Governatore Chiodi: il 3 gennaio è scaduto il mandato ricevuto cinque anni fa. Non si poteva fare di più? Con quella maggioranza vi siete accontentati di fare l’inevitabile, si poteva andare a tamburo battente.
«Ma siamo andati a rullo, su tutto. Ridotte le tasse, il debito, in sicurezza il sistema sanitario. Ridotti i costi della politica. Non sono riduzioni marginali: il debito si è abbassato del 25%. Siamo la Regione con i costi della politica più bassi. Non era tutto scontato: sulla sanità siamo migliorati, altre Regioni no. Le critiche dei tavoli di monitoraggio? Fanno parte del rientro».
Sui trasporti però ha la legge e la riforma non si fa.
«Aggregare le aziende non è sufficiente per rendere sostenibile il sistema dei trasporti. I sindacati lo sanno: l’accordo va avanti con un miglioramento della produttività delle aziende. Se qualcuno pensa che la mera fusione sia la panacea, sbaglia. Non è vero che nulla è stato fatto: stiamo facendo i costi standard, abbiamo rifatto le percorrenze e gli atti preliminari. La fusione secca ha portato al disastro l’Umbria».
Anche sui consorzi idrici siete stati morbidi.
«La Regione non può intervenire per legge nei debiti dei consorzi e non può commissariare. I consorzi: hanno elaborato un sistema che prevedeva tariffe basse e investimenti alti. E sono esplosi i costi. A nostro merito va l’azione di moral suasion sui Comuni, sono arrivati manager in Aca, Cam e Ruzzo che hanno competenze per portare avanti piani industriali reali».
Si poteva arrivare prima.
«L’abbiamo detto a sindaci e gestori: poi, rivista l’inerzia, abbiamo sollecitato l’opinione pubblica. E comunque il rimprovero che viene da coloro che hanno determinato questo dissesto mi pare peloso».
Come mai non c’è il secondo scatto annunciato sul taglio delle tasse dall’avanzo nella sanità. Ci sono dubbi?
«Arriverà tra il 2015 e il 2016 quando avremo finito di pagare le cartolarizzazioni del 2005. Il taglio è confermato ma va autorizzato da Roma. Ho tagliato i fondi per la sanità? No, spendo più del 2008 ma spendo in modo diverso, prima avevamo cinque neurochirurgie e zero hospice. Ora meno neurochirugie e 154 milioni di euro in più per l’assistenza territoriale. E’ un’opera epocale, investiremo 45 milioni in tecnologia e 9 in più in costo del personale. Il risanamento libera risorse».
Gli accordi di confine predicati da Baraldi e Zuccatelli: non se ne è visto uno.
«Noi abbiamo un saldo positivo con il Molise e con il Lazio. Il problema è con le Marche e nella provincia di Teramo perche perché per il resto è accettabile. Le Marche, ovvio, non vogliono l’accordo di confine. Stiamo facendo pressione sulla Conferenza delle regioni per questo. Contestualizziamo però la mobilità passiva: il saldo in rosso è di 67 milioni in una spesa di 2,4 miliardi. La singolarità è che il saldo negativo della mobilità è nelle stesse cure per cui siamo in attivo con Lazio e Molise. Comunque l’incremento del saldo si è arrestato e la nostra reputazione sta risalendo: nel 2008 dicevano che eravamo falliti... oggi il piano di rientro è completato».
Ma il commissariamento non si sblocca.
«Finanziariamente l’equilibrio c’è, sui Lea non c’è il punteggio necessario e poi c’è un altro fatto: i ministeri della Salute e dell’Economia temono che si riprendano cattive abitudini».
Lo sforzo per la sanità ha distolto l’attenzione sui problemi strategici. I corridoi europei ci girano intorno.
«Mi meraviglia che se ne parli oggi. E’ un percorso iniziato nel 1994 è finito nel 2005. Le Marche hanno ottenuto la bretella Bologna-Ancona? Ci vuole il sostegno dello Stato. Una regione non fa modificare da sola un corridoio europeo».
Ripartite dal progetto iniziale: Abruzzo crocevia dei corridoi nord-sud ed Est-ovest: la strada per Roma c’è.
«Ci stiamo lavorando, ma lo Stato ci deve aiutare. Le Marche sono partite per tempo, quando qui si pensava a saccheggiare i bilanci pubblici».
Le infrastrutture sono cruciali. Chi fa impresa si gioca mercati e competitività su questo.
«Non concordo. La Turchia ha meno infrastrutture e cresce di più. Per le strade siamo avanti, per le ferrovie indietro. Ma io dico: bene che Ancona inizi a vedere i treni più veloci: per arrivare a Pescara e Bari bisogna passare da Ancona».
La competitività si gioca anche sulle politiche energetiche: scartato il petrolio cosa offrite alle imprese?
«Siamo otto anni in anticipo sul target per la produzione di energie da fonti rinnovabili. Una quota bassa? Ma noi siamo l’Abruzzo. Ombrina? I benefici per l Abruzzo erano inferiori agli svantaggi».
Avete istituito 12 poli di innovazione: persino quello dell’internazionalizzazione»: avete accontento tutti?
«Può darsi. Ma eravamo così indietro rispetto a quelle che sono le capacità del nostro sistema di fare rete che ci è sembrato già un passo rivoluzionario del quale rivendico ogni merito. I poli li abbiamo studiati con le imprese sganciando una delle palle al piede dell’Abruzzo: la frammentazione imprenditoriale. E’ una rivoluzione: nel 2009 non ci credeva nessuno».
Il dg Dal Mas di Banca Adriatico parla di strozzatura antistorica per l’accesso al credito con il passaggio dei fondi di garanzia.
«Lo vedremo. Potrebbe essere così ma potrebbe essere anche che si tratti di una questione tra concorrenti».
In questi cinque anni in Abruzzo si è vista troppa burocrazia e poca politica dal punto di vista strategico.
«Non lo accetto. Quando abbiamo gestito le emergenze, sanità, crisi mondiale e terremoto non abbiamo smesso un attimo di programmare il futuro. La governance del sistema Abruzzo oggi è irriconoscibile: enti chiusi o riformati. Poi la sanità, la politica industriale intervenendo dove c’era arretratezza culturale. Questa è visione politica, compresa la riduzione delle tasse. Il fatto che non abbiamo fatto la politica delle fumisterie non autorizza a dire che non c è stata visione politica».
Un quarto della giunta con problemi giudiziari. Non è un po' troppo?
«Qui in passato diversi amministratori sono stati oggetto di provvedimenti cautelari. Al di là di questo, c’era un comportamento nella cosa pubblica eticamente discutibile. Vediamo i nostri: per la Stati è caduta l’accusa di corruzione. Per Venturoni si tratta di esperienze precedenti la sua esperienza regionale. L’ultima, quella di De Fanis, se confermata, è molto grave. Nel complesso, nell’uso delle risorse pubbliche e negli atteggiamenti c è stata una svolta rispetto al passato dell’Abruzzo».
In Sardegna il governo scade a febbraio e si vota a febbraio. Qui no.
«Noi volevamo riallineare l’assetto elettorale e sprecare meno».
Vi siete nascosti dietro alla spending review per votare con le europee.
«Falso, tutti sanno che io volevo votare a novembre. C’è stata una volontà forte della maggioranza ma anche della minoranza che sulla legge si è astenuta. Non ci vedo niente di male».
Un consiglio regionale che non può legiferare per tre mesi non è il massimo.
«Non è vero, la norma c’è sempre stata e non ha impedito il precedente consiglio regionale di deliberare fino a 15 giorni prima del voto. Va motivata la legge. E poi non c’è solo il Consiglio, c’è pure la giunta. E ci saranno leggi importanti».
La legge sul terremoto?
«Saranno ribaditi i criteri della legge nazionale e poi ci saranno degli aspetto programmatori di area vasta che torneranno ad essere di competenza della regione».
Sia dia un voto.
«Non mi giudico da solo. Però le cose che ci chiese Confindustria in campagna elettorale le abbiamo fatte: risanare la sanità, alleggerire le tasse e l’indebitamento e chiudere i carrozzoni. Dico di più: sui rifiuti ci davano per la prossima Campania. Invece non solo non siamo la Campania, ma abbiamo fatto la legge che sfoltisce gli operatori e siamo al 42 per cento di differenziata».
Il controcanto. Paolucci: «Sta nascondendo il suo fallimento»
PESCARA «Se dopo 5 anni e mezzo Chiodi si riduce a parlare del passato, vuol dire che nasconde la sua fallimentare esperienza da presidente». Lo afferma il segretario regionale del Pd Paolucci.
«Nessun presidente nella storia della Regione Abruzzo - spiega ancora il segretario del Pd abruzzese - ha avuto più poteri, più tempo e più strumenti come Gianni Chiodi. Ha il dovere di rendicontare i fatti, i risultati dei suoi anni di governo. La destra abbia governato in 11 degli ultimi 14 anni». Poi Paolucci passa all’attacco frontale: «Chiodi dica quante aziende ha portato in Abruzzo, quanti posti di lavoro ha creato, quali nuove arterie ha aperto per lo sviluppo della regione, quali infrastrutture ha programmato e inaugurato, quali alleanze ha stretto con altre Regioni ed altri Paesi, quali successi vanta sulla spesa dei fondi comunitari, quanti dei 6 miliardi del masterplan promessi nel 2010 sono stati spesi, quanti enti strumentali sono ancora commissariati, quale riforma della pubblica amministrazione può esibire per venire incontro a cittadini ed imprese. Ecco il suo dovere di presidente: fare il suo bilancio, il suo rendiconto; invece cerca di distrarre gli abruzzesi dai suoi fallimenti e dagli scandali che hanno affossato la credibilità etica della sua giunta, lasciando persino il dubbio che la data elettorale sia stata determinata, dopo due modifiche legislative, in relazione alle notizie che sarebbe venuto a sapere sul fronte giudiziario che riguarda la sua Giunta».
Chiodi, ricorda il segretario del Pd, «sul fronte contabile cerca di nascondere l'assenza del bilancio consuntivo dagli atti della Regione, e prova a a far dimenticare che il disavanzo dalla rendicontazione dei suoi anni è evidente, omettendo di raccontare che l'enorme stock di debito si è venuto a creare negli anni dell'assessorato al bilancio del vicepresidente Castiglione. Persino il Dpefr del 2010 (ovvero di questa giunta di destra) racconta che l'inversione di tendenza sul fronte debito è stata raggiunta nel triennio di centrosinistra. Ma, al di là del percorso di risanamento dei conti obbligato dai tavoli ministeriali e da una legislazione nazionale sempre più stringente, è sul fronte politico e strategico che lascia l'Abruzzo in in una situazione disastrosa. Il Presidente non può vantare nessun risultato»