Questo l'incipit della nota stampa diffusa dall'Associazione Nazionale Autotrasporto Viaggiatori: "Negli ultimi tempi il dibattito sul trasporto pubblico locale, non essendovi soluzioni gradite al partito dello spreco e delle inefficienze, si sta concentrando sulle aziende uniche regionali mediaticamente vendute come “uovo di Colombo” per mantenere in mano a pochi operatori un mercato che, invece avrebbe bisogno di maggiore concorrenza, maggiore qualità, tariffe più europee e soprattutto servizi per gli utenti e non per le imprese"
Nicola Biscotti, Presidente dell'ANAV (Associazione Nazionale Autotrasporto Viaggiatori), invia un duro comunicato contro le ipotesi di bacini unici regionali:
"La teoria del bacino unico regionale viene da lontano e può essere classificata come il solito tentativo dirigistico di definire dall’alto modelli di gestione che invece vanno lasciati alle imprese ed al mercato.
E’ pura follia pensare di definire a priori un bacino unico regionale senza alcun approfondimento sulla realtà trasportistica locale e sui reali flussi di traffico originati dalla domanda di trasporto.
Difatti, poiché il fulcro di ogni rete di trasporto sono i centri attrattori di traffico, la realtà vera del nostro Paese è che la dimensione ottimale dei bacini di traffico è quella provinciale, mentre solo le grandi aree metropolitane (Roma, Milano, Napoli) garantiscono un traffico ultraprovinciale.
Addirittura ci possono essere bacini sub provinciali che garantiscono buoni livelli di domanda perché saturano l’offerta. Ma il problema non è questo: la stortura è pretendere di definire in linea teorica ed aprioristica, ciò che invece dovrebbe discendere da esperienza di mercato locale e verifica di ciò che realmente serve all’utenza.
Poi c’è il rapporto ferro gomma: nonostante anche l’ing. Moretti sostenga che non è possibile far viaggiare treni con 20/30 viaggiatori, in Italia si continua a finanziare tutto ciò che si muove su ferro, anche quando si tratta solo del macchinista e del controllore.
In quanto alle aziende uniche regionali, si tratta di una palese illusione ottica e di un maldestro tentativo di bloccare il mercato e la concorrenza, oltre al vergognoso obiettivo di mischiare i conti e cancellare, con la scusa dell’Europa, anni di sprechi ed inefficienze, consorterie politico sindacali che hanno ridotto il trasporto pubblico locale allo sfascio ed al degrado.
Il progetto è fin troppo chiaro: individuare il bacino unico regionale anche se non vi è alcun motivo ed indire gare uniche regionali alle quali possano partecipare solo grandi gruppi, eliminando dal mercato le piccole e medie imprese (sia pubbliche che private) che finora hanno garantito minori costi e servizi di maggiore qualità, ma sono indubbiamente fuori dal controllo della politica: nelle private perchè è così, in molte aziende pubbliche perché manager capaci e qualche politico accorto hanno impedito la propagazione del consociativismo e dello spreco.
Il nanismo delle imprese è un falso problema: la verità è che bisogna vedere chi sa gestire e chi non lo sa fare. In Italia le imprese private hanno un costo medio di produzione del servizio di € 2,2/km, mentre le grandi imprese pubbliche costano in media € 3,9/km: non mi risulta che siano fallite quelle che percepiscono minori corrispettivi pubblici, ma invece stanno fallendo quelle che costano di più allo Stato ed alle Regioni.
Non certo per la concorrenza del privato che nel tpl extraurbano gestisce il 25% del mercato e comunque in una concorrenza per il mercato che, a gara vinta, garantisce esclusività. Qual è la soluzione degli scienziati?
Eliminare le imprese più virtuose ed efficienti e riservare il mercato alle fusioni tra quelli che già perdevano e sprecavano, in nome dell’Europa e del progresso.
Le grandi aziende non sono governabili e non generano significative economie di scala:questo è dato reale ed incontrovertibile.
In più non si è ancora realizzata la separazione tra programmazione gestione, cosicché la peggior politica ed il sindacalismo più oltranzista governano aziende con la più bassa produttività d’Europa, i corrispettivi più alti d’Europa, gli investimenti più bassi e gli indiretti più numerosi: Le imprese con buona produttività, corrispettivi più bassi e parco rotabile vetusto me tenuto in maniera decente vanno invece eliminate da mercato: ma l’Antitrust dirà qualcosa su questa monopolizzazione di un marcato che invece l’Europa ci ha insegnato dovrebbe essere aperto alla concorrenza?"