ROMA Giudizi più rapidi per le cause di licenziamento, in aumento le conciliazioni tra titolari di azienda e lavoratori con punte del 45-50 per cento a Milano e Torino, contraccolpi su altri aspetti delle cause di lavoro (arretrati, demansionamenti, etc.) che subiscono uno sdoppiamento e rischiano un fisiologico rallentamento. La legge Fornero del luglio 2012 ha rivoluzionato non solo il mercato del lavoro ma anche il rito processuale che per 40 anni ha garantito l’applicazione dell’art.18 dello statuto dei lavoratori, anch’esso cambiato dal governo a guida Mario Monti.
Ora è tempo di fare un bilancio della riforma. E i dati del 2013 di quattro importanti sedi giudiziarie - Torino, Milano, Roma e Napoli - fotografano una situazione piena di luci ma anche con qualche ombra.
L’ACCELERAZIONE
Obiettivo dichiarato del nuovo rito del ministro Fornero era quello di essere più veloce e di offrire maggiori certezze sia al datore di lavoro con più di 15 dipendenti sia al lavoratore licenziato. Come noto il rito «sprint» prevede infatti che il giudice fissi un’udienza sommaria (obbligatoria) entro 40 giorni dal deposito del ricorso e che, una volta conclusa l’istruttoria, emetta un’ordinanza esecutiva, impugnabile davanti a un giudice unico in una fase successiva di merito. E ancora: il reclamo in Appello deve avvenire entro 30 giorni, in Cassazione entro 60.
TORINO E MILANO
Il presidente della sezione lavoro del Tribunale Torino, Marco Buzano, era inizialmente tra i più scettici sulle novità del rito Fornero, tenuto conto che Torino è già di per sé una sede “virtuosa” senza carichi pendenti.
Si è invece ricreduto sulla base dei dati: nei primi dieci mesi del 2013 su 827 ricorsi depositati con rito Fornero, le conciliazioni sono state 383. «Più del 45 per cento delle cause si è concluso con un accordo definitivo tra le parti. Ma ancora più significativo - sottolinea - è che le opposizioni siano state 74, appena il 9 per cento di tutti i ricorsi. La fase sommaria funziona ed è celere dal momento che si chiude nel giro di quattro mesi». Nello stesso periodo, Milano ha avuto 1.537 ricorsi, il doppio di Torino, ma anche in questo caso la metà di essi (776) sono stati conciliati, e le opposizioni sono state bassissime (circa l’8 per cento). Il presidente di sezione Piero Martello, che a Milano coordina il lavoro di 22 giudici del lavoro, non è comunque soddisfatto del rito Fornero, tanto da suggerire che sia reso facoltativo, quantomeno nella fase sommaria: «A Milano le cause di lavoro già prima venivano decise con celerità - chiarisce - Tant’è che la durata media del processo è di sei mesi, e non vi sono più cause antecedenti il 2012. Il nuovo rito, invece, determina un ritardo nella tutela di altri diritti del lavoratore, ad esempio quelli relativi alla retribuzione o alla qualifica, un tempo definiti nell’ambito della medesima causa di licenziamento. Ora non è più così, e ciò provoca un inutile appesantimento e un allungamento dei tempi per le altre controversie».
NAPOLI E ROMA
Al Centro-Sud, invece, le intese tra lavoratori ed aziende sono state inferiori: a Roma, nel 2013, su 1.729 cause di licenziamento le conciliazioni sono state 447 (il 26 per cento del totale); a Napoli 167 (18 per cento) su un totale di 951 ricorsi. «La velocità del rito tendenzialmente aumenta le conciliazioni, specialmente in tempi di crisi economica», rileva Margherita Leone, presidente della quarta sezione lavoro del Tribunale di Roma.
Il suo è un giudizio positivo, anche se ritiene un «appesantimento inutile» lo sdoppiamento della fase sommaria e il dover dividere, con un aggravio di lavoro, il licenziamento da altri aspetti dei ricorsi.
A Napoli, dove a settembre 2013 le cause di lavoro erano oltre 17mila e quelle previdenziali 35mila (moltissime per invalidità), l’introduzione di una corsia preferenziale per i ricorsi contro i licenziamenti ha dato buoni risultati. Ma - secondo la presidente della I sezione lavoro Carla Musella - «ci si poteva fermare a questo, senza cambiare il rito, perché quello Fornero è complesso e rallenta altre cause».