|
|
|
Pescara, 25/11/2024
Visitatore n. 740.949
|
|
|
|
|
|
04/01/2014
Il Centro
|
«Porti, ferrovie e buona formazione Solo così si cresce». Parla Marcovecchio, presidente della Pilkington di San Salvo «Qui si litiga ancora tra Ortona e Vasto, basta campanilismi» |
|
SAN SALVO Nell’ultima tornata elettorale Graziano Marcovecchio, presidente di Pilkington Italia Spa, abruzzese di Cupello, è rimasto 20 minuti in cabina elettorale prima di decidere a chi dare il suo voto. Perché in un paese in cui la politica non decide mai, non colpisce le rendite, non premia chi lavora difendendo le lobby, per un imprenditore a capo di una multinazionale con sedi nel mondo non è facile dare fiducia a chi promette di cambiare e alla fine non cambia nulla. Dal 1994 il gruppo produce di vetri per auto (di cui rifornisce i maggiori costruttori di auto in Europa e nel mondo) ha lo stabilimento più grande a San Salvo. Il gruppo lotta da due anni circa per uscire dalla crisi e a San Salvo per i prossimi due anni i dipendenti andranno a rotazione in solidarietà. Per invertire la rotta della crisi economica secondo Marcovecchio bisogna che i governi nazionali e regionali prendano poche decisioni, ma «buone»: la riconferma degli ammortizzatori sociali, una politica energetica seria, l’abbattimento del cuneo fiscale, una logistica efficace, infrastrutture funzionanti e la riforma dei consorzi industriali. C’è qualcosa nel “sistema-italia” che si salva? «Sì, gli ammortizzatori sociali. Nella competizione internazionale è uno strumento che gli altri paesi non hanno, molto utile ad aiutare l’azienda a prendere tempo in una situazione di crisi. Nell’ottica di una multinazionale avere la possibilità di ricorrere agli ammortizzatori sociali permette di decidere, ad esempio, di chiudere altrove invece che in Italia. E’ capitato anche a noi: nell’ottobre scorso abbiamo chiuso lo stabilimento che produceva tettucci per auto in Svezia, trasferendo la produzione in Italia». Cosa deve fare un governo per non far fuggire le multinazionali? «Le questioni da affrontare sono sempre le stesse. Il costo energetico, troppo alto rispetto alla media europea. In Italia non abbiamo una politica energetica seria, invece, dobbiamo essere capaci di costruire una politica energetica, pensarla e ragionarla nel pieno rispetto dell’ambiente, e non dire soltanto dei no. E’ un tema decisivo per la competizione delle imprese e della manifattura italiana, ma nella Legge di Stabilità c’è solo un pourparler. Poi, c’è il grande problema del costo del lavoro alto, che non lascia un potere reale d’acquisto sui salari dei nostri lavoratori e sul quale si è fatto veramente poco. Un tema sul quale danno più risposte le imprese: quest’anno è stato rinnovato il Contratto collettivo del vetro per un valore 5 volte l’effetto del cuneo. Va poi premiato chi lavora e chi produce il lavoro e bisogna stanare la rendita. Non è più possibile, oggi, permettersi lobby o club protetti. Non è possibile che 800 miliardi della Legge di Stabilità vadano al welfare». Quanto influisce sull’efficienza di una multinazionale la mancanza di una logistica efficace? «Moltissimo, perché siamo lontani dai nostri mercati. Noi esportiamo l’80% di quanto produciamo e la logistica è fondamentale. Ma non c’è mai stata una politica premiante dei trasporti; in Abruzzo il porto nemmeno c’è e litighiamo tra Ortona e Vasto. Adesso in Confindustria c’è stata la fusione tra Chieti e Pescara, a dimostrazione che i campanilismi si possono superare e le decisioni si possono prendere. Questi gap rispetto ai paesi concorrenti, come la Polonia, più vicina ai mercati di riferimento (Germania, Francia, Belgio, Inghilterra) ci danneggiano». E la politica non decide. «Il mondo della politica non dice no e non dice sì. Mentre il mondo dell’impresa vuole una risposta. Anche negativa: almeno si consente di costruire un’alternativa». Quali sono, a suo parere, le priorità da affrontare a livello regionale? «Tra le molte, c’è bisogno di completare la Fondovalle del Sangro: sono 20 anni che non si completa. Poi va decisa una progettualità portuale e bisogna rilanciare il trasporto ferroviario e su nave. Ho sollecitato iniziative, ad esempio la realizzazione di un treno regionale, raccogliendo vagoni non utilizzati in tutta la regione, come ha fatto l’Emilia Romagna. Ora spediamo prodotti col camion fino a Sassuolo e da lì verso l’Europa. Ma sulle opere infrastrutturali le risposte sono troppo lunghe. Prendiamo ad esempio la Tav: la lentezza della sua realizzazione influisce anche sugli stabilimenti italiani della Pilkington. Io voglio sapere se ci sarà passaggio o meno in quel punto». Nonostante tutto, la pilkington riesce a essere competitiva. come ci riesce? «Per il know-how accumulato, grazie alle capacità delle nostre maestranze e alle grosse tecnologie adottate che premiano sul mercato. Le caratteristiche del vetro sono cambiate molto rispetto al passato: dall’elettronica allo styling, fino all’incapsulaggio». Quanto è importante investire nelle nuove generazioni? «Moltissimo. Abbiamo bisogno di maestranze sempre più qualificate. Seguiamo progetti di “scuola aperta”, per facilitare i ragazzi all’orientamento scolastico per farli tornare ‘utili’ a noi in futuro. Ma ci vuole una cultura del merito che anche gli imprenditori possono contribuire a diffondere. A dicembre, ad esempio ho premiato dieci figli di dipendenti che si sono laureati con 110 e lode».
|
|
|
|
|