La Cgil: norme da incubo. Cisl, Uil, Ugl: una provocazione
ROMA Superato il test europeo, Silvio Berlusconi è tornato in Italia ed ha trovato ad aspettarlo un sindacato pronto a dare battaglia. Unito come mai lo è stato negli ultimi mesi, se non addirittura negli ultimi anni. «No ai licenziamenti facili, senza se e senza ma». E' la linea del Piave di Cgil, Cisl, Uil, Ugl. Pronte a far scattare lo sciopero generale e la mobilitazione di massa. «Il progetto dell'esecutivo è una istigazione alla rivolta», avverte il leader della Cisl, Raffaele Bonanni. «Sarà rivolta sociale, è inevitabile», scrive «Rassegna sindacale» il settimanale della Cgil. Per Uil e Cisl lo sciopero generale è semplicemente «inevitabile».
Confederazioni compatte contro la norma che dovrebbe rendere più flessibile il mercato del lavoro, soppiantando in pratica l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Un caposaldo, o un totem - dipende dai punti di vista - che costituisce l'autentico architrave della legge 300. E su questo architrave si potrebbe combattere la classica «madre di tutte le battaglie» anche se il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, si è subito preoccupato di annunciare l'apertura di un tavolo di confronto. Certo è che il risultato dell'altra notte ha ricompattato lo schieramento confederale anche se poi all'interno dello stesso le diverse «sensibilità» sono già emerse. Vero è che tutte e quattro le sigle hanno minacciato lo sciopero generale, ma la Cgil - almeno in ordine di tempo - è stata la prima a farlo, invitando nel contempo all'adesione anche Cisl e Uil. Ed a Bonanni come ad Angeletti non sono piaciuti i «solleciti» arrivati da Susanna Camusso: non può essere corso d'Italia a dettare l'agenda dei lavori. Ecco perché i segretari generali di via Po e via Lucullo ieri mattina si sono visti per concordare un documento che boccia la lettera inviata dal governo alla Ue, ma che è anche una presa di distanza nella forma, se non nella sostanza, rispetto alla Cgil. Tanto è vero che il documento è firmato da Cisl, Uil e Ugl. Possibile che dopo gli accordi separati si possa andare anche a scioperi separati.
Poi nel merito tutti, ma proprio tutti, concordano sulla impossibilità di accogliere i contenuti del pacchetto presentato alla Ue. Primo tra tutti l'intervento sui licenziamenti facili. Mentre al momento è meno devastante la questione della previdenza: non è cambiato nulla rispetto alle misure immaginate ad agosto da palazzo Chigi.
Va ancora giù duro Susanna Camusso per la quale la lettera dell'esecutivo alla Ue è «una somma di luoghi comuni» e contiene attacchi mirati a tutto il mondo del lavoro. Secondo il segretario confederale, Fulvio Fammoni, il pacchetto contiene «norme da incubo». In una nota unitaria, Cisl, Uil e Ugl ricordano come finora le loro proteste «siano state limitate per senso di responsabilità al sabato e fuori dell'orario di lavoro», ma ricordano pure che le regole che l'esecutivo vorrebbe introdurre costituiscono «un grave errore ed una inaccettabile provocazione nei confronti del sindacato». Come dire che anche la pazienza ha un limite. Oltre tutto le tre sigle puntualizzano come certe decisioni non siano state minimamente concordate. Quindi, lo sciopero generale più che una possibilità sembra diventare sempre più una certezza.
Intanto oggi prove generali: questa mattina la Cgil manifesterà con i pensionati in piazza del Popolo, quasi in contemporanea con un'altro sit-in organizzato dalla Uil a piazza Santi Apostoli in difesa dei diritti del pubblico impiego.