Mercedes Bresso Regione umiliata da un presidente eletto illecitamente. Mi domando cosa ancora debba succedere perché Cota stacchi la spina
TORINO Richiesta di rinvio a giudizio per il governatore leghista del Piemonte Roberto Cota e 39 consiglieri regionali nell’ambito dell’inchiesta della procura di Torino sui rimborsi facili: dopo la sentenza del Tar che la scorsa settimana ha dichiarato non valide le elezioni regionali del 2010, non si placa la bufera sulla politica piemontese. Cota, si legge nella richiesta di rinvio a giudizio depositata dai pm Enrica Gabetta, Giancarlo Avenati Bassi e Andrea Beconi presso la cancelleria del gip, sarebbe «beneficiario della indebita destinazione del denaro pubblico». «Si appropriava degli importi di cui oltre utilizzandoli per finalità personali e comunque estranee alla finalità normativa», prosegue il documento. L’accusa è di peculato. Secondo i pm, ammontano a 25.410 euro le spese personali del governatore inserite tra i rimborsi del gruppo della Lega Nord in Consiglio regionale, e che Cota non ha saputo giustificare: 21.112 euro per ristoranti, bar e generi alimentari; 645 euro per pernottamenti in alberghi e missioni; inoltre, 3.653,18 euro per capi di abbigliamento, regali ed altri oggetti: la lista comprende un libro antico, articoli di pelletteria e valigeria, sigarette, una custodia per iPad, un dvd, orologeria e argenteria, cravatte, regali di nozze e le famose mutande verdi diventate un simbolo della vicenda. Fanno parte quasi tutti della maggioranza di centrodestra i consiglieri dei quali i pm hanno chiesto il rinvio a giudizio. Tra i recordmen delle spese pazze, il consigliere Michele Giovine, già nel mirino della giustizia con la sua lista “Pensionati per Cota”, al centro dell’inchiesta sulle elezioni regionali del 2010. Giovine ha ottenuto rimborsi illeciti per 144mila euro. Scorrendo l’elenco dei rinviati a giudizio, con i rispettivi rimborsi contestati, non manca la varietà. Oltre ai classici scontrini di ristoranti, bar e benzinai, tra le altre spese messe dai consiglieri sul conto del contribuente figurano luminarie natalizie, libri scolastici, cornici, gioielli, giocattoli, articoli sportivi, complementi d'arredo, cd, accessori per il telefono, profumi, stampe antiche, una bardatura per cavalli, un corso professionale sulle piante officinali, il servizio catering per il battesimo della nipote, un frullatore, un gazebo, videogiochi, elettrodomestici, sedute al solarium, biglietti per partite di calcio. Sono invece 17 le richieste di archiviazione presentate dai pm. Tra i consiglieri indagati che, dopo due giri di interrogatori da parte degli inquirenti, hanno evitato la richiesta di rinvio a giudizio, l’ex presidente della Regione Mercedes Bresso, sulla quale pendeva l’ipotesi di reato di finanziamento illecito al partito, e la capogruppo di Sel Monica Cerutti. Cota ha ribadito la propria «totale estraneità a interessi di carattere economico», aggiungendo: «Riaffermo la correttezza delle mie azioni e la limpidezza delle mie intenzioni, farò valere le mie ragioni con forza ed in ogni sede. Il problema dei costi della politica è stato affrontato dal Consiglio regionale in modo risolutivo. Il Consiglio regionale costa oggi, grazie alla mia maggioranza, trenta milioni in meno l’anno». Intanto però, il Pd e il Movimento 5 Stelle chiedono le dimissioni del governatore: «Mi domando cosa ancora debba succedere perché Cota stacchi la spina», ha detto Bresso. Entro una settimana il gip fisserà la prima udienza del processo, probabilmente nel mese di marzo.
Le inchieste sugli sperperi in 16 regioni
All’inizio fu il Lazio, ma l’uso dissennato di soldi pubblici c’è stato dalla Sardegna al TrentinoAlto Adige
ROMA Una collezione di fumetti Diabolik, collant di cachemire, mutande verde Lega, cibo per gatti, tintura per capelli, il canone Rai. Spazio alla fantasia. A spese dei contribuenti. Le inchieste sulla gestione troppo disinvolta dei rimborsi dei gruppi consiliari coinvolgono ben 16 regioni. In Piemonte, con il rinvio a giudizio del presidente Roberto Cota con l’accusa di peculato insieme a 39 consiglieri, e in Sicilia, dove gli indagati sono 97 tra cui il renziano Davide Faraone, gli ultimi sviluppi. Ma le “spese pazze” accomunano senza distinguo politico tra destra e sinistra anche Sardegna, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Campania, Trentino Alto Adige, Lombardia, Lazio, Calabria, Umbria, Basilicata, Liguria, Marche, Molise e Valle D’Aosta. L’inchiesta madre nel Lazio. Protagonista Franco Fiorito, ex capogruppo Pdl, conosciuto come “Er Batman” di Anagni. È stato condannato in primo grado a tre anni e quattro mesi per appropriazione di un milione e 300mila euro di fondi pubblici e a 5 anni di interdizione dai pubblici uffici. L’immagine simbolo del sistema Fiorito rimane la festa in costume d’antichi romani allo Stadio dei Marmi. Dopo il Lazio, la Lombardia. Le indagini sono partite nel 2012, coinvolgendo gli ex consiglieri Nicole Minetti e Renzo Bossi. Nella classifica dei rimborsi non dovuti spicca la Lega Nord e, a seguire, il Pdl. Tra gli acquisti, oltre a pranzi e cene, aerei di carta e toscanelli. Gestione allegra anche in Sardegna dove sono stati arrestati Sisinnio Piras, Mario Diana e Carlo Sanjust. Quest’ultimo deve giustificare una spesa di 23mila euro che avrebbe usato per le proprie nozze. I consiglieri indagati sono 65. Tra loro Francesca Barracciu, vincitrice delle primarie Pd. In Trentino Alto Adige, al centro dell’indagine, la gestione del fondo per spese riservate, 72mila euro annui, a disposizione del governatore Luis Durnwalder: li avrebbe usati anche per pagare Ici, canone Rai, iscrizione all’albo dei giornalisti. In Friuli Venezia Giulia due terzi dei consiglieri della precedente legislatura sono stati indagati dalla Corte dei conti. La maggior parte poi sono stati prosciolti. Tra loro il presidente del Consiglio regionale Franco Iacop e Renzo Tondo. Il caso Emilia-Romagna si apre nel 2012 con le interviste fatte a pagamento con i soldi dei gruppi consiliari. Le inchieste ora sono più di una e risultano indagati tutti i nove capigruppo.