Giovedì la procura di Torino ha chiesto il rinvio a giudizio del presidente della Regione Piemonte, Roberto Cota, nell’inchiesta sull’uso dei fondi dei gruppi consiliari a Consiglio regionale del Piemonte. Stesso provvedimento è stato proposto per 39 consiglieri. Per la maggior parte dei politici il reato ipotizzato è peculato.
LA REPLICA: CORRETTO E LIMPIDO - «Riaffermo la correttezza delle mie azioni e la limpidezza delle mie intenzioni, farò valere le mie ragioni con forza ed in ogni sede». Cota si è affidato a uno scritto ribadendo la sua «totale estraneità a interessi di carattere economico». Il governatore leghista sostiene anche che «il problema dei costi della politica è stato da subito affrontato in questa legislatura dal Consiglio Regionale in modo risolutivo, caso unico e raro» e che «il Consiglio regionale (del Piemonte) costa oggi, grazie alla mia maggioranza, trenta milioni in meno l’anno, abbiamo addirittura eliminato la pensione per i Consiglieri Regionali».
L’INCHIESTA - L’inchiesta riguarda le spese sostenute con i fondi dei gruppi consiliari regionali. Iniziata nel 2012, ha coinvolto 56 consiglieri. Peculato, truffa e finanziamenti illecito ai partiti i reati ipotizzati a vario titolo dagli inquirenti. Le contestazioni più gravi nei confronti di 43 consiglieri regionali, raggiunti nei mesi scorsi dagli avvisi di chiusura indagini, passo che di norma precede la richiesta di rinvio a giudizio.
ARCHIVIAZIONE PER BRESSO - E’ stata chiesta invece l’archiviazione per l’ex governatore Mercedes Bresso e l’esponente di Sel Monica Cerutti, oltre che per quelli per i quali già in chiusura di indagini si era deciso di non procedere. Stralciata, invece, la posizione del consigliere Andrea Stara (Pd). Gli atti del pm sono stati depositati questa mattina presso la cancelleria del gip che entro alcuni giorni deciderà sui rinvii a giudizio.