenza, politiche sociali più in generale-, per salvaguardare quella ricchezza di articolazione negoziale che in questi anni ha prodotto più di cinquecento accordi territoriali, tra regionali, provinciali e comunali, che sono stati la vera alternativa di metodo alle politiche del governo di centro destra.

(Rassegna) Poi ci sono i problemi di merito, a partire dalla ventilata manovra aggiuntiva di 10 miliardi di euro?

(Epifani) Su questi terreni è più difficile trarre un bilancio. Nessuno sottovaluta le difficoltà che l'esecutivo Berlusconi lascia al nuovo. Ancora non sono state completate le proiezioni sulla finanza pubblica per gli anni successivi a questo 2006, già di per sé così difficile. E qui si troverà la vera polpetta avvelenata: basta solo pensare che tutti i cofinanziamenti dei finanziamenti europei sono stati spostati al 2009 - e quindi restano da finanziare tutti gli anni precedenti - mentre per quanto riguarda i contratti pubblici è stato stanziato per il biennio 2006-2007 qualcosa che corrisponde allo 0,8 per cento d'aumento.

(Rassegna) Il rischio è che il buco diventi una vera e propria voragine?

(Epifani) Il rischio vero è che il 2007 e il 2008 siano gli anni nei quali la realtà può scostarsi in maniera ancor più significativa da quello che il governo precedente ha descritto nelle sue Finanziarie. Il buco c'è, insomma, ma Prodi ha ribadito di non volere una politica dei due tempi. Tutto questo si traduce nell'indicazione di impostare una manovra che abbia un carattere unitario: che al di là degli strumenti e dei tempi abbia cioè un cuore e una strategia unitaria. Unitario deve essere l'obiettivo della contestualità tra risanamento, politiche di sviluppo e d'investimento e politiche di difesa dei redditi e di giusta distribuzione. Poi gli strumenti possono essere modulati in maniera diversa: qualcosa può essere fatto prima e qualcosa dopo, ma l'impianto, la cultura, la colla che tiene assieme tutta la manovra deve essere sostanzialmente unitaria.

(Rassegna) Il Dpef deve insomma prefigurare già la Finanziaria, poi, magari, una parte può essere anticipata?

(Epifani) Il Documento di programmazione economica e finanziaria questa volta, a differenza degli anni passati, deve essere davvero la sede nella quale le scelte, gli obiettivi, le grandezze, la dislocazione nel tempo possono e anzi devono essere assunti come riferimento. È quindi assai importante la fase di costruzione e di confronto preventivo sul Dpef.

(Rassegna) Restando al merito. Ci sono novità sul cuneo fiscale?

(Epifani) Ci sono opinioni diverse. Mi sembra evidente che, se si pensa di fare, come si dovrebbe, un intervento selettivo, equo e non "a pioggia", non è quello lo strumento giusto. Io credo che si debbano usare più strumenti. Una riduzione più contenuta del cuneo, un'operazione sull'Irap, una sul fisco per i redditi da pensione e da lavoro. Anche perché nel cuneo c'è una parte relativa ai contributi, che incidono direttamente sulle prestazioni del sistema previdenziale, sul suo alimento, e questo rappresenta ovviamente un problema.

(Rassegna) A proposito di sistema previdenziale. Anche qui non sono mancate polemiche negli ultimi giorni?

(Epifani) Abbiamo ribadito al governo che voci e interviste generano allarmi ingiustificati. Nessun problema si affronta in questo modo. Sul tema di come correggere quello che ha fatto il governo precedente, se il governo vuol fare un confronto serio, Cgil Cisl e Uil sono disponibili: ci si siede a un tavolo, si valutano i problemi, si confrontano le opinioni. Poi si vede se si è in condizione di assumere una decisione condivisa, ma è così che si fa. Fra l'altro la politica degli annunci genera attese, crea allarmismi e quindi aggrava i conti. Da questo punto di vista ci vuole un governo che parli meno e faccia più confronti.

(Rassegna) Ultima cosa: la legge 30. Anche questo rischia di essere uno scoglio sulla strada del confronto?

(Epifani) Anche qui, a furia di parlare il rischio è quello che non si faccia nulla. È senza dubbio il nodo più grosso, perché qui c'è un'opposizione forte, da parte delle imprese e non solo. Quello della lotta alla precarietà - che del resto è uno degli assi del programma dell'Unione - è un tema che deve plasmare l'azione della legislatura: deve avere un carattere anche culturale e si deve avvalere di più strumenti. Io penso ad esempio che daremmo un colpo forte alla precarietà se potessimo con il governo costruire una sede nella quale programmare nel tempo una progressiva stabilizzazione dell'area dei precari della scuola, della ricerca, dell'università e del pubblico impiego. Il bacino più grosso dei precari sta in queste realtà. Sappiamo ad esempio che molti insegnanti andranno in pensione da qui al 2014. È così impossibile avere una sede in cui monitorare la realtà e discutere con quali criteri e quali modalità intervenire?

Poi c'è il problema della legislazione sul lavoro. Io resto convinto di quello che ho sempre sostenuto. Il governo si è impegnato a cancellare alcuni istituti. Altri hanno detto: aggiungiamo gli ammortizzatori sociali. Ci sono le risorse per gli ammortizzatori sociali? La cancellazione di alcuni istituti risolve tutti i problemi? Per questo preferisco dire: troviamo una sede in cui intanto il governo può decidere la soppressione di quegli istituti e apriamo un confronto che punti a riscrivere la legislazione sul lavoro. Solo che bisogna superare questa resistenza ideologica del sistema delle imprese. È un paradosso: perché l'industria usa una parte di questi strumenti, ma assai meno di altri settori. Se guardiamo ai grandi numeri, la precarietà è una componente molto bassa dell'occupazione dell'industria e del settore manifatturiero.

(Rassegna) È una questione di bandiera?

(Epifani) Ci accusano spesso di fare una battaglia ideologica. Per quello che vedo è vero esattamente il contrario. È una parte delle imprese che fa una difesa ideologica di questa legge.

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