ROMA - E pensare che quando Walter Tocci, fisico e filosofo, allora assessore alla Mobilità della giunta guidata da Francesco Rutelli, aveva provato a fare la stessa cosa, i tassisti romani fecero la rivoluzione. Scioperi, blocchi stradali, proteste di piazza. Alla fine, l'ordinanza con la quale l'attuale parlamentare dell'Ulivo voleva liberalizzare i turni, «perché non si capisce come mai un'automobile deve camminare soltanto per otto ore al giorno quando può farlo per ventiquattro, dando lavoro a tre persone invece che a una sola», era rimasta nel cassetto. Senza che nessuno, dopo di lui, avesse avuto più il coraggio di aprirlo per otto lunghi anni. Adesso, invece, la liberalizzazione dei turni sembra diventata addirittura la vittoria dei tassisti. Temevano che si potesse mettere ancora peggio di così? Avevano paura che la corda, troppo tesa, si spezzasse? O più semplicemente, come pensa Pierluigi Bersani, ha prevalso il buon senso? Di sicuro il ministro dello Sviluppo economico considera l'accordo di ieri notte fra il Campidoglio e gli autisti di piazza la prova provata che lui le braghe non se l'è mai calate. Una risposta alle critiche che gli erano piovute addosso subito dopo la firma dell'intesa con i tassisti «da chi non aveva neppure letto che cosa c'era scritto nella nuova versione del decreto». E ieri, dopo aver telefonato al sindaco di Roma Walter Veltroni, l'ha detto chiaramente: «Non avevo dubbi che i fatti avrebbero dimostrato che le tante parole dette qual giorno non erano parole ben meditate. Complimenti al Comune di Roma». Notando come dopo Veltroni si stiano muovendo anche i Comuni di Milano e Firenze con una specie di effetto a cascata. «Se il decreto ha messo in moto un meccanismo di competizione fra i sindaci, questo non può essere che positivo», commenta Bersani.
Il dubbio, invece, è se Veltroni sarebbe riuscito lo stesso a fare il suo accordo se la «flessibilizzazione» dei turni non fosse stata prima inserita nel decreto. Probabilmente no. Ma è anche vero che senza un gioco di sponda fra il ministero dello Sviluppo e il Comune di Roma, dove (con Milano e Firenze) il problema dei taxi è sempre stato più grande che nel resto d'Italia, forse nemmeno Bersani ne sarebbe venuto a capo. Almeno in tempi così rapidi. E come ha dimostrato il fallito tentativo della giunta Rutelli, queste partite vanno chiuse in fretta: altrimenti rischiano di restare aperte all'infinito.
Anche per questo gli accordi dei tassisti con il ministero dello Sviluppo economico e il Comune di Roma rappresenta una specie di rivincita per Tocci, che avrebbe dato un aiuto concreto a Bersani nella predisposizione del provvedimento. Ma è una rivincita anche per il Garante della concorrenza, che per molti anni aveva denunciato l'esistenza di un grosso problema chiedendo al governo di intervenire, ma era come se parlasse nel deserto.
Il decreto ora è scritto e gli accordi sono ancora sulla carta. Si tratterà di vedere come saranno applicati. Se il controllo satellitare, previsto dal provvedimento, e che il Comune di Roma utilizzerà, confermerà l'effettivo rispetto dei patti. Ma tanto Bersani quanto Veltroni considerano l'esito di questa vicenda, ognuno dal proprio punto di vista, una vittoria. La possibilità di ricorrere al bando straordinario è ritenuto più che altro un deterrente in mano ai sindaci che non riescano a concludere intese soddisfacenti per aumentare le corse e rendere più conveniente il servizio dei taxi. La «flessibilizzazione» dei turni è inoltre più digeribile per i tassisti, molti dei quali sono lavoratori autonomi che intendono rimanere tali, rispetto al cumulo delle licenze.
«Lo scopo del decreto non era punire i tassisti ma difendere i consumatori e l'accordo raggiunto da Bersani ha assicurato un notevole aumento delle corse dei taxi, che è quello che conta», ha dichiarato ieri il ministro dell'Economia Tommaso Padoa-Schioppa. Mentre anche l'ex presidente dell'Antitrust Giuliano Amato si è fatto sentire, ma in privato, con Bersani. Questa volta, però, nella sua veste di ministro dell'Interno. E tirando un respiro di sollievo: «Meno male che è andata così». Già, perché le prefetture erano state già allertate, nel caso in cui la protesta fosse degenerata.