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Data: 07/05/2011
Testata giornalistica: Il Centro
Lo sciopero in Abruzzo (Teramo) - «Cancellare le norme sul precariato»

TERAMO. La rabbia dei lavoratori della provincia più colpita dalla crisi scende in piazza. Migliaia di partecipanti (2000 secondo la questura, 4000 per gli organizzatori) hanno sfilato tra le vie del centro per far sentire la propria voce e trovare una cura al virus della disoccupazione e della precarietà che negli ultimi tempi ha prodotto 12.039.086 ore di cassa integrazione, ridotto il 28,3% delle famiglie sotto la soglia di povertà, costretto il 73,3% dei pensionati a vivere con meno di 700 euro al mese e portato alla chiusura di 2721 aziende. Numeri che fotografano in modo impietoso la gravità del «caso Teramo».
Ecco perché allo sciopero di otto ore proclamato dalla Cgil, al quale hanno aderito tutte le sigle sindacali e anche esponenti di associazioni e alcuni segretari di partito, hanno voluto esserci in tanti.
Giovani, meno giovani, studenti (l'Unione degli studenti universitari ha sfilato mostrando lo striscione «L'università che muore») e pensionati arrivati in pullman da tutti i Comuni della provincia teramana si sono messi in movimento alle 10 da largo Madonna delle Grazie per poi fare tappa nella centralissima piazza Martiri della Libertà, dove si è tenuto il comizio conclusivo.
Nel lungo serpentone, oltre a cartelli e slogan, non è passata inosservata la presenza di una decina di operai del Senegal, rimasti senza lavoro per la chiusura di una fabbrica a Martinsicuro.
Durante il tragitto, a raccontare il suo dramma, è Antonio Fiorà, ex dipendente di una ditta di Bellante: «Sono disoccupato da ormai cinque anni. E' dura andare avanti. Sono sposato, ho due figli, uno dei quali frequenta l'università dell'Aquila. Per fortuna mia moglie lavora. Prospettive future? Anche l'età inizia a farsi sentire e trovare qualcuno che ti assuma è ancora più complicato». Sul palco di piazza Martiri, dopo l'intervento della coordinatrice dell'Udu Teramo, Monia Flammini, il segretario provinciale della Cgil Giampaolo Di Odoardo ha detto: «Siamo in ginocchio. Questa grande partecipazione è il segno tangibile della vastità di un'emorragia che va fermata adesso. Bisogna cancellare le norme sul precariato. Quando nel 2008 abbiamo lanciato l'allarme chi ci ha ascoltato?».
Concetti ripetuti da Gianni Di Cesare, segretario regionale della Cgil, che ha aggiunto: «Chiediamo delle risposte. Bisogna ridurre, per esempio, l'aliquota Irpef minima dal 23 al 20 per cento. Noi non staremo a guardare inermi quello che il governo farà con la manovra finanziaria perché se questa andrà avanti sarebbe la fine per l'Abruzzo».

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