Data: 18/05/2010
Settore:
Cgil
EPIFANI, GIU´LE MANI DA LAVORO E PENSIONI - Il leader della Cgil: «Bisogna rovesciare le priorità. Non sento parlare delle grandi ricchezze patrimoniali e dell'evasione» - Rassegna stampa

Il leader della Cgil, Gugliemo Epifani, reagisce con decisione alle ipotesi di una manovra con "sacrifici" da 25 miliardi. La definisce di "lacrime e sangue". Non nasconde l'irritazione per la mancata convocazione della Cgil ai recenti incontri con il governo, dove invece erano presenti Cisl, Uil e Confindustria, e attribuisce le responsabilità della stangata in arrivo ad almeno due soggetti. Il governo che, dice, ha fornito fino ad oggi una "rappresentazione ottimistica della realtà" e la "speculazione internazionale", che nessuno è stato in grado di arginare e che ora presenta il conto della crisi ai soggetti più deboli.

Segretario Epifani, come giudica le misure che il governo sta mettendo in cantiere?
«Siamo in presenza di un rovesciamento di tutto quello che il governo ha detto fino ad oggi. Sembra di vivere in un altro paese. Il nostro è un governo che prima ha sottostimato la portata della crisi, poi ha detto che la crisi era finita. Poi ha aggiunto che stavamo meglio degli altri paesi. Poi ha detto che non c'era bisogno di una manovra correttiva. E poi improvvisamente esce fuori una manovra lacrime e sangue dopo quelle di Portogallo, Grecia e Spagna. Si può chiede al governo di ammettere le proprie colpe per questa rappresentazione della crisi? Come si fa a passare da una propaganda dove tutto funziona e tutto andava bene ad una manovra di questa pesantezza? Il governo deve rendere trasparente il perché di questa contorsione improvvisa. Altrimenti è un governo non credibile».

La Cgil non è stata convocata all'incontro con il governo. Cisl e Uil sì. Irritato?
«Direi di sì. Di fronte alla nostre critiche il governo ha sempre detto il contrario. E oggi, invece di rendere esplicita questa situazione, continua con gli incontri riservati che escludono la Cgil in un clima che pensavo non potesse ripetersi. Non è un atto di forza, ma di debolezza. Il problema non è che il governo deve spiegare alla Cgil quanto sta accadendo, ma al paese».

Torniamo alla manovra: sono sempre i più deboli a pagare?
«Il conto viene naturalmente presentato ai più deboli. La manovra che il governo propone avviene nel corpo di un paese che è già stato colpito dalla crisi. E' questa la grande differenza con il 1992 quando l'Italia veniva da un periodo di crescita. Oggi ci sono disoccupazione, cassa integrazione, precarietà, redditi e consumi fermi».

Lei evoca il 1992, allora il sindacato fu parte attiva per uscire dalla crisi. Oggi è disponibile a giocare lo stesso ruolo?
«Certo, ma allora ci fu un confronto e fu aperto un negoziato, oggi invece il governo vuol decidere per decreto tra 20 giorni. Nel '92 al massimo fu congelata la contrattazione di secondo livello per un anno, l'anno dopo si fece l'accordo sul nuovo modello contrattuale, si chiamarono a pagare quelli che avevano più reddito e più risorse. Oggi invece sento parlare di un blocco di tutta la contrattazione pubblica per tre anni, di interventi sui pensionamenti con la gente in mobilità e fuori dai luoghi di lavoro. Congelamento delle liquidazioni. Blocco del turn over nella scuola e nei settori pubblici. Sento riparlare di condoni. Questa mi sembra una manovra destinata a deprimere ancora di più l'economia».

Il sindacato pone delle condizioni?
«Sì. Bisogna cambiare il segno dell'equità sociale della manovra, qui si colpiscono lo stato sociale e la condizione dei lavoratori. Bisogna rovesciare le priorità. Non sento parlare delle grandi ricchezze patrimoniali e dell'evasione».

Quale rischio stiamo correndo?
«Il rischio è che si decida a Bruxelles per noi e noi non siamo capaci di opporre un altro punto di vista. C'è il rischio di fare sacrifici inutili di fronte alla speculazione. Che aumenti la diseguaglianza. Fino a due mesi fa tutti spiegavano che bisogna stimolare l'economia con gli investimenti, oggi l'unica parola sono tagli e tagli. Un mondo impazzito: tutti in balia di forze che non riesci a governare. Nessuna regolamentazione dei mercati finanziari, delle agenzie di rating, nessun meccanismo di rallentamento delle transazioni finanziarie. Ritardi nelle risposte».

Di chi sono le responsabilità?
«Sono stati fatti due anni di errori profondi, andava impedito di far cadere il Pil, bisognava sostenere di più i consumi e l'innovazione. La prima cosa da fare è avere un quadro chiaro: non si può fuggire dopo che si è fuggiti per due anni. Dov'è la grande riforma fiscale? I lavoratori dipendenti pagano più tasse e l'area dell'evasione è cresciuta. Non ci siamo proprio. Si continuano a colpire di diritti dei lavoratori: arbitrato, statuto dei lavori, diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali».

Un bilancio amaro di questa fase economica e politica.
«Il contenuto morale è che i lavoratori pagano il prezzo alla speculazione. Il futuro dei giovani viene compromesso dalla forza di queste ondate speculative. E' come se la prima fase della crisi non fosse servita a nulla».

(Tratto da un'intervista rilasciata a "Repubblica")

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