Ottomila in corteo con la Cgil contro la crisi: in Abruzzo 30mila famiglie impoverite «Non arriviamo a fine mese»
PESCARA Quattrocentoventisette crisi aziendali aperte, trentamila famiglie sotto la soglia della povertà, quindicimila persone si sono rivolte al Banco Alimentare e alla Caritas, 24 milioni e 600 mila ore di cassa integrazione con trentamila persone coinvolte e disoccupazione passata dall’8 al 13 per cento negli ultimi anni. Solo freddi numeri che parlano di un forte disagio sociale in Abruzzo e che ieri mattina si sono trasformati nei volti e nelle voci di circa ottomila lavoratori, disoccupati, sindacalisti, cassaintegrati, pensionati, studenti e disabili che hanno manifestato la loro contrarietà alle decisioni prese a livello governativo con il decreto stabilità e con il disegno di legge ex Aprea e dalla politica (definita troppo retorica, ndr) messa in atto dal presidente regionale Gianni Chiodi, manifestando in corteo lungo le strade di Pescara. Il corteo. L’appuntamento era alle 9.30 in piazza della Marina. Da tutte le province abruzzesi sono giunti in autobus migliaia di persone: c’erano, tra gli altri, i lavoratori della Sixty di San Giovanni Teatino, quelli della Micron di Avezzano, gli operai della Matex di Montesilvano, quella della Menarini Dompè, i pensionati dello Spi Cgil, i segretari regionale e provinciale della Cgil Gianni Di Cesare e Paolo Castellucci, e con loro tutti quelli di categoria e le Rsu aziendali. Diversi sindaci con la fascia tricolore, consiglieri regionali, provinciali e comunali. Tra striscioni, bandiere, cartelli, balli e canti si è partiti intorno alle 10. Dopo essere passati lungo le vie della città, il corteo è giunto al palco di piazza Sacro Cuore dove si è conclusa la manifestazione. La prima a parlare col microfono è stata Carla Cantone, segretario generale dello Spi-Cgil: «Vorrei mandare un telegramma a tutti quelli che pensavano che questo sciopero, organizzato solo dalla Cgil, sarebbe stato un fallimento. I destinatari di questo telegramma, lo dico sommessamente, sono anche la Cisl e Uil». Una partecipazione davvero di massa quella di ieri lungo le strade del capoluogo adriatico, che evidenzia uno stato di disagio vissuto da molte famiglie e lavoratori abruzzesi. Dietro ognuna delle persone che hanno scioperato per otto ore c’è una storia fatta di sacrifici, difficoltà e problemi legati al lavoro e ai soldi. Le storie. Dopo uno nel 1994, l’anno successivo venne assunto giovanissimo alla Micron di Avezzano. Il sogno della vita si era realizzato, ma oggi quel mondo si è infranto per Roberto Di Francesco, 38 anni di Civitella Roveto, marito e padre di tre figli ancora piccoli. «Ho avuto la fortuna di prendere la cassa integrazione da 900 euro», racconta, «ma riuscire a vivere è molto complicato. Abbiamo tagliato tutte le spese, ma riusciamo ad andare avanti solo con l’aiuto dei genitori». Ormai da aprile non vede più un euro e anche per lui, con moglie e tre figli, è davvero complicato far quadrare i conti di casa a fine mese. Angelo Marusco di Bucchianico lavorava da venti anni per la Matex di Montesilvano, oggi scaduta la cassa integrazione in deroga ad aprile, non percepisce più un euro. «Abbiamo tagliato tutto», dice, «viviamo con i mille euro di mia moglie, ma non conduciamo più una vita dignitosa. La cosa più complicata è far capire ai figli che la situazione è cambiata. Menomale che ho la casa». Dopo 14 mesi di cassa integrazione a 850 euro al mese ha ormai speso tutti i suoi risparmi Paola Di Fabio di Pescara, che faceva la grafica alla Sixty: «Per altri ventuno anni dovrò pagare 500 euro della rata del mutuo, ma ormai ho eroso tutti i miei risparmi e non so come farò d’ora in poi. Sarò costretta a chiedere aiuto. La cassa integrazione forse durerà ancora fino a dicembre, poi ci sarà la mobilità. Il futuro lo vedo molto negativo, probabilmente dovrò andar via e reinventarmi». Nella sua stessa situazione anche Paolo, un dipendente Sixty dell’area informatica di 46 anni: «Con 800 euro di cassa devo pagare 300 euro di mutuo e viverci, davvero complicato».