Si credeva Gabriele d’Annunzio, con i soldi della cultura spendeva e spandeva: bottiglie di champagne, soggiorni in albergo. Così l’assessore pdl alla cultura della Regione Abruzzo, Luigi De Fanis, è finito agli arresti domiciliari con l’accusa di concussione, peculato e truffa aggravata per presunte tangenti, nell’ambito dell’inchiesta denominata «Il Vate».
I reati si riferiscono, a vario titolo, all’elargizione di fondi per manifestazioni culturali e, in particolare, all’erogazione di contributi regionali destinati agli eventi celebrativi dell’anniversario dei 150 anni dalla nascita di Gabriele d’Annunzio. Le accuse sono tutte da provare, ma intanto De Fanis ha rassegnato le dimissioni. Anche Vasco Errani si crede un po’ Vate: il presidente della Regione Emilia-Romagna ha a disposizione due auto blu, una come presidente, l’altra come consigliere. Sono troppe? La Guardia di finanza indaga.
Tutti Gabriele d’Annunzio, tutti amanti delle spese pazze. La magistratura è al lavoro in Liguria (si è dimesso il presidente del Consiglio regionale, Rosario Monteleone, accusato di aver presentato richieste di rimborsi senza i relativi giustificativi), in Lombardia (facevano regali di nozze con soldi pubblici), in Sardegna, in Friuli, in Emilia-Romagna, in Calabria, in Campania... Già si parla di «Regioni a delinquere»: più della metà dei 20 parlamentini italiani sono sotto inchiesta per spese gonfiate o truccate a danno dei cittadini. Stando solo agli ultimi tre anni, l’accusa di peculato riguarda 280 politici su 1.356 tra presidenti, assessori e consiglieri regionali. È record mondiale.
Tutti dannunziani, a partire da Franco Fiorito, «Er Batman» di Anagni. Gli indagati considerano i soldi pubblici, quelli assegnati ai gruppi dalle giunte, comprese le famose spese «di rappresentanza», come un bancomat personale per il piacere: caffè, massaggi, camere d’albergo, orologi d’oro, tablet, profumi e balocchi.
Forse, a pensarci bene, andrebbero abolite le Regioni, non le Province. Forse le prediche contro gli sprechi servono a poco, se non si chiude il rubinetto. Forse chi ci rappresenta, ci rappresenta così bene da credere che una disonestà ne renda necessarie molte altre.