ROMA L’appuntamento è fissato per domani in Senato. È a Palazzo Madama che troverà finalmente soluzione il rebus relativo alle aliquote Tasi, la nuova tassa sui servizi indivisibili. Lo strumento tecnico è un emendamento del governo al dl Imu-Bankitalia, progettato per rivedere le quote di Palazzo Koch e per cancellare definitivamente la seconda rata dell’Imu. Sono ore, queste, di vertici tecnico-politici febbrili. Ma l’accordo è stato ormai raggiunto e l’opzione ai comuni di aumentare la Tasi sarà sicuramente accordata.
LA MEDIAZIONE
Sarà comunque salato il conto del nuovo tributo, che rischia ormai di riprodurre per molti aspetti la struttura della vecchia Imu. Ma il punto di caduta del negoziato che vede impegnato da diverse settimane il quadrilatero Palazzo Chigi, ministero del Tesoro, partiti di maggioranza e Anci è il seguente: il prelievo massimo Tasi, attualmente fissato al 2,5 per mille, potrà salire fino al 3 per mille sulla prime case e dal 10,6 per mille all’11,1 per mille quello sulle seconde. Un aumento dello 0,5 per mille su entrambi i capitoli, insomma. E non più dell’1 per mille come era stato ipotizzato negli ultimi giorni suscitando il malumore di Confedilizia e della componente di centro-destra che sostiene l’esecutivo Letta. La soluzione meno drastica, sono convinti i tecnici del ministero dell’Economia che lavorano al dossier, permetterà ai sindaci, soprattutto quelli dei comuni più popolosi, di aggiungere ai 500 milioni di euro già stanziati nella legge di Stabilità altri 600-700 milioni per far lievitare le detrazioni sulla casa a favore delle famiglie e dei soggetti svantaggiati. Anche se l’aumento è solo una facoltà, è probabile che molti comuni eserciteranno la leva fiscale che, occorre ricordarlo, potrà essere azionata solo a patto che le tasse aggiuntive incassate si traducano in bonus effettivi per i proprietari. «E non per sistemare i buchi di bilancio» avvertono da Via XX Settembre. Con l'Anci il Tesoro sta intanto trattando anche il problema delle scadenze per i versamenti. Il tema è ancora in corso di approfondimento da parte dei tecnici delle due parti, ma i Comuni potrebbero essere lasciati liberi di decidere in autonomia le date, mantenendo solo l'indicazione di due rate semestrali. La prima dovrebbe essere fissata entro il 16 giugno.
LE SCADENZE
È confermata intanto la scadenza del 24 gennaio per il pagamento della cosiddetta mini-Imu per quei quasi 3 mila comuni nei quali i sindaci che hanno deliberato un aumento dell’aliquota base del 4 per mille. I proprietari dovranno coprire il 40% della differenza tra l’aliquota maggiorata e il 4 per mille per un importo medio che fonti del ministero del Tesoro quantificano in una forchetta compresa tra 10 e 65 euro.
Contro le mosse del governo, monta il malumore dell’opposizione. «Sulla casa – ha tuonato il vicepresidente del senato Maurizio Gasparri (Fi ), è in atto un massacro che denunceremo già nelle prossime ore in Senato».