ROMA «Si trovi un’intesa altrimenti la rabbia contro i partiti aumenterà». Ci prova Pietro Grasso a incalzare le forze politiche dopo l’ultimo stallo sulla legge elettorale. Il rinvio della scorsa settimana ha il sapore della melina, l’ennesimo stratagemma per nascondere le divisioni tra i partiti. Sembra che non sia servito neppure lo spauracchio della Corte costituzionale che ieri ha cominciato l’esame del Porcellum, conseguenza del ricorso trasferito dalla Corte di cassazione e sollevato da un cittadino. Ieri l’udienza pubblica e i giudici costituzionali da stamani si riuniscono in camera di Consiglio. Devono valutare prima di tutto la legittimità del ricorso e qualora questo venga accolto, decidere nel merito. In questo caso la valutazione della Consulta potrebbe prendere strade più complicate e lunghe e dunque potrebbe essere necessario fissare una nuova camera di consiglio per la quale la prima data utile è quella di metà gennaio. I dubbi di costituzionalità sollevati in prima battuta dall’avvocato Aldo Bozzi e giunti inaspettatamente davanti alla Corte, riguardano il premio di maggioranza e le liste bloccate: secondo il ricorso, sottraggono all’elettorale la facoltà di scelta. In caso di rinvio ci sarebbe un supplemento di tempo per i partiti che stanno inseguendo un accordo dai tempi del governo Monti: «Non solo non riusciamo ad ucciderlo ma il Porcellum pure quest’anno mangerà il panettone» dicono in una battuta i parlamentari più scettici che vedono nello stallo una precisa scelta politica. L’appello del presidente Grasso, ieri ha preso di mira tutti: «I gruppi parlamentari non riescono a trovare un accordo politico, dimostrando di non sentire la marea montante di una rabbia che si riverserà più forte di prima, contro tutti i partiti». Lasciare intatto il Porcellum alimenta l’anti politica e peggiorerà la già precaria fiducia dei cittadini nelle istituzioni. Per questo il presidente del Senato ha annunciato che «se lo stallo dovesse continuare non esiterò un attimo a trasferire questo tema alla Camera dei deputati». Grasso è consapevole che a Palazzo Madama gli equilibri per conseguire un ampio consenso, sono più difficili da raggiungere ma spiega che l’urgenza di una modifica si è fatta «ineludibile» e dunque deve essere trovata ogni soluzione possibile per arrivare al risultato. Alla virata verso Montecitorio, plaudono i parlamentari renziani che negli ultimi giorni hanno aumentato il pressing per mandare in soffitta la “legge porcata”. Con l’eccezione di Beppe Grillo che teme modifiche che mettano in isolamento il suo movimento, in teoria tutti dichiarano di volerla cancellare ma quando si è arrivati a stringere, in commissione Affari Costituzionali, i partiti si sono trovati davanti a uno scoglio. Nessun intesa neppure per indicazioni generiche alle varie bozze come la scelta tra maggioritario o proporzionale, ritorno al Mattarellum o la previsione di un doppio turno. I primi ad aver chiesto di spostare nell’altro ramo del parlamento la legge elettorale, sono stati gli uomini di Matteo Renzi che contando sul maggior peso dei deputati del Pd vorrebbero provare a forzare la mano. Posizioni accompagnate dalla scelta radicale del vicepresidente della Camera Roberto Giachetti che per perorare la causa è arrivato al 58° giorno di sciopero della fame. «Approvare la nuova legge entro le elezioni europee di fine maggio, almeno nella prima lettura» è il termine fissato dal sindaco di Firenze ieri. Una data che sembra fatta apposta per allungare la vita al governo Letta e smorzare gli ultimi assalti a Palazzo Chigi.