L'illustrazione del programma di Governo da parte del Presidente del Consiglio Mario Monti, ma soprattutto il rispolvero di un recente articolo pubblicato dal quotidiano «la Repubblica» in cui l'attuale Ministro del Welfare Elsa Fornero, poco tempo prima di ricevere l'incarico di governo, definiva le ipotizzabili regole previdenziali per l'immediato futuro, stanno suscitando non poca apprensione tra i lavoratori.
ATTENDERE ANCORA O SCAPPARE IL PRIMO POSSIBILE? - I più esagitati dalle affermazioni di Elsa Fornero, pronunciate (è bene precisarlo) non in veste di rappresentante di Governo ma in quello di docente di Economia all´Università di Torino, sono senza ombra di dubbio i lavoratori dipendenti presumibilmente già in possesso dei requisiti per la pensione d'anzianità o che si apprestano a raggiungerli. Il dilemma che si pongono questi ipotetici pensionandi è se sia opportuno continuare a lavorare ed attendere i 40 anni di contributi per la pensione di anzianità o i limiti previsti per la pensione di vecchiaia oppure se, in alternativa, sfruttare qualsiasi opportunità per lasciare il prima possibile. Il timore infatti non è legato soltanto ad un ipotizzabile aumento della soglia di età (anagrafica o contrbuitiva) per il diritto al collocamento in quiescenza, ma anche alla concreta possibilità che l'importo della pensione possa vedersi ridimensionato a seguito della ventilata ipotesi di estendere a tutti il sistema contributivo pro rata.
PER IL DOCENTE FORNERO LA SOLUZIONE STA NEL CONTRIBUTIVO PRO-RATA PER TUTTI E NELL'INTRODUZIONE DI UN'ETA' MINIMA DI PENSIONAMENTO (63 ANNI) - Il risultato di un saggio, scritto a quattro mani dall'attuale Ministro del Welfare Forlero e da Flavia Coda Moscarola per la rivista Italiani Europei e anticipato da Repubblica, disegna una ipotetica riforma delle pensioni basata su alcuni principi basilari e su un'applicazione temporale da attuarsi a partire dal 2012: Eliminazioni dei tanti privilegi ancora esistenti, applicazione del metodo contributivo pro-rata per tutti i lavoratori, introduzione di un'età minima di pensionamento pari a sessantatré anni (con il requisito dei vent'anni di anzianità oggi richiesto per le pensioni di vecchiaia), eliminazione delle finestre che ritardano la quiescienza, senza che in alcuni casi vengano maturati incrementi di pensione. Sono alcuni dei suggerimenti e delle proposte formulate dai due docenti in materia di riforma previdenziale poco prima che Mario Monti decidesse di assegnare l'importante delega dello stato sociale a Elsa Fornero.
COME FUNZIONA OGGI E COSA POTREBBE CAMBIARE IN MATERIA DI SISTEMI DI CALCOLO PENSIONISTICO - La riforma Dini ha introdotto nel 1995 un nuovo sistema previdenziale basato su un calcolo cosiddetto "contributivo" che permette di restituire a chi va in pensione i contributi (capitalizzati) versati nel corso dell'intera vita lavorativa. Tale sistema è andato ad affiancare (e alla lunga sostituire) il precedente e fino ad allora unico sistema retributivo che invece prende in considerazione, ai fini del calcolo della pensione, gli ultimi dieci anni di retribuzione di un lavoratore. Al fine di evitare un passaggio traumatico e drastico tra un sistema e l'altro, la riforma Dini introdusse una linea di demarcazione fissata al 31 dicembre 1995 che determinò di fatto le seguenti tre casistiche:
SISTEMA RETRIBUTIVO - Si tratta del sistema sostanzialmente più oneroso per lo Stato e quindi indirettamente più redditizio per i lavoratori. Rientrano in questo sistema di calcolo di pensione basato sulle retribuzioni percepite negli ultimi anni, coloro che al 31 dicembre 1995 potevano contare su almeno 18 anni di anzianità (comprensivi anche di eventuale servizio di leva opportunamente ricongiunto)
SISTEMA MISTO - Rientrano in questo sistema di calcolo pensionistico coloro che vengono inopportunamente definiti «parzialmente protetti». Stiamo parlando più precisamente di coloro che alla stessa data di demarcazione del 31 dicembre 1995 non potevano contare su un'anzianità contributiva superiore ai 18 anni e in virtù di tale "impedimento" il calcolo della pensione sarà determinato applicando la regola retributiva fino al 1995 e quella contributiva a partire dal 1996
SISTEMA CONTRIBUTIVO - Appartengono a questo sistema di calcolo i cosiddetti «indifesi» ovvero tutti coloro che, assunti dal 1996 in poi, non potranno vantare di alcun contributo pensionistico da lavoro dipendente antecedente a tale data. Tale sistema di calcolo, come specificato in precedenza, determinerà una pensione interamente contributiva ovvero basata esclusivamente sui contributi versati nell'intera vita lavorativa.
IL MINISTRO FORNERO SI MOSTRA RASSICURANTE: «LE PENSIONI SONO GIA' RIFORMATE, BISOGNA SOLO ACCELERARE I TEMPI». LA CGIL: BENE FORNERO, GUARDARE A GIOVANI E DONNE - Il Ministro del Welfare Fornero cerca di stemperare gli animi, senza però di fatto smentire le proprie intenzioni sulla riforma pensionistica riportate sulle pagine del quotidiano «la Repubblica» (leggi l'articolo). «La riforma delle pensioni è già stata largamente fatta ma necessita di tempi più accelerati» così si è espresso il Ministro nel tentativo di tranquillizzare i lavoratori e le parti sociali. E la risposta dei sindacati non si è fatta attendere. Secondo il segretario confederale della Cgil, Vera Lamonica, «le parole del ministro del Lavoro Elsa Fornero, e le sue affermazioni sulla condizione del lavoro, ci fanno sperare che gli ulteriori interventi sulla previdenza, di cui tanto si parla, non saranno orientati né a fare cassa, né ad appesantire ulteriormente la situazione delle lavoratrici e dei lavoratori, che scontano la crisi e sono gli unici pagatori delle manovre fin qui effettuate». La dirigente sindacale della Cgil, commentando le parole del neo ministro, rileva come "da tempo sosteniamo che il sistema è in assoluto equilibrio, che nel rapporto con gli altri paesi europei siamo in pari, se non più avanti, sia sulla sostenibilità di lungo periodo che sull'età pensionabile. Il vero tema da aprire - sottolinea - riguarda i giovani, le donne e tutti coloro che, per effetto della precarizzazione del mercato del lavoro, hanno carriere contributive talmente discontinue e povere da prefigurare un futuro pensionistico inaccettabile per i forti costi sociali che comporterebbe». La dirigente di Corso d'Italia punta il dito contro le associazioni di impresa che "reclamano, subito, interventi secchi sulle pensioni: dovrebbero ricordare che non è possibile chiedere sempre che a pagare siano i più deboli e, soprattutto, che non è credibile usare giovani e donne come argomento finalizzato a chiedere solo interventi sul costo del lavoro". Infine, la Cgil rinnova al ministro "la piena disponibilità a discutere su come si possa meglio raccordare la realtà del mercato del lavoro con quella della previdenza per rispondere all'esigenza di ridare alle nuove generazioni ed alle donne la prospettiva di una pensione almeno dignitosa.
LE PAROLE DEL MINISTRO NON CONVINCONO I LAVORATORI CHE PRENDONO D'ASSALTO PATRONATI E SPORTELLI INPS - Non hanno sortito l'effetto sperato le rassicurazione del Ministro del Welfare Elsa Fornero se è vero che i lavoratori si sono riversati in massa presso gli sportelli dell'Inps e del Patronato nel tentativo di ottenere le necessarie informazioni sulle opportunità di uscita dal mondo del lavoro. Luigina De Santis, del collegio di presidenza dell'Inca, il patronato della Cgil, racconta: «Negli ultimi giorni i nostri uffici sono stati invasi da lavoratori, sia pubblici sia privati, che hanno maturato i requisiti per la pensione d'anzianità e non sanno che fare. Persone che magari avevano pensato di restare ancora qualche anno in servizio, per raggiungere il massimo dei 40 anni, ma che ora vogliono presentare la domanda per mettersi al riparo dalle nuove misure che prevedibilmente scatteranno dal prossimo primo gennaio». I lavoratori sono spaventati dalla girandola di ipotesi, peraltro tutte da verificare: un possibile blocco dei pensionamenti d'anzianità; un aumento dei requisiti fino a quota 100; una stretta su chi ha 40 anni di contributi. C'è poi la questione dell'importo della pensione. Se arriva il contributivo pro rata, cioè sui contributi versati dal 2012 in poi, significa che restare più anni al lavoro frutterà meno rispetto al calcolo retributivo. Il problema riguarda i lavoratori più anziani, coloro che avevano più di 18 anni di contributi nel '95. Costoro, secondo la riforma Dini, conservano appunto il più vantaggioso metodo retributivo. Se invece si passasse al contributivo pro rata per tutti, come vorrebbe il ministro del Lavoro Elsa Fornero, per loro scatterebbe uno svantaggio.
ANCHE I 40 ANNI DI CONTRIBUTI POTREBBERO NON PIU' BASTARE - E a dimostrazione che c'è poco da fidarsi, è dell'ultim'ora l'indiscrezione in base alla quale potrebbe addirittura aumentare la soglia minima dei 40 anni di contributi necessari ora per la pensione di anzianità indipendentemente dall'età anagrafica. Secondo quanto si apprende tra le ipotesi allo studio del Governo c'é un innalzamento tra i 41 e i 43 anni di contributi per uscire dal lavoro a qualsiasi età. Tra le misure che il governo sta studiando per la manovra economica potrebbe esserci il blocco totale del recupero dell'inflazione per le pensioni per il 2012. L'intervento, secondo quanto si apprende da tecnici che stanno lavorando alla manovra, varrebbe 5-6 miliardi compreso il blocco della perequazione già previsto per le pensioni più alte.
A RISCHIO ANCHE ALCUNI LIMITI DI VECCHIAIA PER DETERMINATE CATEGORIE DI LAVORATORI (AUTISTI,MACCHINISTI,PILOTI) - Sotto la lente d'ingrandimento del Governo ci sono i fondi speciali Inps: gli ex fondi Trasporti, Elettrici, Telefonici, Inpdai (dirigenti d'azienda) confluiti nel Fondo lavoratori dipendenti e i fondi Volo, Ferrovie, Clero ed ex Ipost (postelegrafonici). Osservati speciali sono inoltre il «personale viaggiante» dei Trasporti che al momento può andare in pensione di vecchiaia a 60 anni (55 le donne). Stessa cosa per gli iscritti al Fondo Volo, che possono anche andare in pensione d'anzianità con un anticipo fino a 5 anni sulle regole generali. I macchinisti delle ferrovie possono lasciare a 58 anni con 25 di servizio, i controllori a 60 anni.