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Data: 15/12/2010
Testata giornalistica: La Repubblica
No alla sfiducia, primo tempo al premier. Casini lo gela: «Vada avanti da solo»

ROMA - Berlusconi vince questo round. E Fini si ritrova in grande difficoltà, con un partito spaccato. Eppure, alla fine della giornata più lunga per il governo, restano più dubbi che certezze. La sfiducia tanto attesa da Fli, Udc, Idv e Pd non passa, ma l'esito del voto sulla mozione contro il governo Berlusconi non significa la fine delle fibrillazioni del quadro politico. Anzi. Quando sulla seduta di Montecitorio cala il sipario, dopo un'altalena di emozioni e previsioni smentite, il pallottoliere segna 314 "no" alla sfiducia, 311 "sì" e le due astensioni dei deputati della Svp. A palazzo Madama, poco prima, era finita con margini più ampi per la maggioranza: 162 voti a sostegno dell'esecutivo, 135 contrati e gli 11 senatori di Fli astenuti nel tentativo di un disperato tentativo di mediazione con il Cavaliere.

Poche certezze. Ora le poche certezze del "dopo fiducia" sono legate a doppio filo tra loro: da un lato la vittoria tattica di Berlusconi, dall'altro la netta sconfitta di Fini. Il primo scaccia il fantasma di un voto di sfiducia in grado di spalancare le porte a un possibile, per quanto complicato, governo di transizione e nel pomeriggio si può recare al Quirinale da Napolitano per "godersi almeno per un giorno la
vittoria", come ha ironizzato Bossi. Il secondo deve prendere invece atto che la sua creatura non ha retto alla prova della prima "resa dei conti" 2.

La debacle di Fli. Perché a dare una bella mano al premier sono stati proprio i finiani. Le opposizioni possono legittimamente denunciare la "compravendita" dei voti che ha portato tra le braccia di Berlusconi gli ex Pd Calearo e Cesario, oltre agli ex Idv Scilipoti e Razzi, ma resta il fatto che l'annunciata compattezza di Futuro e libertà non c'è stata e per un Moffa che ha preferito non votare, ben due deputati - Catia Polidori e Anna Maria Siliquini - hanno votato contro la stessa mozione di sfiducia che avevano sottoscritto appena pochi giorni fa, uscendo di fatto dal partito. Proprio Moffa, in serata, ha annunciato l'addio al gruppo di Futuro e libertà. Dimissioni in polemica con Bocchino e anche con Fini, che definisce "incompatibile" con il ruolo di presidente della Camera.

In Aula malgrado tutto. La "stoica" presenza in Aula delle parlamentari incinte Giulia Cosenza, Federica Mogherini e Giulia Bongiorno (si temeva potessero mancare, ma una è arrivata in ambulanza, un'altra in sedia a rotelle) sembrava essere di buon auspicio per il passaggio della sfiducia (guarda le foto 3). La speranza è durata però poco: che qualcosa nel partito del presidente di Montecitorio stesse andando per il verso storto si è capito già durante le dichiarazioni di voto, quando, a sorpresa, la Siliquini ha preso la parola per lanciare un affondo contro Fini quasi più duro di quelli arrivati sino a quel momento dai banchi della maggioranza. Dopo un'incomprensibile offerta di voto a sostegno della sfiducia in cambio delle richiesta dimissioni di Bocchino da capogruppo, la "colomba" Moffa ha preferito disertare sia la prima che la seconda chiama. E se l'ex Idv Razzi ha votato senza esitazioni contro la possibilità di mandare a casa Berlusconi, gli auto proclamati "responsabili" Calearo, Cesario e Scilipoti hanno invece votato solo alla seconda chiama, rimarcando così al premier l'indispensabilità per la sua sopravvivenza del loro cambio di casacca. Ma in una seduta segnata da cori "dimissioni-dimissioni" rivolti a Fini (l'ex colonnello Gasparri gli ha anche mostrato l'indice), dallo sventolio di tricolori e insulti vari, a scatenare la bagarre più violenta è stato l'inaspettato voto di Catia Polidori a sostegno dell'esecutivo. Sono volate parole grosse e i deputati Fabio Granata (Fli) e Giorgio Conte (Pdl) sono venuti anche alle mani, costringendo il presidente a sospendere la seduta per qualche minuto.

Successo tattico. La vittoria di Berlusconi è solo tattica però perché, come gli ricordano a caldo i vari Bersani, Di Pietro, Fini e persino Bossi, senza maggioranza assoluta e con appena tre voti di scarto non si può governare. Anche perché Fli annuncia che "d'ora in poi saremo una falange macedone, un esercito compatto", in grado di mettere in minoranza il governo in qualsiasi momento, a iniziare dall'imminente voto di sfiducia al ministro Bondi per lo scandalo del crollo di Pompei.

Le avance della Lega. A questo punto entrano quindi in scena i tanti dubbi che la giornata di oggi lascia sul tavolo. Incertezze che passano quasi tutte attraverso le scelte di Lega e Udc, le due forze che seppure da posizioni opposte hanno in mano il pallino della crisi. Il ministro Maroni ha ricordato che la maggioranza ha vinto una "prova di forza", ma le elezioni restano "sullo sfondo", perché la Lega non vuole fare la fine del "governo Prodi" e per governare servono numeri più ampi. "Vedremo - ha aggiunto - se Berlusconi riuscirà ad allargare la maggioranza ai moderati". Dato per scontato che un rientro di Fli nella maggioranza appare impossibile, resta l'ipotesi Udc.

Bossi si è affrettato a spiegare che da parte della Lega non esistono veti, semmai "il problema del federalismo, ma non basta". Al di là delle timide aperture del Carroccio è ipotizzabile però un ingresso dei centristi nella maggioranza? Casini è rimasto a lungo in silenzio, senza commentare l'esito del voto. Certo, lo schiaffo preso in piena faccia da Fini complica le sue ambizioni "terzopoliste", ma è sufficiente a cancellare quattro anni di opposizione e i tanti, troppi motivi di incompatibilità con la Lega e la frangia più aziendalista del Pdl? Sullo sfondo restano quindi le elezioni anticipate.

Casini: "Se si vota andiamo da soli". Ora Berlusconi ha il dovere di governare, dice il leader Udc Pier Ferdinando Casini gelando per il momento le ipotesi di allargamento della maggioranza all'Udc. Dopo la fiducia ottenuta oggi in Parlamento, Berlusconi ha "il dovere di governare. Se non sarà in grado di farlo si è lasciata aperta solo una strada: costringere irresponsabilmente il Paese alle elezioni. Sia chiaro che in quel caso siamo pronti a presentare agli italiani una proposta di governo alternativa al Pdl e al Pd". Casini ha chiarito che questa proposta alternativa sarà "concertata con le altre personalità e con i parlamentari che hanno dato vita alla mozione di sfiducia con noi. Con Fini certamente".

Divisioni tra Pd e Idv. Per Di Pietro visto che "la maggioranza politica che sosteneva il presidente del Consiglio non c'è più, prima si va a votare e meglio è", ma il Pd continua a frenare.

"Avevo detto che il massimo a cui poteva aspirare Berlusconi era una vittoria di Pirro - ha sottolineato il segretario democratico Bersani - Oggi c'è una maggioranza ristretta, l'opposizione si è allargata, il governo non ha la maggioranza assoluta e quindi c'è una situazione di instabilità conclamata e aggravata dovuta alla irresponsabilità di un capo di governo che non prende atto della situazione e cerca di sopravvivere con certi mezzi". "Noi - insiste Bersani - non cambiano di una virgola la nostra proposta, andare a votare adesso con questa legge elettorale facendo perdere un nuovo giro all'Italia è assurdo. La nostra è l'unica proposta seria in questo momento: governo istituzionale, legge elettorale e misure rapide a sostegno della grave situazione". Il Pd non deve guardardi però solo dai giochi in corso in parlamento, ma anche dall'attacco che arriva da fuori. Deve fare i conti infatti anche con l'attivisimo di Vendola. Il leader di Sinistra ecologia e libertà incalza e, dando in forte rialzo le possibilità di un voto anticipato a marzo, ricorda che "sono pronto a candidarmi alle primarie come premier del centrosinistra".

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