Direttore, ora paghiamo il dazio di autostrade sbagliate. Cita un dato di realtà, l’amministratore delegato della società “Strada dei Parchi”, Cesare Ramadori, su “Il Centro” di oggi, a proposito dell’aumento dei pedaggi autostradali. Un punto che in sintesi potrebbe dirsi così: con tutti quei ponti e quelle gallerie, l’A24 - A25, non si reggerebbe sul mercato se dovesse far affidamento alle sole tratte abruzzesi. E così, forse senza volerlo, il dottor Ramadori tira in ballo che quel gigantismo viario, che fece la fortuna politica dei ministri Dc Gaspari e Natali negli anni ’60, e che oggi non regge il mercato. Ne deriva che o lo si mantiene con l’economia pubblica o strangola gli utenti. Si riteneva all’epoca che le autostrade fossero come i generi alimentari: indispensabili allo sviluppo. Se è così (e qualche dubbio che così fosse c’era anche a quei tempi) allora il bene deve essere “somministrato” a prezzo politico, non si può privatizzare. Ma se è così, anche i privati lo dovevano sapere, senza venirlo a dire oggi. Il semplice fatto che le autostrade abruzzesi si siano sempre chiamate “abruzzesi”, forse per non spaventare il resto degli italiani dal dover sostenere con la fiscalità generale le strade di quei… montanari, doveva quanto meno mettere il dubbio che non ci fosse mercato. Ma se il volume di traffico non può sostenere l’esercizio di una galleria chilometrica e un tracciato tutto aereo, questo dovrebbe far pensare un po’ criticamente a un passato che faceva il passo più lungo della gamba anche per motivi simbolico-politico, invece di praticare alternative meno “spettacolari” ma più sostenibili in tutti i sensi; ma dovrebbe altresì render chiaro che tutto ciò non può scaricarsi sugli abruzzesi di oggi, peraltro eredi a volte financo inconsapevoli e certo incolpevoli sia di quel passato che, paradossalmente, dell’attuale presente. Ugo Centi, Roseto Io ero e resto del parere che le grandi infrastrutture (tra cui le autostrade) dovrebbero essere pubbliche, anche se gestite con criteri di economicità. In Italia si è preferito fare altrimenti. E ora becchiamoci aumenti di oltre l'8%.