«Sbaglia chi parla di "spallata decisiva al governo". C'è troppa politica e troppa demagogia intorno a questa consultazione, soprattutto sul merito dei quesiti. Perché il Paese ha bisogno dell'energia nucleare, se vuole rimanere fra le nazioni più industrializzate. E abbiamo bisogno pure dei privati nella gestione degli acquedotti, che non va lasciata all'inefficienza e al clientelismo di tante piccole società pubbliche». Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, si guarda bene dallo schierare il sindacato da una parte o dall'altra del fronte referendario. Ma non ha paura ad andare controcorrente nella valutazione dei singoli quesiti.
La Cisl finora non ha preso posizione né ha dato indicazioni di voto ai suoi iscritti. Perché?
Restiamo coerenti alla nostra linea di non dare indicazioni di voto, perché siamo fortemente contrari al continuo ricorso a questo strumento, che finisce con il privare il Parlamento della funzione che gli è propria e deresponsabilizzare ulteriormente la classe politica. Nell'ultimo trentennio se ne è abusato. Occorrerebbe alzare il numero di firme necessario per chiedere un referendum e comunque riservare la consultazione dei cittadini a questioni fondamentali o di coscienza, come storicamente sono state le votazioni sulla Repubblica, il divorzio o l'aborto. Detto questo, ogni iscritto Cisl farà le sue considerazioni, deciderà se e come andare a votare, esercitando la propria libertà.
Però un'opinione sul merito ve la sarete fatta. Sulla gestione dell'acqua ad esempio c'è chi sostiene che si privatizza l'accesso a un bene pubblico...
È incredibile come questa questione venga distorta, falsato il merito della consultazione. Sembra che qualcuno voglia vendere l'acqua come Totò la Fontana di Trevi... L'acqua è demanio pubblico e nessuno può né vuole venderla ai privati, non è in pericolo il servizio universale per i cittadini.
Insomma, la gestione da parte delle aziende private non vi spaventa?
Al contrario, sono le benvenute. In alcuni casi rappresentano l'unica garanzia per una maggiore efficienza, per un po' di concorrenza e per avere tariffe adeguate per famiglie e imprese. Con le dovute eccezioni, le municipalizzate sono spesso preda del clientelismo politico, scontano costi di gestione molto più elevati rispetto ai benefici offerti ai cittadini e la loro trasparenza è inferiore a quella che richiederemmo a delle imprese private. Basti pensare che per avere 100 litri d'acqua disponibili al rubinetto occorre immetterne 153 nella rete idrica, perché mediamente un terzo finisce disperso a causa dei deficit della rete sulla quale non si investe, anche per mancanza di risorse. Ecco allora che servono investimenti anche privati, gestione imprenditoriale, concorrenza fra diversi soggetti ed economie di scala con imprese più grandi e visioni meno particolaristiche.
Non c'è il rischio di speculazioni da parte dei privati, di aumenti ingiustificati delle tariffe, senza che i cittadini possano dire la loro?
Il sistema rimane in concessione, quindi è sempre il pubblico a dettare le regole, a impostare le gare per le imprese. Al contrario penso che così aumenteranno i controlli. Poi noi siamo pronti a impegnarci per costruire un sistema duale, con un consiglio di sorveglianza nel quale possano stare enti locali, rappresentanti dei lavoratori, e magari dei consumatori, con funzioni di indirizzo e controllo rispetto al consiglio d'amministrazione delle società di gestione.
Sul nucleare peserà soprattutto il disastro di Fukushima...
E invece dovremmo fare una valutazione razionale. E renderci conto che un Paese industrializzato come il nostro ha assoluto bisogno, per restare competitivo, di energia elettrica a basso costo. Quella che all'estero è garantita dal nucleare. Solo da noi c'è una così forte dipendenza dagli idrocarburi. Nonostante 25 anni di fiera opposizione al nucleare, infatti, non è stato sviluppato il ricorso alle fonti alternative. Perché? Io credo che ci siano enormi interessi intorno al monopolio di gas e petrolio che l'hanno impedito. Con la "complicità" anche di quegli ambientalisti a cui non va bene nulla: né il carbone pulito di Porto Tolle, né i rigassificatori, né le pale eoliche che rovinano il paesaggio. Perché non si discute mai seriamente del piano energetico nazionale?
Però, segretario, non negherà che il nucleare spaventa, i timori sulla sicurezza non sono infondati.
Per carità, la cautela è d'obbligo. Ma quando ragioniamo di sicurezza dobbiamo farlo a tutto tondo: qual è la sicurezza che l'attuale sistema basato sul petrolio ci assicura in termini di dipendenza dall'estero, di alti costi per le aziende e i cittadini, di inquinamento durante le fasi di lavorazione e poi di consumo?
C'è infine la questione più politica del legittimo impedimento. Cosa ne pensa?
Mi limito ad osservare che in passato c'è stata probabilmente una improvvida forzatura quando si decise la cancellazione dell'immunità parlamentare. E ad ogni forzatura purtroppo ne segue una opposta e più forte. Preferirei comunque che fosse il Parlamento a esaminare con serenità tali questioni con garanzie per tutti.
Eppure la Cgil chiede un voto per «dare la spallata decisiva al governo».
Un errore grave da parte di un sindacato. Sono assai scontento di come il governo sta agendo, ma esercito il mio ruolo di sindacalista continuando a ricercare il confronto per risolvere i problemi di lavoratori e cittadini. Non cerco spallate improprie. Sostituirsi ai partiti di opposizione o adulterare caratteri e funzioni del sindacato fa solo male alla democrazia e alla stessa rappresentanza sociale.
Ma lei pensa che, se si raggiungerà il quorum e se vinceranno i sì, il governo entrerà effettivamente in crisi?
In verità non penso che dipenda dall'esito di questi referendum. La crisi ci sarà se i partiti della maggioranza valuteranno che conviene loro concludere l'esperienza di governo. I nodi sono tutti interni alla maggioranza. Spero solo che ci vengano risparmiati i soliti teatrini. Sempre più costosi per il Paese.