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Data: 15/11/2009
Testata giornalistica: Il Messaggero
Cgil in piazza. Il lavoro e la crisi - Epifani: «Crisi lunga, il peggio deve arrivare». Sacconi: un sindacato ideologico, sa solo dire no - Speciale multimedia (guarda il video)

ROMA Non è stata una manifestazione oceanica come quella del 23 marzo del 2002 al Circo Massimo, star della giornata Sergio Cofferati. Ieri pomeriggio a piazza del Popolo "solo" - si fa per dire - in settantamila, poi diventati centomila (dati forniti dalla confederazione di corso d'Italia) per formalizzare la protesta e ascoltare il comizio finale del leader della Cgil, Guglielmo Epifani. Una protesta con un unico, sostanziale intento: «Portare nella Capitale le facce, i volti della crisi». Ma, ancora una volta, senza i vessilli della Cisl, della Uil, dell'Ugl che ormai da tempo si sono attestate su posizioni diverse, se non antitetiche. E che fa dire al ministro Sacconi. «La Cgil sa soltanto dire dei no».
Un lungo corteo di pensionati, operai, impiegati, studenti, cassintegrati, precari, partito nel primo pomeriggio da piazza della Repubblica e che si è riversato in una piazza del Popolo che si è andata progressivamente riempendo. Bandiere, cartelli, striscioni. Un fiume di persone. E un fiume è Guglielmo Epifani dalla tribuna. Quaranta minuti di circostanziate denunce contro il governo e di sfide nei confronti di Cisl, Uil e Confindustria, conclusi con un impegno solenne: «Non abbiamo paura, andremo avanti per la nostra strada». Ed occorrerà davvero coraggio, perchè «gli effetti più negativi della crisi arriveranno nella prossime settimane e investiranno l'occupazione». Presenta i numeri, il leader della Cgil: «In un anno sono stati bruciati 570.000 posti di lavoro, di cui 300.000 precari. Una media di 50.000 posti in meno al mese. E' la valanga che purtroppo avevamo previsto. Il peggio deve ancora arrivare». E di fronte, secondo Epifani, c'è un esecutivo che non riesce ad opporre un argine perchè non vede e comunque non fa. Evidentemente con il sostegno, comunque nell'indifferenza, della Cisl e della Uil alle quali il numero uno di corso d'Italia lancia una "provocazione": «Nei giorni scorsi Bonanni e Angeletti hanno detto che se il governo non avesse ridotto il carico fiscale su pensionati e lavoratori dipendenti, sarebbero stati pronti allo sciopero generale. Bene, se lo volessero fare, da qui mando a dire che troveranno la Cgil in prima fila». E poi una stoccata alla Confindustria: «Non può dire che la Finanziaria va bene il giorno pari e dire che non va bene il giorno dispari». Affonda ancora: «Troppi imprenditori stanno facendo i furbetti: intervengono per rilevare, chiudere e, naturalmente, licenziare i lavoratori».
Ma, è ovvio, il bersaglio privilegiato degli attacchi è il governo che «di fronte alla crisi non ha fatto nulla, esclusa la misura per la cassa integrazione in deroga». Niente per gli ammortizzatori sociali, niente per ridurre il carico fiscale, niente per la pubblica amministrazione, niente per gli investimenti, niente per i Patti di stabilità degli enti locali. «Una cosa, anzi, l'ha fatta: si è rimangiato la parola per l'assunzione di 80.000 precari della ricerca e dell'università». Cosa, invece, bisognerebbe fare? Raddoppiare l'indennità di disoccupazione, i massimali della cassa integrazione, tagliare le tasse su pensioni e salari, elaborare una vera idea di sviluppo per il Sud. «Le priorità non possono essere il Ponte sullo Stretto e la Banca del Sud». Insomma, bisogna avviare una seria politica industriale. «La verità è che la Finanziaria non va bene, è troppo deludente e abbiamo un governo forte con i deboli e debole con i forti. Per ritornare ai livelli del 2003 impiegheremo sei-sette anni». Lo scudo fiscale? «E' una vergogna, non si può fare un condono ogni due o tre anni. E poi i proventi dello scudo vengono ridati a quelle categorie tra le quali c'è qualche contribuente infedele».
Replica secca del ministro del Welfare, Maurizio Sacconi: «Epifani descrive un piccolo mondo antico che rappresenta un pezzo del Paese e rimane ancorato al '900 e alle sue ideologie. La Cgil sa dire solo dei "no", la sua è una manifestazione fatta da sola, che esalta la separatezza dalle altre organizzazioni sindacali». Già Cisl e Uil come risponderanno? Difficile, molto difficile, immaginare un riavvicinamento o uno sciopero generale unitario. Bonanni, già prima della manifestazione di piazza del Popolo, manda a dire che c'è chi porta in piazza i lavoratori insieme ai partiti e chi raccoglie consensi in fabbrica. Cioè la Cisl. Ancora più esplicito e ultimativo Angeletti, l'altro giorno: nessun riavvicinamento se prima la Cgil non firma la riforma dei contratti. Sostegno, invece, dal segretario del Pd, Pierluigi Bersani: «Il governo ha perso 18 mesi preziosissimi. E' venuta l'ora della svolta».

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