La tregua consente ad Enrico Letta di guadagnare ore preziose per la messa a punto del tanto atteso patto di programma e costringe al silenzio Matteo Renzi che aveva cominciato l’anno in materia bruciante picchiando duro sul governo, sulla maggioranza e persino su quel 18% del suo partito che non lo ha sostenuto nella corsa alla segreteria.
AGENDE CONTRO
È però facile prevedere che la tregua duri il tempo di una visita all’ospedale di Parma dove è prevedibile che da domani arriveranno leader ed esponenti politici non solo del Pd. La visita all’ex segretario del Pd è per Renzi opportuna non solo per la vicinanza che comunque lo lega a colui che solo un anno fa lo ha battuto alle primarie da premier, ma anche per confermare di voler essere il segretario di tutti e che «la ditta», come la definisce Bersani, continua ad essere in buone mani. Le quarantotto ore di tregua consentiranno a palazzo Chigi di avviare la scrittura di una bozza di patto di programma frutto delle richieste già da tempo messe per iscritto da Scelta Civica, dalle proposte in tema di burocrazia e fisco avanzate dal Nuovo Centrodestra, dai temi che il Pd di Renzi ha affrontato nella segreteria di sabato scorso (lavoro, Europa, fisco e riforme) e - non ultimo - dalle agende dei ministri che non intendono farsi scavalcare. Il fatto che Letta abbia già cominciato a scrivere, conferma la voglia del presidente del Consiglio di non ridurre il suo ruolo a quello del notaio che assembla e rende più o meno compatibili le proposte dei partiti che lo sostengono. Una strategia, quella di Letta, tesa anche a contenere la vivacità del neo segretario del Pd. Renzi, forte dei tre milioni di votanti alle primarie, ha iniziato da subito a marcare il territorio mettendo prima sul piatto i numeri in Parlamento e poi una serie di proposte in materia elettorale, e non solo, in grado di far schizzare al massimo la tensione dentro la maggioranza. Alla reazione del principale partito della coalizione, il Nuovo Centrodestra di Alfano, è seguita ieri l’altro quella della sinistra interna che, dopo settimane di auto-analisi, ha battuto un colpo con le dimissioni di Fassina e la critica di Cuperlo ai metodi del segretario. «Ha vinto, ma non usi la clava», disse Bersani il giorno dopo la vittoria di Renzi alle primarie. L’ex segretario, che ieri ha accusato un malore a Piacenza, è stato un facile profeta perché Renzi sembra voler continuare ad usare il suo spirito da rottamatore e per farlo ha bisogno di avversari anche nel partito. Ben venga quindi la scelta di Fassina sulla quale ieri Renzi ha tirato diritto non pensando per un attimo a possibili scuse e per nulla turbato anche dal riaffacciarsi del tema del rimpasto che Renzi non chiede e non vuole. Su questo punto l’intesa con Letta c’è e il tema dei reintegro delle caselle rimaste sguarnite anche dall’uscita di Forza Italia dal governo, verrà affrontato solo dopo l’intesa sul patto di programma.
CENCELLI
Renzi non ha nessuna intenzione di diventare, come accadde proprio a Bersani e ancora prima a Veltroni, il garante di ripartizioni cencelliane dell’establishment del partito. Presto lo si vedrà quando si tratterà di discutere del pacchetto di nomine che attendono il governo o delle candidature per le Europee. Tutto ciò non può non preoccupare Letta. Lo scontro interno al Pd rischia di scaricarsi sui gruppi parlamentari dove la presa del segretario non è ancora completa. Ciò costringe Letta a rispolverare il ruolo da vicesegretario - dal quale si è dimesso per salire a palazzo Chigi - ma gli offre un ruolo di medizione da spendere con lo stesso Renzi. Nella prima bozza di patto di programma, che conterrà date precise per ogni provvedimento, Letta ha già inserito i primi tre capitoli che sembrano fuori discussione: lavoro, Europa e riforme istituzionali. Anche se Renzi vorrebbe che queste ultime, insieme alla legge elettorale, rimanessero fuori dal patto, è difficile che non costituiscano almeno un preambolo del programma del 2014. Renzi, che continua a fidarsi poco dell’asse Letta-Alfano, continua però a ritenere il varo entro gennaio della legge elettorale la conditio sine qua non per andare avanti e al quale condizionerà tutto il patto di programma. Come dire: senza legge elettorale entro fine mese l’attuale maggioranza ha finito il suo compito.