Data: 26/11/2016
Settore:
Politica interna
LA CONSULTA DICHIARA INCOSTITUZIONALE GRAN PARTE DELLA RIFORMA MADIA SULLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Nel mirino della Corte Costituzionale le norme sulla dirigenza, sulle società partecipate, sui servizi pubblici locali e sul pubblico impiego. Sotto accusa la richiesta del semplice parere richiesto alla Conferenza Stato-Regioni - Il servizio trasmesso da SKY TG24 - La sentenza n.251/2016 della Corte Costituzionale - Rassegna stampa

Accogliendo il ricorso promosso dalla Regione Veneto e dal Governatore Zaia, la Corte Costituzionale con la sentenza n.251/2016, ha dichiarato l’illegittimità della riforma Madia sulla Pubblica amministrazione nella parte in cui prevede che l’attuazione della stessa, attraverso i decreti legislativi, possa avvenire con il semplice parere della Conferenza Stato-Regioni o unificata. Secondo la Consulta è invece necessaria una previa intesa. Una bocciatura quindi che non entra nel merito della riforma ma che invece evidenzia l'illegittimità costituzionale della stessa in quanto lede l'autonomia delle Regioni. Emblematico il passaggio della sentenza in cui la Consulta ribadisce la "necessità che il legislatore statale rispetti il principio di leale collaborazione e preveda adeguati strumenti di coinvolgimento delle Regioni (e degli enti locali), a difesa delle loro competenze".

Nel mirino della Corte Costituzionale sono finite pertanto le norme che di fatto costituiscono il cuore della riforma ovvero quelle attinenti i dirigenti, le società partecipate, i servizi pubblici locali e organizzazione del lavoro del pubblico impiego. Bocciando il Decreto sui servizi pubblici locali è stato azzerato anche il ricco capitolo dedicato al trasporto locale con l'obiettivo di far partire ad ampio raggio le gare per gli affidamenti nel 2017.

Il testo unico sulle società partecipate (decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175), pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 120 dell'8 settembre 2016, stava determinando non pochi problemi alle amministrazioni locali in relazione ai servizi da garantire sul territorio così come vi era forte preoccupazione per le 950mila persone che garantiscono tali servizi e per le quali il testo unico non include i presupposti per la garanzia occupazionale. La norma inoltre introduceva la chiusura immediata di tutte le società partecipate (in Abruzzo ve ne sono 56 delle quali 15 di competenza regionale) di interesse generale e che gestiscono beni e servizi in presenza di uno solo dei seguenti requisiti:
- numero di dipendenti inferiore al numero dei componenti del Cda
- fatturato inferiore 1 mln €
- Deficit di bilancio tre anni negli ultimi 5 anni
Entro il 23 marzo 2017 (sei mesi dall'uscita del decreto) le amministrazioni avrebbero dovuto concludere la ricognizione delle partecipazioni individuando quelle da alienare (da trasmettere alla Corte dei Conti)

Lo stesso testo unico sulle società partecipate prevedeva inoltre il famigerato blocco delle assunzioni fino al 30/06/2018 e che tanti problemi stava determinando nel trasporto pubblico locale e nell'Anas.

Un bocciatura sonora, dunque che arriva ad un giorno appena dall'approvazione definitiva di ben cinque decreti attuativi della riforma Madia, tra i quali per l'appunto quello sulla dirigenza e quello sui servizi pubblici local. Tutto da rifare quindi? Senz'altro la legge delega deve cambiare. E a ricasco anche tre su quattro dei decreti delegati incriminati. Si salva solo il testo unico del pubblico impiego, ma solo perché non ancora approvato dal Consiglio dei ministri (c'è tempo fino a febbraio). Mentre gli altri tre (dirigenti, partecipate, servizi pubblici locali) devono di fatto essere riscritti. E questa volta non basterà il mero parere delle Regioni.

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