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Pescara, 25/11/2024
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03/12/2013
Il Centro
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«Quei tre banditi potevano uccidermi» Roseto, Vannucci racconta al Centro la paura provata, i pugni e le minacce subiti e confessa di aver invocato la Madonna |
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ROSETO La prima cosa che si avverte ancora, entrando in casa di Ezio Vannucci, a Roseto, è l’odore acre che scaturisce quando si usa una mola. Un odore che si fa più pungente nella camera da letto dove lo sguardo cade sul taglio netto con cui è stata aperta in due la piccola cassaforte svuotata dai banditi. Vannucci è disteso sul divano coperto da un plaid e accenna un sorriso mentre si fa fotografare accanto alla moglie e alla figlia. Ma sul volto dell’assessore provinciale sono ben visibili i segni delle violenze subite, poco dopo le 18 di domenica, da tre malviventi dell’Est Europa che hanno fatto irruzione nella sua abitazione per rapinarlo. Sono entrati da una finestra, lo hanno picchiato, minacciato di morte e sequestrato per mezz’ora. L’assessore trova la forza per raccontare quei minuti di terrore. «Ero da solo in casa. La mia primogenita, Mariangela, era ripartita intorno alle 16 per Avezzano (dove si sta specializzando come medico, ndc), mentre mio figlio Orazio e mia moglie Anna Marcella si trovavano in parrocchia per celebrare i 20 anni dell’Azione cattolica di Roseto. Verso le 17,15 mi sono alzato dal divano per andare in cucina. Volevo prendere un bicchiere d’acqua per mandare giù una pillola. Le porte erano chiuse, non potevo sentire o vedere quello che accadeva nelle altre stanze». Ma un rumore improvviso attira l’attenzione di Vannucci che si affaccia sul corridoio. Eccoli i banditi: hanno i volti coperti: «Ho visto tre persone incappucciate che mi si sono fatte incontro. Ho pensato ad uno scherzo, ma immediatamente dopo ho realizzato che si trattava di malviventi. Ma non ho fatto in tempo a dire una sola parola perché mi sono sentito colpire con violenza al volto e alla nuca. Poi mi hanno afferrato per un braccio trascinandomi in camera dove mi hanno fatto sedere sul bordo del letto». Lì, uno dei tre gli ordina: “Non urlare, apri la cassaforte altrimenti ti ammazziamo”. «Mentre pronunciava queste parole mi ha mostrato un grosso cacciavite facendomi capire che stavano facendo sul serio». Vannucci racconta la sua paura: «In quel momento mille pensieri si sono affollati nella mia mente. Ma, nonostante la drammaticità della situazione, mi sono sentito estremamente lucido e ho cercato di far capire ai tre che dovevano stare calmi perché non avrei opposto alcuna resistenza. Ma mentre dicevo queste parole mi sono reso conto che io non ero in grado di aprire la cassaforte perché è un’operazione di cui si occupa sempre mia moglie. Ho pensato a una loro reazione estrema: ho avuto paura che potessero uccidermi. Invece i tre banditi, con determinazione, hanno preso la mola e in pochi minuti hanno tagliato in due lo sportello della cassaforte arraffando tutto quello che c’era dentro. Il resto degli oggetti preziosi (un paio di orologi) stava in bella vista sul comodino: presi anche quelli». L’assessore confessa di aver anche pregato: «Il pensiero che mi dava maggiore angoscia era che potevano tornare, da un momento all’altro, mia moglie e mio figlio e che avrebbero potuto incontrare i malviventi. È stato allora che mi sono rivolto alla Madonna, pregandola di far tornare i miei a casa solo quando tutto era finito». Gli ultimi istanti: «Terminato il lavoro, i banditi sono andati via passando dall’ingresso principale. Forse sotto c’era un complice ad attenderli. Loro fuggono e mio figlio è torna. E’ stato lui a chiedere aiuto, a me sono mancate le forze. In seguito mi ha raccontato di aver perso tempo perché è stato costretto a fare tre volte il giro dell’isolato per trovare un parcheggio (domenica c’era il derby di basket tra Roseto e Chieti, e la casa di Vannucci è molto vicina al Palasport, ndc). Non è stato un caso ma un miracolo. Sono convinto che la Madonna ha ascoltato la mia supplica».
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