Data: 18/05/2009
Settore:
Cgil
IL SEGRETARIO DELLA FIOM AGGREDITO DAI COBAS - Rinaldini «Non hanno aggredito me, hanno compiuto un atto di teppismo contro la manifestazione» - Il video dell'aggressione - Rassegna stampa

Una imponente manifestazione indetta dai sindacati per chiedere alla Fiat risposte certe sul futuro degli stabilimenti italiani nella grande partita dell'alleanza con Chrysler e Opel, si è conclusa con una vergognosa aggressione di alcuni teppisti dello Slai Cobas al segreterario nazionale della Fiom Gianni Rinaldini. L'aggressione a Rinaldini è scattata al termine del corteo. Appena il leader della Fiom ha preso la parola davanti ai cancelli di Mirafiori è scattata una contestazione che ha portato un gruppo di aderenti ai Cobas, molti con le bandiere dello stabilimento di Nola, a spingere Rinaldini con strattoni e calci.  

Nei tafferugli che sono seguiti è stato colpito il segretario Uilm Peverati. Rinaldini ha poi potuto fare il suo discorso conclusivo in un clima di grande tensione con la polizia e i carabinieri che controllavano la situazione con diversi mezzi e uomini nelle vie limitrofe. Appena concluso l'intervento, i sindacati confederali hanno abbandonato via Nizza e un rappresentante dei Cobas ha preso la parola, rivendicando una lotta più dura contro la Fiat. 

È rabbia pura quella vibra nella voce di Gianni Rinaldini, il segretario generale della Fiom, aggredito a Torino al termine della manifestazione dei lavoratori Fiat. Senza giri di parole: «È stata un’operazione organizzata, che non c’entra nulla con i lavoratori».

Rinaldini, organizzata da chi?

«Dallo Slai Cobas. Hanno reso un servizio alla Fiat e procurato un danno ai lavoratori. Non hanno aggredito me: hanno compiuto un atto di teppismo contro la manifestazione».

La vostra efficienza organizzativa è proverbiale, ma siete stati colti di sorpresa.

«Sì. E c’è un motivo».

Quale?

«Abbiamo fatto decine di assemblee in tutta Italia per preparare la manifestazione e non è arrivato neppure un segnale che potesse far pensare a una azione come questa».

Torniamo un momento alla Slai Cobas; era quello di Pomigliano?

«Anche di Arese, più alcuni giovani appartenenti a centri sociali milanesi e napoletani. Voglio che sia chiaro: non coinvolgo il sindacalismo di base in genere perché molti c’erano e non hanno partecipato all’aggressione».

C’è la crisi economica, un clima di diffusa difficoltà nel quotidiano; l’aggressione è un segnale che arriva dal Paese profondo o un gesto isolato?

«Non credo che sia un segnale. Episodi così ci sono già stati nel passato, questa volta assume un rilievo diverso per la circostanza. Ma è lo stesso Slai Cobas che due anni fa, a Napoli, ha diffuso un volantino nel quale mi accusava di essere il mandante del licenziamento di alcuni loro iscritti. Una cosa folle. Li ho querelati».

Nella sua militanza nella Fiom ha vissuto altre stagioni di contestazione, come nel ‘92. C’è di nuovo un problema di rappresentanza?

«No. Nel ‘92 avevamo un vero e grosso problema con la piazza, con i lavoratori. Questa volta è stata una aggressione di pochi isolati. Ne prendiamo atto e a buon rendere».

In che senso?

«Che la prossima volta non ci prenderanno di sorpresa».

Non avevate proprio colto nulla nelle assemblee?

«Anzi, avevamo anche ritrovato fiducia. Proprio da una assemblea, alle Carrozzerie di Mirafiori, è venuta la proposta di bloccare gli straordinari in tutta Italia dove la Fiat li chiede mentre molti lavoratori sono in cassa integrazione. Un clima positivo».

Perché l’obiettivo era lei?

«Hanno incominciato a fischiare mentre parlava il segretario Fim, Farina. Credo sia semplice: sono arrivati solo allora e poi vivono nell’idea assurda che la Fiom inganna la gente. E poi con me c’è un conflitto antico».

Senta, ma lo Slai Cobas...

«No, basta. Non parlo più di questo. Altrimenti il loro obiettivo lo hanno raggiunto: cancellare la manifestazione, far parlare di sè e non delle 15 mila persone che c’erano».

A cosa è servito il corteo?

«A far capire che la pazienza è finita. Che il governo deve convocare la Fiat e non a cose fatte, a accordi con la Opel firmati. Altrimenti dimostra che sono già d’accordo».

A fare che cosa?

«Io voglio che sappiano che se pensano di chiudere stabilimenti creano una situazione esplosiva di cui si assumeranno la responsabilità».

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