L’AQUILA Sconcerto, sdegno, indignazione. Le reazioni del mondo imprenditoriale e sindacale al “terremoto giudiziario” che ha investito la città, non si sono fatte attendere. Grande è la preoccupazione per le conseguenze che l’inchiesta potrà avere, seppure indirettamente, sulla ricostruzione. Sull'Aquila aleggia l'ombra lunga della corruzione. «Siamo addolorati per la vicenda e preoccupati per le conseguenze che quanto accaduto, se comprovato, potrà provocare», il commento di Celso Cioni, direttore regionale di Confcommercio, «la nostra città ne esce ancora una volta male: un’immagine offuscata da vicende che vanno a intaccare la credibilità di un territorio piegato dalla crisi e dal sisma del 2009. Un’altra brutta pagina della storia aquilana, che delegittima quanti lavorano con impegno ed onestà per la rinascita del capoluogo». Dura la posizione del presidente dell'Associazione provinciale costruttori, Gianni Frattale: «Quanto accaduto è inaccettabile. La giustizia farà il suo corso, ma è bene che si faccia subito luce sulla vicenda. L'Ance è sempre stata molto attenta al fatto che la ricostruzione post-terremoto non diventi un “affare di pochi”. Abbiamo posto la legalità e il rispetto del codice etico al primo posto nel nostro programma di governo, a tutela dei cittadini e degli stessi imprenditori. È evidente», sostiene Frattale, «che simili episodi rallentano il processo di ricostruzione e insinuano dubbi, anche si tratta di pratiche circoscritte, che non identificano in alcun modo la città; al contrario, ne sono del tutto estranee». Il presidente dell’Ance parla di «una cassa di risonanza negativa, a livello nazionale, alla pari della sterile polemica politica che serve solo a frenare la ricostruzione. L'unione, la condivisione e la programmazione sono l'unica strada praticabile per far rinascere la città e il suo comprensorio». Anche dai sindacati è arrivata una dura condanna per quanto accaduto. «Sono sconcertato e sconvolto», ha dichiarato Umberto Trasatti, segretario Cgil della provincia dell'Aquila, «se le accuse dovessero essere provate è giusto che i responsabili vengano perseguiti. Ma il timore più grande è che tali vicende possano catalizzare l’attenzione a livello nazionale e distogliere lo sguardo dai reali problemi che si trova ad affrontare il territorio: la continuità nell'erogazione dei fondi per la ricostruzione e interventi finanziari a sostegno della ripresa delle attività produttive. Sono questi i perni di una battaglia che L'Aquila e il cratere stanno portando avanti con determinazione», incalza Trasatti, «e che rischiano di essere messi in ombra da vicende giudiziarie che legano a doppio filo ricostruzione e corruzione». Dello stesso avviso Paolo Sangermano, segretario Cisl della provincia dell'Aquila: «È necessario, certo, aspettare che la giustizia faccia il suo corso prima di esprimere giudizi, ma quanto accaduto continua ad alimentare il concetto che ci siano amministratori che badano più agli interessi personali che a quelli della collettività. Chi è votato a funzioni pubbliche dovrebbe operare in assoluta trasparenza e nel rispetto delle regole: è chiaro che simili episodi vanno a intaccare la fiducia dei cittadini nell'operato di chi ci governa e a ledere l'immagine di un territorio fortemente in sofferenza, che ha necessità di essere sostenuto nella ripresa e nella rinascita, sotto il profilo produttivo e sociale».
Il popolo di Facebook «Siamo indignati e offesi»
Centinaia di post inondano le bacheche degli aquilani che chiedono chiarezza Critiche ai soggetti coinvolti e al sistema. E c’è chi si dice “pronto ad insorgere”
L’AQUILA L’indignazione degli aquilani dilaga anche su Facebook. La notizia della nuova inchiesta sui puntellamenti e degli arresti eccellenti è la più commentata della giornata, nelle pagine del social network. Prevale la rabbia, tra i sentimenti manifestati, ma anche la non rassegnazione, che si tramuta spesso in incitamento a una reazione corale. Come chiede Titti Cora: «Dopo i noti, disgustosi eventi, come aquilani abbiamo il diritto di chiedere una ricostruzione partecipata con atti e risorse documentabili e trasparenti. Altrimenti, se ci verrà negato, occupiamo questa città, diamo dimostrazione di amarla davvero. È giusto fermare tutto questo schifo, ormai dilagante e inarrestabile, affinché L’Aquila non venga ingoiata dal fango». Dello stesso avviso Emanuele Prete: «Dobbiamo insorgere contro tutta la politica aquilana, intendo veramente tutta». Il disgusto si esprime anche con una battuta: «Scusate se lo dico, evviva Sant’Agnese», dice Luigi Baglione, «perché quello che succede ora fa più schifo delle male lingue». Ampia la riflessione di Matteo Lombardi: «Chi è garantista lo è sempre, anche quando si è stati e si è molto critici sull’operato di un’amministrazione. La cosa invece che mi dà da pensare è questo urlare alla ghigliottina al solo vedere un paio di manette, quasi che nessuno avesse cose da farsi rimproverare: lavori extra, quando si è messa a posto la propria abitazione, favori ad aziende (in cambio di) per l'aggiudicazione in seno ad aggregati o assemblee condominiali, occupazioni illecite di abitazioni (Case o Map), riscossione di aiuti non dovuti. I fatti contestati sono odiosi, e vanno dimostrati (e sanzionati, se verificati), ma è proprio questa mentalità da terrore bianco che è la testimonianza più vera di un processo di ricostruzione malato e probabilmente inguaribile». Al post replica Fabio Sciarra: «Non è voglia di mettere alla gogna le persone, ma quelli che hanno civilmente chiesto di fare chiarezza sull'operato del Comune sono stati prima insultati e poi invitati dallo stesso Cialente ad andare in Procura. Senza parlare delle “serene” illazioni sui “metodi mafiosi” avanzate sempre dallo stesso sindaco, come se stesse parlando della qualità dell'innevamento sui campi di sci». Secondo Luigi Virgilio, «gli aquilani non sono più quelli di una volta, che si battevano tutti in prima linea per il capoluogo. Ora gli scippano tutto e nessuno dice niente, ora sono una massa di pecore: sta bene Rocco, sta bene tutta la Rocca. E mi dispiace». Scuote le coscienze dei politici Giorgio Paravano: «Va bene la presunzione di innocenza, va bene che siamo all'inizio di un lungo percorso giudiziario, va bene che va comunque data continuità all'azione amministrativa, va bene tutto. Ma qualche dimissione no?». Gli risponde Antonio Porto: «I potentati si stringono ancora di più tra di loro e ne debbono fare ancora di affari!». Grande delusione per Enrico De Pietra: «E che ti vuoi commentare: hanno fatto ciccia di porco delle nostre case, dei nostri palazzi, delle nostre piazze, delle nostre vite. Sento sempre più forte la tentazione di andar via dall’Aquila, non per dargliela vinta, ma per lasciarli soli». Fabrizio Pietropaoli la pensa diversamente: «Mi dispiace, troppo facile! Sono loro che devono andare via!». Indignata anche Franca Sordini: «Basta, c’è bisogno di persone oneste!». Disincantato e crudo, infine, il commento di Settimio Ianni: «Tra l'altro lo scandalo è la via migliore per nascondere il fallimento. Quando avevamo l'ansia ci hanno tranquillizzato, poi avevamo costruito male, per un periodo avevamo le menti fragili, poi eravamo piagnoni, poi eravamo pessimisti, poi incontentabili, adesso siamo anche corrotti. Se lo stato delle cose è quel che è i colpevoli siamo sempre noi, e forse», conclude amareggiato, «è anche vero».
Assemblea cittadina: Cialente dimettiti
Duro documento dopo gli arresti di ieri mattina: famelici sciacalli hanno lucrato dal terremoto vantaggi personali
L’AQUILA Dall’assemblea cittadina riceviamo e pubblichiamo la seguente nota: «Alla luce dei recenti arresti e dell'apertura delle indagini nei confronti dei funzionari ed ex assessori dell'amministrazione comunale, l'Assemblea cittadina dell'Aquila chiede le immediate dimissioni del Sindaco Massimo Cialente e dell'intera giunta. È inaccettabile che la città debba vivere l'ennesima ignominia arrecata da famelici sciacalli che hanno lucrato vantaggi personali dal disastroso, insanguinato terremoto del 6 aprile 2009. Gli approfittatori, questa volta, sono di casa : ex assessori e funzionari scelti personalmente dal Sindaco, collocati in alcuni nodi strategici della ricostruzione, i quali hanno colto, già alcuni mesi dopo il terremoto, le ghiotte possibilità loro offerte di illeciti arricchimenti personali. Tutto ciò, mentre 35.000 concittadini erano ricoverati nelle tendopoli ed altrettanti esiliati nella costa. Anche se quella del Sindaco dovesse essere considerata semplicemente come una scelta infelice, il primo cittadino deve rispondere personalmente, innanzitutto per ragioni etiche, davanti alla comunità amministrata, di tanta sprovvedutezza e leggerezza. Il danno arrecato alla città ed all'intero cratere sismico è diventato irreparabile. Come si può pretendere di reclamare dal Governo centrale quanto è legittimamente dovuto ai terremotati, per ricostruire il devastato territorio, se la sfregiata immagine offerta è quella del malaffare, insediatosi così prepotentemente all'interno delle stesse Amministrazioni? A queste autentiche nefandezze, come reagiranno i cittadini dell'intero Paese e della stessa Europa che sono stati così vicini e solidali sin dall'indomani della tragedia? "Gli indagati hanno rivelato una dedizione costante ad attività predatorie in danno della collettività, arrivando a suggerire i metodi corruttivi, a costituire società ad hoc, a rappresentare realtà fittizie, anche in momenti (il post sisma) in cui il dramma sociale e umano avrebbe suggerito onestà e trasparenza. Da ciò si ricava la certezza della reiterazione di reati della stessa specie", scrive il gip Romano Gargarella nell'ordinanza d'arresto, motivando le esigenze cautelari. In attesa che la magistratura faccia il suo corso, le conseguenze politiche generate dal malaffare devono percorrere la via obbligata di una sola "scelta di responsabilità": Dimissioni! Scelta che restituisca in tal modo dignità all'intera città martoriata ed ai suoi cittadini e che, a distanza di cinque anni dal sisma, non consenta di rubare loro un futuro fattosi sempre più incerto e compromesso. Una sola e convergente parola d'ordine: dimissioni subito!»
actionAid «All’Aquila ferita ha regnato il Far West»
L’AQUILA. «L’ondata di arresti che ha investito la città stamattina è l’ennesima conferma che nei mesi successivi al terremoto ha regnato il Far West. I cittadini hanno più volte denunciato questa mancanza di trasparenza nella gestione di appalti e acquisti, senza che però le istituzioni ne tenessero conto». Così Marco De Ponte, segretario generale di ActionAid, commenta le notizie giunte ieri mattina sulle indagini che hanno portato all’arresto di due ex assessori e alle conseguenti dimissioni del vice sindaco del capoluogo abruzzese. «La trasparenza va garantita sempre» spiega De Ponte «e in particolar modo nei momenti che seguono le emergenze perché è proprio in questi casi che si rischia di innescare una spirale di illegalità diffusa nel sistema degli aiuti e della ricostruzione». ActionAid già da anni porta avanti questa denuncia sulle modalità di intervento post-sisma nel territorio abruzzese, rimanendo al fianco della popolazione e sostenendone le denunce e le richieste. «Servono rispetto delle leggi e controlli, ma anche strumenti per permettere la consapevole partecipazione della cittadinanza ai processi che la coinvolgono direttamente» spiega il Segretario generale. Si tratta di sistemi che l’organizzazione sta già sperimentando nel territorio emiliano colpito dal sisma attraverso il progetto “Open Ricostruzione”.