ROMA - "Mi chiede con quali regole si rinnoveranno i prossimi contratti? Con quelle della giungla, con la legge del più forte". Il giorno dopo la rottura sul sistema contrattuale, Guglielmo Epifani, leader della Cgil, non nasconde l'amarezza per un epilogo che - dice - ha cercato di evitare fino all'ultimo minuto. Il più grande sindacato è rimasto fuori da quella che è nei fatti la nuova costituzione per le relazioni sindacali. Una situazione che non ha precedenti. "E che - sostiene Epifani - è molto più grave delle rotture dell'84 sulla scala mobile e del 2001 sul patto per l'Italia".
Ma allora perché non ha firmato? Meglio la giungla?
"Perché il testo che ci è stato presentato a Palazzo Chigi non era modificabile e non rispondeva in alcun modo alla posizione unitaria di Cgil, Cisl e Uil e approvata dai lavoratori. Quel testo è figlio della paura di fronte alla crisi. Anziché scommettere sulla funzione positiva che può avere la contrattazione per rendere più unito il Paese, la si limita a livello nazionale e la si comprime nelle aziende".
La riforma, però, punta proprio a rafforzare il ruolo della contrattazione in particolare quella in azienda.
"Rispondo che il contratto nazionale finirà per ridurre strutturalmente il potere d'acquisto e la contrattazione di secondo livello non sarà affatto estesa. Ma c'è di più: c'è un'idea di derogabilità del contratto nazionale tutta in negativo e un'interpretazione del diritto di sciopero del tutto lesivo del dettato costituzionale perché si fa stabilire alle parti sociali chi ha diritto a proclamare lo sciopero e chi no. Quest'accordo risponde a un obiettivo di divisione la cui responsabilità ricade sul governo ma anche sulla Confindustria che, anziché ricercare, come sta accadendo in tutto il mondo, di affrontare la crisi con coesione hanno esplicitamente scelto di dividere. Questa intesa destabilizza le relazioni sindacali".
Le ricordo che solo la Cgil ha deciso di non firmare.
"Nel costruire il consenso sul quel testo ci sono state evidenti forzature. Ed è un aspetto che andrà approfondito. Checché ne dica la Confindustria, la Cgil ha cercato fino all'ultimo di evitare divisioni. La verità è che quel testo era preconfezionato: prendere o lasciare".
Le potrebbero ribattere che quel testo è il risultato di un negoziato al quale lei non ha voluto partecipare.
"Non è vero: questa è solo una scusa. Il negoziato, se c'è stato, non ha coinvolto tutti i soggetti. La Cgil, per esempio, ha letto per la prima volta a Palazzo Chigi la parte sui contratti pubblici. La Cgil ha sempre presentato le sue proposte. Ma ora questo accordo dovrà essere discusso dai lavoratori. Lo chiederemo formalmente a Cisl e Uil".
Propone un referendum?
"Ci vuole il coinvolgimento dei lavoratori perché tutti gli accordi sulla contrattazione sono stati giudicati dai lavoratori. Sarebbe grave se non si facesse questa volta".
Qualche giorno fa ha detto che "è da matti" pensare alla riforma dei contratti mentre esplode la crisi. Le sembra più saggio mantenere un sistema contrattuale introdotto quando c'era ancora la lira e che in questi quindici anni ha contribuito a mantenere le retribuzioni degli italiani in fondo alla classifica europea?
"È "da matti" se si pensa ai contratti come priorità in questa fase, senza trovare soluzioni condivise, come ci chiedono i lavoratori, per affrontare la crisi. La grande differenza con il protocollo del '93 è che quello era figlio di un'idea di coesione, di giustizia sociale, di politica di tutti i redditi mentre questo accordo si sviluppa in un vuoto pneumatico di progetto".
Molti si aspettano una retromarcia della Cgil. Accadrà?
"Si illudono. La Cgil andrà avanti sostenendo le sue opinioni e le sue proposte".
Non teme che d'ora in poi la Cgil possa essere esclusa dai rinnovi contrattuali? Presenterete le vostre piattaforme ma gli imprenditori faranno l'accordo con gli altri. È già successo due volte tra i metalmeccanici.
"Sono sempre stati i lavoratori ad approvare le piattaforme. La loro parola dovrà continuare a essere vincolante".
Il presidente di Confindustria Marcegaglia ha insinuato che lei stia pensando a candidarsi con il Pd alle prossime elezioni europee. Lo farà?
"È la cosa più volgare che la Marcegaglia potesse dire. È come se io dicessi che ha firmato l'accordo perché vuole diventare ministro del governo Berlusconi".
Qualche mese fa lei minacciò l'espulsione di Cremaschi dalla Cgil per la sua partecipazione a una manifestazione di Cobas. Ora però la linea di Cremaschi è quella della Cgil.
"È falso. La linea della Cgil è quella della proposta unitaria fatta con Cisl e Uil contro la quale votò Cremaschi".
Che fine faranno i legami con la Cisl e la Uil?
"Intanto subiscono un colpo molto forte. Dovremo mantenere l'unità operativa di fronte alla crisi, dalla Fiat a tutti gli altri settori. Ma la Cgil non avrebbe mai firmato un accordo sulle regole senza la Cisl e la Uil. Mai".