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Data: 12/08/2008
Testata giornalistica: Il Centro
Del Turco lascia il carcere: «Ora il processo». Alle 13,08 è uscito scortato da dieci agenti, poi via con il figlio e la compagna

Detenuto per 28 giorni l'ex governatore ora è ai domiciliari

SULMONA. «Attendo il processo con serenità. Ciao Cristina. Torno a Collelongo, beati quelli nati a Collelongo. Bentrovato Guido». Sono le 13,08. Dopo 28 giorni Ottaviano Del Turco esce a passo svelto dalla grande porta del supercarcere di Sulmona, scortato da dieci agenti. Brevi commenti si alternano ai saluti rivolti ai familiari. «Sono dimagrito, ma mi sento in gran forma».
Sorride. Una, due, tre volte prima di salire sulla Volvo 850 station wagon del figlio Guido e lasciarsi alle spalle via Lamaccio. Dove Ottaviano Del Turco era entrato nel grigio pomeriggio del 14 luglio, da presidente della Regione. Tre giorni in isolamento. Poi altri 25 da detenuto comune. Ma sempre nella cella 6 al piano terra del penitenziario. Fino alle 13,08 di ieri. Di una giornata iniziata con la speranza di tornare a casa. La stessa speranza del figlio Guido, giornalista del Tg5, arrivato alle 11,20. «Non ce la facevo ad aspettare», confessa, prima di ricevere la telefonata dell'avvocato che preannuncia l'atteso provvedimento del Gip. Guido ha gli occhi lucidi. Arrivano altre telefonate. «Sì, è tutto vero». «Non piangere». Ripete col solito garbo ai tanti interlocutori. Alle 11,37 arriva la Saab scura di Cristina D'Avanzo, compagna di Ottaviano Del Turco. Quasi un'ora e mezza dopo, Del Turco varca la porta carraia. Il suo primo sguardo fuori dal carcere, da ex governatore, va al cielo limpido. Si avvia verso l'uscita, circondato dalle guardie. Indossa una camicia bianca, pantaloni blu e mocassini marroni. Il pesante cancello elettrico che divide il penitenziario dal mondo esterno si apre con lentezza esasperante. «Buongiorno a tutti», esclama Del Turco. Si avvicina il figlio Guido, che afferra una busta portata dal padre. «Qui sono stato trattato benissimo», aggiunge l'ex ministro delle Finanze, «è una struttura bellissima. Ora attendo con serenità il processo e con la fiducia che ho sempre avuto nella magistratura. Sono dimagrito un po' (ha perso circa sette, otto chili, ndr) ma mi trovo in gran forma. Non vedo l'ora di tornare a Collelongo. Beati quelli nati a Collelongo. Arrivederci. Scusate, adesso tocca a mia moglie». Ottaviano Del Turco stringe forte la sua compagna Cristina D'Avanzo e si infila nell'auto del figlio. L'ultimo saluto, col braccio sollevato, va ai dieci agenti di polizia penitenziaria. Fuori dal carcere restano due parenti dell'ex presidente. Qualche minuto dopo ritirano un carrello con borse e oggetti personali. In una pesante sacca ci sono i libri letti in 28 giorni, da "L'avventura di un povero cristiano" di Ignazio Silone a "Firmino" di Sam Savage. In una scatola ci sono i dipinti con i colori a pastello. Né i libri né i disegni sono stati lasciati al direttore del carcere Sergio Romice, come promesso nel corso delle visite di deputati e senatori. Undici quelli che si sono alternati a Sulmona. Il primo è stato il parlamentare Pd Pierluigi Mantini. Poi Franco Marini, Melania De Nichilo Rizzoli (anche medico personale dell'ex ministro) e altri. Alcuni, ieri, sono tornati a esprimere solidarietà. «E' questione di tempo, poi giustizia sarà fatta», afferma Giuliano Cazzola (Pdl), sottosegretario della commissione lavoro alla Camera, «e in tanti dovranno chiederti scusa e restituirti l'onore». Per Daniele Capezzone, portavoce di Forza Italia «finalmente un atto di ragionevolezza sul caso Del Turco». In una dichiarazione congiunta Lella Golfo, deputata Pdl, e Alessandra Servidori, del Comitato pari opportunità del ministero del Lavoro, sottolineano: «I domiciliari sono un passo importante nel cammino verso la verità».

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