ROMA Palazzo Chigi replica a brutto muso alle critiche di Olli Rehn, commissario europeo per gli Affari economici e monetari, secondo il quale l’Italia è indietro nel processo di tagli alla spesa, recupero di competitività e rispetto del parametri Ue. Lo affianca, seppur indirettamente, anche Giorgio Napolitano che coglie l’occasione della visita in Italia del presidente croato Josipovic per chiedere un cambio di passo nella politica europea: «A livello delle istituzioni europee si impone una correzione di rotta e un impegno nuovo per promuovere la crescita e l’occupazione. Anche nel rapporto deficit-Pil se possiamo dichiararci soddisfatti e orgogliosi per lo sforzo di risanamento, d’altra parte lo stesso rapporto viene influenzato fatalmente dalla mancata crescita». Interviene da New York anche il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, che per un verso spiega che nelle parole di Rehn «non c’è nulla di nuovo, ha ripetuto esattamente quello che c’era nel testo dell’opinione della Ue di 15 giorni fa»; e dall’altro in una intervista al Wall Street Journal annota: l'uscita di Silvio Berlusconi dal Parlamento italiano «dovrebbe rendere più facile per il governo spingere per le necessarie riforme economiche».
«CONTI IN ORDINE»
Assai più dettagliata, come ovvio, la risposta di Enrico Letta, che respinge punto per punto le affermazioni di Rehn. «Al commissario Ue dico che i nostri conti sono in ordine e solo l’Italia e la Germania hanno da tre anni il Pil sotto il 3 per cento», spiega il premier. Che aggiunge: «Siamo sulla linea del giusto equilibrio dei conti e di una ripresa che non va soffocata. Le annunciate privatizzazioni e la spending review vanno fatte ed è esattamente quello che faremo, sono capitolo fondamentale dell’azione di governo». Poi la stoccata: «C’è una contraddizione nei termini usati da Rehn che, come commissario, ha il dovere di essere garante dei trattati europei. Trattati nei quali non è contemplata la parola scetticismo, un tema che appartiene al dibattito politico. Rehn deve parlare di stabilità, di equilibrio finanziario. Lo scetticismo fa parte di un’altra categoria del dibattito politico che anche lui può usare ma togliendosi la giacca da commissario altrimenti si troverà un Parlamento europeo carico di populismi e di euroscettici». L’affondo di Letta si conclude così: «Il segnale è che l’Italia fa sul serio, è finita la crescita del debito e dal 2014 inizierà a scendere con privatizzazioni e con le misure inserite nella legge di stabilità».
Immediata controreplica del portavoce del Commissario Ue, Simon O’Connnor: «Quello del realistico scetticismo è un approccio che si applica a tutti i Paesi». Interviene anche Matteo Renzi: «L’Europa non è il Vangelo. Non è possibile che non posso costruire una scuola perché c’è il patto di stabilità. Col piffero che continuo a seguire il patto di stabilità se l’Europa è in mano ai burocrati. E poi basta con la dittatura delle agenzie di rating».