TERAMO Affari, politica, tv e raccomandazioni. Dalle carte della Guardia di Finanza sullo scandalo Tercas e l’ex dg, Antonio Di Matteo, spuntano nomi noti, anzi notissimi, di personaggi del piccolo schermo. Si va da Marco Travaglio a Michele Porro, da Enrico Mentana a Franco Bernabé, ex ad di Telecom che controllava La 7. E’ la dimostrazione che Di Matteo volasse alto. Molto più in alto dei problemi, le paure ed i guai dei piccoli risparmiatori teramani beffati con le azioni Tercas. L’ex dg viaggiava su una dimensione nazionale ed era davvero distante anni luce dai fatti di casa nostra. I protagonisti di questo nuovo retroscena dell’inchiesta romana sulla Cassa di risparmio di Teramo sono, appunto, Di Matteo, arrestato il 18 dicembre scorso, rinchiuso a Regiona Coeli e infine ristretto ai domiciliari da Capodanno ad Avezzano; il manager avezzanese delle tv, Francescantonio Di Stefano, indagato per associazione a delinquere con Di Matteo ed altri e che, esattamente un anno fa, puntava alla scalata a La 7, cioè all’acquisto dell’emittente televisiva; il terzo personaggio è quel Gianpiero Samorì, avvocato modenese, azionista Tercas, amico di Berlusconi, lanciato in politica con il Mir ma ora indagato nel caso Di Matteo. L’intercettazione telefonica chiave è del 6 febbraio di un anno fa: prima che La 7 venisse acquistata dall’imprenditore Urbano Cairo e che il giornalista Porro venisse messo alla porta dal nuovo proprietario. A febbraio di un anno fa c’erano le elezioni politiche e la partita su La 7 non si era ancora chiusa: da una parte quindi c’era Samorì che cercava, in modo quasi spasmodico, visibilità in tv per la sua candidatura e, dall’altra, c’era Di Stefano che tentava la scalata all’emittente nazionale. Nel mezzo, ritroviamo Di Matteo, crocevia di affari milionari, dice la Finanza, con entrambi i personaggi visto che Di Stefano risulta tra coloro che finanziarono l’operazione “banca parallela” di San Marino, e Samorì ha beneficiato di oltre 30 milioni di prestiti Tercas ritenuti illegittimi dalla procura di Roma. Ma che cosa accade quel 6 febbraio 2013? Le carte della Finanza raccontano il retroscena riportando nomi dei famosi personaggi televisivi nessuno dei quali naturalmente è indagato. «Samorì», si legge sugli atti dell’inchiesta, «saputo dell’offerta di Di Stefano per l’acquisizione della rete televisiva La 7 ed essendo candidato alle elezioni, si rivolge a Di Matteo perché interceda presso l’imprenditore per ottenere maggiore visibilità in trasmissioni televisive. In cambio, lo stesso Samorì, prospetta la possibilità di entrare come finanziatore nell’iniziativa imprenditoriale di Di Stefano». E’ un do ut des, una raccomandazione quella che Samorì chiede a Di Matteo. Che cosa fa l’ex dg? La risposta è in due intercettazioni telefoniche. La prima è tra lui e Lorenzo Bertarini, stretto collaboratore di Samorì, al quale dice per telefono: «Ho passato la palla a quella persona (Di Stefano, ndr) che si è messo in contatto con il giornalista che lavora con Travaglio». Bertarini quindi gli chiede: «Ma è per Servizio Pubbblico o per Piazza Pulita?», e Di Matteo risponde: «Gli ho detto di muoversi per tutto», e Bertarini replica: «Lui (Samorì, ndr) è interessato a Piazza pulita o Otto e mezzo», e aggiunge: «L’avvocato vorrebbe essere chiamato...». Di Matteo non perde un secondo di tempo: saluta il braccio destro di Samorì e chiama subito quest’ultimo che gli chiede se può fargli il piacere visto che Di Stefano aveva già fatto la sua offerta per La 7 e a lui poteva interessare di diventare finanziatore dell’operazione. Qual è dunque la richiesta a Di Matteo che i finanzieri intercettano? «Fai dare un colpo di telefono da Di Stefano a Bernabé o a Mentana», dice Samorì, ma l’ex dg lo rassicura immediatamente: «Già fatto, già fatto» e Samorì ribatte: «Sei sicuro? Guarda che non è arrivato nulla. Porro che va in onda non sa niente e non lo mette. Fa telefonare da Di Stefano a Porro per segnalarmi. Anzi chiama Monica (una collaboratrice del giornalista, ndr), fatti dare il numero di Porro e fallo chiamare da Di Stefano. Adesso. E poi dammene conferma». Qui finisce la telefonata della raccomandazione: è un reciproco scambio di favori tra sodali con Di Matteo figura centrale, conclude la Finanza.