Se tra i sindaci la spunta un aspirante rinnovatore del centrodestra, nella corsa dei presidenti di Regione vince un centrosinistra "di tradizione", incarnato dal Governatore della Toscana, Enrico Rossi, che conferma il primato già ottenuto l'anno scorso.
Quella dei politici regionali, però, è una corsa al rallentatore: la crisi di consenso che schiaccia tutta la politica in Regione colpisce duro, e fa vincere Rossi con una percentuale (il 57% di elettori che si dicono propensi a rivotarlo in caso di elezioni) che tra i sindaci lo collocherebbe al 19° posto.
L'onda lunga delle tante «Regionopoli» esplose nel 2012 in storie poco edificanti di fondi allegri ai partiti e rimborsi spese creativi ai politici si fa sentire e travolge sia i protagonisti delle inchieste (come il piemontese Roberto Cota, che ai guai arrivati dai giudici amministrativi con la sentenza di annullamento delle elezioni 2010 aggiunge un -8% rispetto all'anno scorso, intestandosi la flessione più pesante registrata negli ultimi 12 mesi fra i Governatori) sia i loro successori: nel Lazio che ha avviato la macchina degli scandali nella scorsa legislatura regionale arranca Nicola Zingaretti, tradizionalmente considerato dal Pd una macchina da consenso non solo in chiave locale, mentre in Sicilia il «modello Crocetta», che aveva scaldato le cronache politiche nell'autunno scorso, si sgonfia in un modesto 35%. Il dato colloca l'ex sindaco di Gela nella casella di chiusura della classifica, e lo incorona come il politico meno "gradito" nella storia pluriennale del Governance Poll: il precedente primatista in negativo era Antonio Bassolino, che sprofondò al 38% nel 2010 nella Campania assediata dall'emergenza rifiuti.
Tornando in cima alla graduatoria, Rossi vince per la sua capacità di "resistenza" al riflusso, una capacità costruita anche negli anni di una carriera politica che ha percorso, in crescendo ma senza salti, le tappe classiche del cursus honorum del tradizionale politico di sinistra: classe 1958, Rossi è stato prima sindaco di Pontedera, poi ha occupato per dieci anni la poltrona di assessore regionale alla Sanità (che gli ha procurato un avviso di garanzia nell'inchiesta sul buco dell'Asl di Massa) nella giunta di Claudio Martini, a cui è succeduto ai vertici della Regione nell'aprile del 2010.
Una carriera, percorsa con in tasca le tessere di Pci, Pds, Ds e Pd, che fa di Rossi il modello dell'"anti-renziano", e che nelle prossime settimane proprio in Toscana dovrà fare i conti con il ciclone Renzi per la partita sulla segreteria regionale del Pd. Bando alle letture facili, però: al "concorrente" fiorentino Rossi non ha risparmiato in passato polemiche e battute al vetriolo, ma non si è tirato indietro quando si è trattato di allearsi in nome di comuni obiettivi amministrativi.
Dietro a Rossi si piazza il veneto Luca Zaia, che mantiene la seconda posizione anche se arretra rispetto alle vette (60% due anni fa) dell'ultimo periodo d'oro della Lega, mentre l'emiliano Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni, perde il terzo posto sul podio, raggiunto l'anno scorso, per fare spazio a Stefano Caldoro. Nonostante i molti problemi della Regione, Caldoro è uno dei quattro Governatori in crescita, guadagna cinque punti di consenso rispetto all'anno scorso e supera anche il 54,7% che aveva raccolto nel marzo 2010 vincendo le elezioni contro lo sfidante Vincenzo De Luca (e anche contro una fetta dello stesso Pdl campano che l'aveva candidato dopo il tracollo giudiziario di Nicola Cosentino).
Nel panorama dei Governatori Caldoro si segnala anche per le prese di posizione coraggiose contro il suo stesso ente, che nei mesi scorsi l'hanno portato addirittura a sostenere la necessità di «abolire le Regioni» nel loro assetto attuale, trasformandole in enti leggeri dedicati solo alla pianificazione, perché «sono un lusso che non possiamo permetterci». Parole non proprio scontate in bocca a un presidente di Regione e forse non estranee al fatto che la performance 2013 di Caldoro è accompagnata dal segno «più» a differenza di quella di molti suoi colleghi.
Le altre, poche, notizie positive sono indirizzate dal Governance Poll a Debora Serracchiani, che cresce rispetto al (modesto) 39,4% che l'ha portata alla guida del Friuli Venezia Giulia in un turno elettorale disertato da un friulano su due. Qualche motivo di soddisfazione può essere individuato anche da Roberto Maroni, che nel sondaggio raccoglie 1,2 punti in più rispetto al 42,8% offertogli dalle urne la scorsa primavera. Ma a dominare il quadro leghista sono oggi i problemi del piemontese Roberto Cota, colpito dall'annullamento dell'elezione decretato venerdì dal Tar, dalle "Rimborsopoli" che hanno messo sotto indagine la maggioranza del Consiglio e, secondo il Governance Poll, da una crescente disaffezione degli elettori.