L'AQUILA Sono sfilati in Procura ieri mattina, ascoltati dai Pm David Mancini e Antonietta Picardi, tre dei quattro indagati nello scandalo su presunte tangenti esploso nel capoluogo abruzzese, dopo l’operazione portata a termine dalla Squadra Mobile dell’Aquila, denominata "Do ut des". Agli arresti domiciliari sono finiti Pierluigi Tancredi, Vladimiro Placidi, Daniela Sibilla e Pasqualino Macera. A parlare davanti ai magistrati l'ormai ex vice sindaco, Roberto Riga, l’ingegnere Mario Di Gregorio, in forza all’ufficio per la ricostruzione del Comune dell’Aquila e Fabrizio Menestò, direttore dei lavori di Palazzo Carli, uno degli immobili al centro dell'inchiesta. Il primo ad arrivare in tribunale è stato Mario Di Gregorio, che al termine del brevissimo interrogatorio, ha depositato per mano del suo avvocato, Stefano Rossi, una memoria difensiva con la quale vuole dimostrare la sua estraneità ai fatti, visto che la determina che riguarda Palazzo Carli non era stata firmata da lui, ma da altro dirigente. «Ho presentato una memoria per spiegare la mia posizione, per me molto chiara - dice l'ingegnere - non c'è la mia firma nella delibera con cui si autorizza il Sal di 1 milione 200 mila euro alla ditta Steda e neppure negli atti allegati. Inoltre non ero il responsabile unico del procedimento, che ha competenza di controllare gli atti contabili ed emettere il certificato di pagamento, e nemmeno dirigente di quel settore che doveva sottoscrivere la determina di liquidazione». Dichiarazioni quelle di Di Gregorio che lasciano supporre che ci sarebbe un disegno di ignot, per incastrarlo in questa vicenda giudiziaria. È stata poi la volta dell’ex vice sindaco Roberto Riga, che da subito si era detto fiducioso nell’operato della magistratura e che all'uscita dall'interrogatorio, davanti ai magistrati Picardi e Mancini, ha detto: «Sono l'unico vice sindaco in Italia che si è dimesso per una informazione di garanzia. Sono stato sereno, tranquillo, ho risposto alle domande del pm e adesso aspettiamo l'esito del lavoro dei magistrati, sono fiducioso nel loro operato». Lungo interrogatorio invece per Fabrizio Menestò, direttore dei lavori a Palazzo Carli che ha parlato per alcune ore ai magistrati. «Il mio assistito ha chiarito la sua posizione sottolineando di aver visto solo fatture regolari e che quindi non ha responsabilità - dice l'avvocato difensore di Menestò, Davide Zaganelli -. È entrato nell'inchiesta per le dichiarazioni di qualcuno che non ha raccontato come stanno le cose. Anche negli atti gli stessi pm scrivono che sembrerebbe manomessa la contabilità. Il nostro cliente - dicono l'avvocato Zaganelli e Gian Luca Totani, del foro dell'Aquila -, ha smentito documentalmente chi lo ha falsamente accusato al fine di non retribuire le legittime prestazioni professionali». E proprio Fabrizio Menestò ha detto: «Ho dimostrato di avere tenuto regolarmente la contabilità dei lavori di palazzo Carli, nonché di non avere manomesso la fattura incriminata con riferimento al conto corrente dedicato, come attestato dalla medesima fattura. Tanto è vero che il Comune dell'Aquila ha liquidato l'importo dei lavori dopo aver verificato la regolarità della contabilità e di detta fattura. A questo punto - ha concluso Menestò - non mi resta che procedere con denuncia penale nei confronti di chi mi ha calunniato». Grande assente invece di ieri è stato proprio chi ha dato il via a questa inchiesta, ossia l'ultimo dei denunciati, Daniele Lago che, ascoltato a sommarie informazioni, prima degli arresti e delle perquisizioni aveva di fatto descritto il sistema ai magistrati. Con molta probabilità Lago potrebbe essere ascoltato nei prossimi giorni, se dagli interrogatori di ieri fosse emerso qualche aspetto ancora da chiarire. Stesso discorso per le quattro persone finite agli arresti domiciliari. Per loro ancora non sono stati fissati gli interrogatori di garanzia che potrebbero svolgersi al massimo entro giovedi.