Data: 26/02/2012
Settore:
Trasporti
VERTENZA TRASPORTI MOBILITAZIONE E SCIOPERO GENERALE DEL 1° MARZO 2012 - Da problema a risorsa per il Paese. Lavoro: contratti e clausole sociali - Preleva la piattaforma sindacale - Le modalità di sciopero in ogni settore - Le modalità di sciopero nel trasporto locale (Abruzzo)

Come organizzazioni sindacali dei trasporti sosteniamo con la mobilitazione dell’intero settore la richiesta di una profonda correzione delle scelte che il governo sta mettendo in atto e rivendicano l’apertura di un confronto di merito anche per le pesanti conseguenze che tali scelte hanno sui lavoratori, già pesantemente colpiti dalla crisi.
La politica integrata dei trasporti è da oltre un decennio la grande assente nel paese. La manovra cosiddetta “Cresci Italia” non contiene alcun elemento di programmazione pubblica e di politica dei trasporti per cambiare strutturalmente la situazione di disequilibrio tra le varie modalità di trasporto e, tantomeno, per il rilancio di quelle collettive nella mobilità locale delle persone. Ancora una volta assistiamo ad interventi parziali, non certamente esaustivi, mentre continua a mancare una politica dei trasporti sempre più necessaria per recuperare la consistente quota di produttività del sistema paese che si perde a seguito dell’inefficienza dei trasporti.
La crisi economica e la pesante recessione in atto richiedono interventi concreti a favore della crescita ed i trasporti possono essere una leva molto importante se si mette in atto una politica di investimenti indirizzati al miglioramento delle infrastrutture, superando definitivamente la riproposizione di mirabolanti grandi opere, ma utilizzando al meglio le poche risorse disponibili.
Un intervento di regolazione e di programmazione sull’intero sistema dei trasporti può contribuire in modo significativo alla ripresa, mentre gli interventi decisi dal governo peggioreranno una situazione già molto compromessa dai tagli operati da quello passato. Una politica per i trasporti è sempre più necessaria nella crisi, il valore sociale ed economico del sistema dei trasporti deve essere riconosciuto dal governo attraverso una profonda revisione delle scelte messe in atto fino ad oggi.
Diversamente il paese e i cittadini ne pagheranno il prezzo insieme ai lavoratori dei trasporti che per primi stanno subendo le conseguenze occupazionali e di reddito, frutto delle decisioni che si stanno assumendo. A partire dal decreto in via di conversione il governo e il parlamento devono rimettere nella giusta direzione l’insieme degli interventi legislativi che si apprestano a compiere e agire nell’ambito di una organica politica dei trasporti.
Il Sindacato italiano, in linea con il Libro Bianco europeo, ha sempre rivendicato una politica di sostegno alle modalità meno inquinanti e meno pericolose per il trasporto delle merci in Italia, con l’obiettivo di trasferire gradualmente quote dalle strade e dalle autostrade sia al trasporto marittimo di cabotaggio che al trasporto ferroviario. In tal senso vanno previste, intanto, risorse incentivanti alla cosiddetta “autostrada viaggiante” (camion sui treni) e l’implementazione del cosiddetto “ecobonus” per il trasporto via mare ed inoltre un piano per il potenziamento infrastrutturale di una rete nazionale di piattaforme logistiche e dei relativi collegamenti ferroviari, portuali e stradali.
Occorrono altresì indirizzi e norme ai quali le grandi aree metropolitane e le città vengano incentivate per sviluppare un trasporto sostenibile, con forte disincentivazione all’uso dell’auto privata ed investimenti per la viabilità riservata al trasporto pubblico locale, per il potenziamento delle modalità di trasporto a minore impatto ambientale (filovie, tramvie, metropolitane, ecc.) e per lo sviluppo di un’adeguata rete di parcheggi di scambio.
Nulla di tutto ciò appare nel decreto, ma molte sono le azioni indispensabili per rispondere alle esigenze del paese e alla domanda crescente di trasporto collettivo nella crisi, anche per correggere sia nel trasporto delle merci che nella mobilità delle persone, il divario tra Mezzogiorno e resto del paese, allargatosi ulteriormente nel corso dell’ultimo triennio di crisi economica.

L’AUTHORITY PER I TRASPORTI - La soluzione dei problemi aperti nei trasporti non può essere la previsione di un’authority con competenze ed attribuzioni sproporzionate. Per come è stata prevista può determinare anche attraverso un eccesso di deleghe, l’abbandono definitivo dell’idea stessa di una politica dei trasporti da parte del governo nazionale e delle regioni. All’authority deve essere attribuito il ruolo di garante per il corretto funzionamento del mercato liberalizzato, come ad esempio per l’accesso a condizioni eque e non discriminatorie alla Rete Ferroviaria, e non poteri e deleghe che sono proprie del governo e della amministrazioni regionali e locali.
Aver previsto nel decreto un’autorità con funzioni talmente ampie ed insindacabili è un’operazione che non è condivisibile e che allarma fortemente, tenuto conto anche della natura delle Autorità indipendenti. I problemi strutturali del trasporto derivano principalmente dall’assenza di una politica dei trasporti che non può essere sostituita attribuendo i poteri a un ente terzo. Un’autorità terza ed indipendente è necessaria ma con competenze equilibrate e distinte dai poteri legislativi e di governo, centrali e decentrati.

L’IPOTESI DI SCORPORO DELL’INFRASTRUTTURA FERROVIARIA - L’ipotesi di scorporo dell’infrastruttura ferroviaria nazionale dal Gruppo FS, tuttora delineata dal decreto, seppure in forma diversa dall’originaria proposta, affidata all’authority, declassa ad una procedura amministrativa una delle decisioni fondamentali di politica dei trasporti e di programmazione pubblica, peraltro, ancora una volta, inspiegabilmente in anticipo rispetto alle scelte comunitarie.
E’ inspiegabile perché se il motivo per il quale lo scorporo si ipotizza è davvero, come si dichiara, l’adozione di norme che favoriscano l’accesso all’infrastruttura a condizioni eque e non discriminatorie degli operatori, le competenze in materia attribuite all’authority appaiono più che sufficienti. La sottrazione dell’infrastruttura al Gruppo FS determinerebbe maggiori difficoltà nell’attuazione dei programmi di investimento, ricadute negative sull’industria ferroviaria presente in Italia, nonché considerate le condizioni economico-finanziarie di Trenitalia, di un suo reale rischio di fallimento.
L’infrastruttura ferroviaria nazionale rappresenta un asset strategico per il sistema trasportistico nazionale da adeguare rapidamente in termini tecnologici, di capacità di traffico e commerciali sia per quanto riguarda il trasporto vero e proprio sia per quanto relativo alle stazioni passeggeri e agli scali e ai raccordi merci.
L’esperienza, soprattutto nel corso dell’ultimo decennio, ha dimostrato che il salto tecnologico vissuto dal trasporto ferroviario in Italia è stato possibile anche per l’esistenza di un committente unico che ha richiesto all’industria ferroviaria un prodotto integrato di tecnologie di rete, di bordo e di telecomunicazioni. Ciò ha prodotto così un’offerta di alta qualità da parte dei fornitori, gran parte dei quali stanziati nel nostro paese e questo rappresenta una straordinaria opportunità che adesso non va dispersa ma, anzi, ulteriormente sostenuta e sviluppata.

LIBERALIZZAZIONE DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI E SERVIZIO UNIVERSALE - Le norme previste aprono in modo deciso alla liberalizzazione dei servizi pubblici locali senza però aver sciolto i nodi di debolezza strutturali evidenziati in sintesi nella premessa. La previsione di forme di concorrenza “nel” mercato, non tiene conto delle caratteristiche specifiche del trasporto pubblico, della sua vocazione sociale, dei costi industriali del servizio e della capacità di remunerazione del capitale, dati che fin dalla prima riforma di settore del 1997 (Dlgs. 422) ne hanno escluso una sua possibile attuazione.
Le forme di concorrenza “per” il mercato invece, perché non risultino ancora una volta fallimentari, necessitano di una profonda revisione del sistema delle imprese, una loro integrazione che ne comporti un generale rafforzamento, tale da garantire dimensioni e costi paragonabili a quelle dei principali players europei. In assenza di un indirizzo di questo tipo, di un flusso adeguato e costante di risorse a garanzia dei servizi minimi, di una seria politica d’investimento infrastrutturale, le soluzioni normative introdotte rischiano di peggiorare l’attuale, già disastroso, stato del settore.
Il nuovo quadro normativo prospettato aumenta la confusione per cui, per il trasporto pubblico locale si prevedono, al contempo, l’apertura al libero mercato, ma anche, per l’affidamento in esclusiva del servizio, procedure di gara a “doppio oggetto”, procedure di gara normale e condizioni per la gestione “in house”. Infine, la tempistica prevista rischia di dare il colpo definitivo ad un settore che già versa in una profonda crisi, industriale e finanziaria, rinunciando così, peraltro, anche all’opportunità di procedere ad un processo di riassetto del sistema delle imprese che sappia rapidamente rispondere alle esigenze di sviluppo della qualità e della quantità del servizio offerto e, in prospettiva, delinei le condizioni per una possibile espansione anche in campo internazionale.
Come Sindacato chiediamo che le norme presenti nel decreto vengano significativamente modificate. In tal senso risultano positive le norme che il decreto contiene rispetto alla deroga alle gare con mantenimento dell’affidamento “in house” e sono apprezzabili anche le norme circa l’istituzione di bacini e ambiti ottimali ma è necessario aumentare il numero di anni di deroga in presenza di nuove società nate dalle “fusioni” delle attuali aziende, e non di mere “integrazioni operative” destinate altrimenti a lasciare le cose come stanno. Per massimizzare le economie di scala e le opportunità di integrazione del servizio risulta insufficiente il limite minimo provinciale dei bacini che va quindi aumentato. Per ciò che riguarda le risorse, l’attuale quadro normativo non prevede che quanto previsto per il sostegno al trasporto locale sia vincolato all’effettivo uso per questa destinazione e, così, permane forte il rischio che, a livello territoriale, prevalgano scelte diverse e tali da privare il settore delle già scarse risorse disponibili.
D’altra parte l’apertura nel settore della concorrenza “nel mercato”, con la possibilità dell’affidamento di servizi senza esclusiva, non risolve alcun problema, anzi rischia di aumentare quelli esistenti. Questo è peraltro confermato dai pareri cauti espressi da alcuni autorevoli esponenti dello stesso Governo all’indomani dell’emanazione del decreto sulle liberalizzazioni. L’ipotesi di affidamento del servizio deve chiarire quale tutela si mantiene per il servizio a domanda debole. Appaiono infatti poco credibili le dichiarazioni d’intento delle imprese ferroviarie che vogliono entrare a svolgere servizio a mercato nel trasporto regionale, a meno che ciò non significhi solo collegamenti da e per aeroporti.
L’ulteriore decreto annunciato dal Governo sui servizi pubblici locali, in preparazione del quale è stato intavolato il confronto tra l’Esecutivo e la Conferenza delle Regioni, può rappresentare una decisiva occasione. Il confronto deve essere esteso alle rappresentanze sociali datoriali e del lavoro allo scopo di introdurre, con il loro contributo, le correzioni descritte. Inoltre inserire la previsione di uno strumento per la gestione degli esuberi strutturali che dovessero risultare dal processo di riassetto industriale del sistema delle aziende del settore e, in tale ambito complessivo, collocare coerentemente gli stessi orientamenti da adottare in tema di costi standard.
Il governo, nonostante gli scioperi dei lavoratori interessati e le tante richieste del sindacato, non ha voluto affrontare il problema del servizio universale ferroviario che ha subito un drastico taglio a dicembre e causato il licenziamento di 800 lavoratori. Si tratta di un servizio fondamentale che deve garantire un trasporto ferroviario accessibile da e per i territori che sono al di fuori della copertura dei servizi ad alta velocità e che non può essere tagliato senza valutarne le conseguenze.
Il Sud del Paese è stato fortemente penalizzato dall’iniziativa congiunta di Fs e del Ministero dei Trasporti e gli effetti sui collegamenti notturni sono ancora sotto gli occhi di tutti. Ribadiamo la richiesta di ripristino dei collegamenti anche attraverso l’eliminazione dei cosiddetti “hub” di Roma e Bologna, che spezzano il viaggio da e per il Sud, e il ripristino dei servizi tagliati, rimettendo rapidamente in circolazione il parco carrozze notte inopinatamente parcheggiato da Trenitalia nonostante recentissime operazioni di restyling. Il caso dei treni notte riporta in evidenza la grande questione del servizio universale e della liberalizzazione delle tratte profittevoli e su come i profitti realizzati debbano concorrere al mantenimento del servizio su tratte in perdita strutturale.

LIBERALIZZAZIONI E CLAUSOLE SOCIALI - Il governo negli interventi parziali e non coordinati messi in atto nel settore dei trasporti prevede una ulteriore fase di liberalizzazione, in un settore già ampiamente liberalizzato, e in buona parte privatizzato. Ancora una volta le liberalizzazioni non prevedono regole e tutele per i lavoratori interessati. I processi sono accelerati, ove ancora possibile, e continuano a mancare le clausole sociali e contrattuali. Il sistema liberalizzato richiede un rafforzamento delle regole mentre si assiste ad una ulteriore deregolamentazione delle tutele del lavoro che sviluppano la competizione tra imprese prevalentemente sul costo del lavoro.
Quanto è già accaduto nel trasporto aereo e ferroviario dovrebbe indurre a introdurre regole esigibili. Diversamente la mancanza di clausole sociali, nel caso di cambio azienda, produrrà ulteriori drammatiche situazioni di crisi occupazionali. Anziché sviluppare un efficace sistema di regole il governo agisce in controtendenza. Il decreto “Cresci Italia” cancella la norma che, dalla scorsa estate, aveva tentato di avviare un riordino della giungla contrattuale sui binari italiani, aperti al mercato fin dal 2001 in deroga alle stesse normative comunitarie tuttora vigenti.
Come Sindacato non aveva protestato per la genericità e la conseguente difficile esigibilità di una norma che, per la prima volta nella legislazione italiana, si riferiva ai “contratti” e non al “contratto”, lasciando una forte indeterminazione su quale applicare tra quelli nel frattempo entrati in uso nel settore in assenza di indicazioni normative in tal senso (Attività Ferroviarie, Autoferrotranvieri, Merci e Logistica).
Abbiamo ritenuto e riteniamo che il CCNL da applicare sia quello della Mobilità, che da oltre tre anni era in discussione presso il Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture.
Il nuovo provvedimento che concretamente, sul piano giuridico, si limita a ripristinare un vuoto normativo che ha caratterizzato il settore per oltre dieci anni, viene da molti interpretato come la cancellazione dell’istituto stesso del CCNL nel trasporto ferroviario. Una versione intollerabile a cui ci opponiamo con determinazione.
Chiediamo al Governo di agire per riavviare con urgenza il negoziato interrottosi ormai da ottobre presso il Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture a causa del cambio dell’Esecutivo. Occorre velocizzare la fase conclusiva della trattativa al fine di concludere il rinnovo delle parti specifiche delle Attività Ferroviarie e del Trasporto Pubblico Locale, aggiungendole alla parte generale già siglata il 30 settembre del 2010.
Il CCNL da applicare sulla infrastruttura ferroviaria nazionale non potrà essere altro che quello unico della Mobilità, da sottoscrivere secondo le caratteristiche e le previsioni dell’accordo interconfederale del 28 giugno 2011 tra le Confederazioni Sindacali e Confindustria. Questa soluzione, da realizzare rapidamente e da sostenere con un’opportuna modifica del provvedimento legislativo in sede di conversione, risulta a maggior ragione indispensabile nel momento in cui si delinea l’accelerazione del processo di liberalizzazione del trasporto ferroviario e in considerazione della centralità della modalità ferroviaria nel riassetto da noi proposto per il trasporto locale.

TRASPORTO MERCI, LOGISTICA E COOPERAZIONE - Nel Trasporto Merci, già oggi caratterizzato da un’eccessiva offerta e dal dominio quasi totale del trasporto su gomma, si è prodotto un mercato selvaggio che ha generato la situazione insostenibile ed oltre ogni limite dei blocchi stradali, vissuti nelle ultime settimane a danno della libera circolazione dei cittadini e della distribuzione dei beni di consumo nel nostro paese.
L’assenza di ipotesi di razionalizzazione dell’autotrasporto finirà per drammatizzarne ulteriormente le condizioni del settore. Un peggioramento dovuto anche alla facilità con cui si eludono le norme sul cabotaggio e sul distacco del personale dall’estero che rendono inoltre le imprese italiane di autotrasporto particolarmente penalizzate ed esposte a pratiche di concorrenza sleale.
Nel settore del trasporto merci e logistica il paese registra ritardi decennali, determinati da scelte politiche poco lungimiranti, tese a privilegiare da sempre il trasporto su strada delle merci. Il settore è caratterizzato inoltre dall’assenza dello sviluppo di sistemi logistici integrati e dalla scarsità di investimenti in infrastrutture, tali da produrre una situazione ingovernabile e fortemente esposta come quella attuale, nella quale agiscono poche aziende strutturate e dove regna l’autosfruttamento di molte migliaia di cosiddetti padroncini.
Nel sistema logistico, dove è presente un fenomeno fuori controllo nel quale le cooperative spurie mettono in difficoltà quelle regolari, chiediamo un attento controllo attraverso l’intensificazione del servizio ispettivo. In questo settore la necessità di un intervento di regolazione e di programmazione del governo appare di straordinaria urgenza, altrimenti ad ogni minaccia di blocco bisognerà rispondere orientando risorse per conservare uno “status quo” ormai insostenibile.
Bisogna agire sul sistema logistico con investimenti che nella crisi possono avere una doppia funzione anticiclica, per l’effetto di recupero di produttività dell’intero sistema dei trasporti e di sviluppo del settore movimentazione merci. Gli investimenti e le politiche di indirizzo e regolazione devono essere indirizzati al riequilibrio modale e alla sostenibilità ambientale, insieme all’incentivazione della riorganizzazione industriale delle imprese del settore, favorendo la crescita dimensionale delle aziende, attraverso interventi mirati all’aggregazione ed al sostegno dell’intera filiera produttiva.
Se non si interviene con provvedimenti correttivi proseguirà la destrutturazione di questo settore strategico per l’economia del Paese con la delocalizzazione di tante imprese di autotrasporto, indotte ad insediare le proprie attività nei paesi con costo di lavoro più conveniente, ricorrendo pertanto all’utilizzo di ammortizzatori sociali per la forza lavoro italiana. E’ necessario, pertanto, garantire il pieno rispetto sia dell’applicazione del CCNL che della legislazione europea vigente, per arginare i fenomeni di dumping salariale e normativo.

TRASPORTO AEREO - In Italia il processo di liberalizzazione si è sviluppato, specie negli ultimi anni, in modo disordinato determinando una proliferazione di operatori, uno squilibrio nella filiera delle attività con conseguenti riflessi negativi sul fattore lavoro. La cronica assenza di una politica di sistema e di una regolazione della filiera produttiva e dell’accesso ai servizi, ha determinato nell’intero settore la difficoltà per le aziende italiane a competere nel mercato, in presenza di operatori che pur svolgendo la loro attività nel nostro Paese, ne eludono le regole determinando dumping sociale e concorrenza sleale.
Del resto come del resto la libertà di applicare tra gli handlers i contratti più diversi ha condizionato e falsato il mercato dell’assistenza aeroportuale. Il risultato è drammatico: migliaia di lavoratori espulsi dal processo produttivo, precarietà diffusa, aziende fallite, fenomeni inarrestabili di dumping sociale e scorribande da parte di aziende che operano fuori legge ricevendo perfino sussidi pubblici diretti o indiretti.
Bisogna ripristinare un sistema di regole, a partire dalle clausole sociali, la cui mancanza ha portato negli aeroporti italiani condizioni di lavoro al limite dello sfruttamento, insopportabili per i lavoratori e incompatibili anche con le esigenze di sicurezza del sistema. Non molto diversa è la situazione dei vettori aerei tra i quali la competizione sul costo del lavoro continua a produrre peggioramento nelle condizioni ed a favorire dumping contrattuale.
Ci vogliono clausole sociali e contrattuali, a partire dal contratto nazionale di settore che deve diventare il principale strumento per la ricostruzione di regole comuni ed essere applicato a tutti i lavoratori del comparto aereo. Tutto il comparto del trasporto aereo deve essere sostenuto da interventi in grado di far ripartire l’industria nazionale rafforzando le imprese di trasporto.
E’ vitale l’avvio di una seria politica nazionale degli Aeroporti che consenta al comparto di superare una fase storica caratterizzata da spinte campanilistiche, senza una logica di sistema.

PORTUALITA' - In considerazione del ruolo fondamentale dei porti nel rilancio dell’economia del Paese la norme contenute nel decreto “Cresci Italia” relative alla finanza di progetto, nonostante gli incentivi fiscali previsti sembrano essere limitati alle sole procedure già avviate. In tale previsione non si può comunque rinunciare al necessario equilibrio tra l’esigenza di valorizzare il capitale privato investito e la necessità di non disperdere i principi pubblicistici.
Per rispondere alle esigenze del settore pena la sua definitiva marginalizzazione nel panorama europeo, sono infatti necessarie scelte precise di politica infrastrutturale a livello nazionale inquadrate in un contesto europeo a cui corrispondano coerenti strumenti e modelli di gestione dei porti . I provvedimenti sinora assunti dal governo sono insufficienti ed il mancato rilancio dell’economia portuale rischia di determinare un mercato dominato da una concorrenza basata sulla compressione dei diritti e delle tutele del lavoro.
La grave crisi che investe i porti e la mancanza di concreti interventi a sostegno del settore mettono a rischio l’occupazione, i diritti e le tutele dei lavoratori nonché l’esistenza stessa di molte imprese. Il lavoro nei porti, estremamente flessibile, non può trasformarsi in precarietà per questo è necessario ripensare alla regolamentazione del lavoro e del sistema di autorizzazioni che permettano alle imprese fornitrici di lavoro ed ai terminal di poter programmare investimenti nel lungo periodo.
Serve consolidare e sostenere il modello organizzativo di gestione dei porti incentrato sulle imprese terminaliste e sull’impresa fornitrice di lavoro temporaneo. Occorre inoltre attuare delle riforme a “costo zero” per rimuovere alcuni ostacoli allo sviluppo del settore legati al macchinoso sistema burocratico dei controlli della merce (ad es. dogane e ufficio fitosanitario).
Fondamentale è inoltre l’attenzione che il legislatore deve riporre a quanto concerne la sicurezza nel lavoro portuale. Va inoltre rivisto il sistema di governo dei porti qualificando il ruolo delle autorità portuali a partire dall’adeguamento del sistema dell’autonomia finanziaria per rendere le infrastrutture ed i porti in grado di affrontare un mercato internazionale che li seleziona in base alle sempre maggiori esigenze dello shipping ed alla creazione di un efficiente sistema logistico/portuale. E’ inoltre improcrastinabile un intervento legislativo volto ad integrare l’azione di tutti gli attori pubblici del ciclo portuale compresi l’Agenzia delle Dogane e tutti i Presidi Pubblici che concorrono a definire il complessivo ciclo autorizzativo e di controllo delle merci.
In considerazione del lavoro svolto dal tavolo tecnico ministeriale che ha redatto lo schema definitivo del Regolamento recante le disposizioni necessarie a consentire il coordinamento del decreto 81/08 e successive modificazioni e integrazioni della normativa relativa alla salute e sicurezza dei lavoratori nell’espletamento di operazioni e servizi portuali, si richiede l’emanazione delle norme specifiche onde evitare il decadimento del Decreto Legislativo 272 del 1999. Si richiede inoltre la strutturalizzazione dell’indennità di mancato avviamento al lavoro (IMA) per i dipendenti e/o soci delle imprese/agenzie autorizzate alla fornitura di lavoro di cui all’art. 17 della legge 84/94.

TRASPORTO MARITTIMO - Il settore marittimo è pesantemente interessato dalla crisi, al punto da mettere rischio l’intera flotta italiana. In un settore fondamentale per il paese occorre che il governo investa sulla flotta nazionale e quindi sul lavoro marittimo.
Bisogna mettere le compagnie con bandiera italiana in condizione di superare la lunga crisi economica, ripristinando risorse tagliate senza le quali si potrebbero realizzare veloci trasferimenti di bandiera con danni enormi per l’economia del paese. Va inoltre recepita la Marittime Labour Convention, attraverso la rivisitazione del D.Lgs 271/99 sulla sicurezza del lavoro marittimo per preservare la disciplina specifica di settore.
Gli ultimi sviluppi della vicenda Tirrenia sono molto preoccupanti e il governo deve intervenire urgentemente per evitare un esito disastroso dell’intero processo di cessione dell’azienda in procedura fallimentare. Le notizie relative alla seconda fase di verifica da parte dell’Antitrust dell’UE, che non escludono, a giugno 2012, un pronunciamento negativo sull’intera operazione, devono immediatamente coinvolgere il governo come garante degli impegni e delle rassicurazioni che a suo tempo l’UE aveva dato al passato governo e più volte confermate dal precedente Ministro dei Trasporti. Non si può perdere tempo, occorre a tutti i costi evitare che il fallimento di Tirrenia e il blocco della vendita si traduca in danno irreparabile per la compagnia e per l’intero settore del cabotaggio italiano con effetti pesantissimi sui lavoratori interessati.
L’intero settore marittimo deve trovare la necessaria attenzione del governo, per il ruolo che può svolgere nella ripresa economica, promuovendo lo sviluppo delle Autostrade del mare e sostenendo tutta l’industria marittima italiana. Occorre inoltre sostenere i giovani che si avvicinano a questo difficile lavoro creando ulteriori opportunità di lavoro per gli allievi nautici affinché possano maturare il titolo di ufficiale di navigazione.

VIABILITA': ANAS - Nella viabilità permangono i problemi relativi alle competenze dell’Anas in rapporto alla costituenda Agenzia per le infrastrutture stradali con il rischio di duplicazioni delle funzioni e con un incremento della spesa pubblica invece che un risparmio. Non è stato superato il blocco immotivato delle assunzioni nei servizi su strada, di polizia stradale e per la manutenzione.
Il depauperamento delle risorse assegnate a compiti operativi su strada e il blocco delle assunzioni sono una tra le cause dello stato drammatico della viabilità. Anche i recenti disagi su strade e autostrade per le nevicate sono la conseguenza di queste politiche. Inoltre a causa di alcuni provvedimenti ancora non soppressi ci si avvia sulla rete di interesse nazionale verso il superamento del diritto ad una mobilità gratuita con la previsione di introdurre nuovi pedaggi anche su strade come il grande raccordo anulare, la E45 e la Salerno Reggio Calabria.
Nuovi oneri che si è deciso di far pagare proprio a quell’utenza stradale priva di alternative nel trasporto collettivo. Per il settore inoltre l’introduzione di un’authority monca dei compiti in materia di viabilità, considerando che sulla rete stradale e autostradale continua a viaggiare oltre l’80% delle merci trasportate, appare incomprensibile.

VIABILITA': AUTOSTRADE - Il decreto sulle “liberalizzazioni”, introducendo il metodo “price cap”, ha puntato al contenimento degli aumenti tariffari autostradali che attualmente tutti gli anni scattano in automatico con l’individuazione degli investimenti infrastrutturali definiti in sede di concessione. Il provvedimento, in una prima stesura, interessava tutte le società autostradali, ma nella sua versione definitiva, stabilisce che la norma si applica solo alle nuove concessioni. Una modifica probabilmente introdotta per non annullare gli investimenti previsti, ma che produce disparità tra i soggetti societari autostradali che potrebbero determinare una minor efficienza del settore.
Considerato il valore economico delle società autostradali è auspicabile che il Governo vincoli maggiormente le stesse ad investire. Questo per poter garantire livelli di servizio adeguati in termini d’informazione, di assistenza stradale, di qualità delle aree di servizio in particolare per il settore del trasporto merci, al fine di realizzare un vero “supporto logistico” per chi utilizza le strutture autostradali, per assicurare livelli di sicurezza degli utenti e per tutti coloro che operano a vario titolo sul nastro autostradale. Restano da definire i metodi d’intervento della nascente Authority che rischia di replicare funzioni di organismi di controllo già esistenti, generando conflitti di competenze con il conseguente mancato controllo del settore.
Più generale nel settore si rischia quindi di non effettuare un vero e più complessivo riordino e permangono ancora forti dubbi sulla strategia che ispira le scelte operate e non corrette. Inoltre si evidenzia l’assenza di una definitiva regolamentazione destinata ad introdurre clausole sociali nel cambio delle concessioni autostradali e a controllare in modo efficace l’andamento e la crescita delle relative tariffe. Il problema principale del settore della viabilità di interesse nazionale è quello della certezza delle risorse finalizzate alla gestione ed alla qualità della manutenzione e dei servizi essenziali destinati all’utenza stradale.
Per la specificità delle funzioni esercitate dal personale d’esercizio dell’Anas come sindacato abbiamo richiesto più volte che fossero apportate le necessarie modifiche a garanzia della sicurezza stradale e a tutela dei lavoratori che vi operano, nonché lo sblocco delle assunzioni.

ALTRI SETTORI DEI TRASPORTI - La mancanza di una politica di sistema in settori quali la navigazione sui laghi, l’autonoleggio, il soccorso stradale e agenzie marittime, mette in discussione il lavoro e le tutele dei lavoratori; in quello funiviario, il mancato sostegno legislativo ed economico rischia di trascinare al ribasso l’economia di vaste zone montane a vocazione turistica.
La mobilitazione e lo sciopero generale delle lavoratrici e dei lavoratori dei trasporti mira, innanzitutto, a recuperare un confronto di merito con il Governo per rispondere rapidamente alla grave situazione in atto. Servono interventi idonei a non aggravare la crisi ed a creare sistema ed efficienza attraverso una concreta politica dei trasporti che coinvolga tutti i soggetti interessati, istituzioni, imprese e rappresentanze sociali.
Chiediamo un rafforzamento delle regole a tutela del lavoro a partire dalle clausole sociali e contrattuali nei processi di liberalizzazione. Il governo deve fare la sua parte per sostenere la definizione dei rinnovi dei contratti di lavoro scaduti anche da oltre tre anni, aiutando l’affermazione di un equilibrato sistema di regole. E’ l’esatto contrario della cancellazione, contenuta nella manovra, della previsione del contratto nazionale di settore per le imprese ferroviarie. Non accettiamo l’idea che con le liberalizzazioni si realizzi il dumping contrattuale e sociale.
Difendiamo i contratti nazionali e la contrattazione aziendale. Difendiamo il lavoro qualificato delle molteplici e complesse attività delle aziende di trasporto per contribuire ad un’offerta di qualità e per contribuire all’affermazione di un sistema dei trasporti in grado migliorare la sostenibilità economica e ambientale della mobilità delle persone e delle merci. Insieme al sindacato europeo diciamo: ora basta! Basta con il lavoro precario, basta con l’abbattimento delle tutele contrattuali, basta con i bassi salari, basta con gli appalti e i subappalti senza regole.
Il governo Monti dimostri di voler modernizzare davvero il sistema dei trasporti: metta in campo gli investimenti necessari, non continui a tagliare risorse al trasporto sociale sempre più richiesto dai cittadini nella crisi, riconosca il valore economico del sistema logistico e dei trasporti. Per queste ragioni abbiamo deciso lo sciopero generale dei trasporti e chiediamo risposte concrete.

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