«La città sta perdendo l’anima» timida ma decisa si alza una voce tra le persone che assiepano il tendone. La personificazione dell’anima dell’Aquila si è incarnata, per le due ore di manifestazione, nella figura evanescente di Massimo Cialente. Il sindaco non ha partecipato alla manifestazione «A testa alta per la città» organizzata a sostegno del ritiro delle sue dimissioni. Ma è stato presente come «Massimo» in ogni parola e sospiro della fredda serata, alla stregua di un mantra risolutorio dei problemi cronici del post terremoto. Erano circa duemila le persone che si sono ritrovate nel Parco del Castello al grido di «Massimo torna a fare il sindaco». E mentre sotto al tendone il popolo del centrosinistra invocava il ripensamento, secca è arrivata la risposta di Cialente lontana da quella piazza, fisicamente e negli intenti: «Non ci sono spazi per un mio ripensamento, sono stato licenziato dal governo per un avviso di garanzia al mio vice sindaco».
Ma la folla non sa niente e partono gli interventi. La senatrice Stefania Pezzopane accusa il ministro Trigilia di essere stato uno sciacallo: «Ha colpito il sindaco in un momento di debolezza». «Le versioni sulla ricostruzione del Ministro sono discordanti tra loro. Non abbiamo scambiato il governo per un bancomat, ma chiediamo che siano riconosciuti i nostri diritti», invoca a voce sempre più alta la senatrice. Fa il paio con la senatrice il sindaco che, al di fuori della manifestazione, attacca politici e i media nazionali: «Hanno fatto cose vergognose».
L’arringa della senatrice, tra il popolo amico, tocca l’apice quando rimarca la mancata indignazione per gli arresti alla Regione: «Perché nessuno chiede le dimissioni di Chiodi, mentre si invocano quelle di un uomo colpito dalla stampa nazionale negli affetti familiari». «Mandiamoli a casa» dice Pezzopane: «Chiodi, nella veste di commissario ha messo la città con le pezze al c... Siamo riusciti a mandarlo via. È stato lui a non consentire che la Regione adottasse una legge organica di ricostruzione». «Ha lasciato per quattro anni fermi i soldi per i presìdi contro la violenza sessuale e io con un emendamento li ho fatti prendere alla Provincia. Gliel’ho fatto apposta e con un certo gusto». L’arringa contro l’ex commissario tocca il suo apice, quando, si alza la platea in un unico corpo e sembra andare oltre le dimissioni del sindaco. Invocano di non essere lasciati soli, gli occhi smarriti degli aquilani, i quali ieri sera nel tendone hanno ritrovato un motivo per cui sentirsi uniti. Dimenticati gli anni di aspre critiche all’amministrazione, dei circa duemila presenti, almeno mille applaudono a scena aperta come in un congresso.
La coesione e l’unità di intenti sono l’argomento di tutti gli interventi della serata. Dagli ex lavoratori del polo elettronico per i quali «Cialente è stato un sindaco presente e combattivo», alla commerciante, al consigliere comunale straniero fino al combattivo studente, il sindaco di Pizzoli, Angela d’Andrea in rappresentanza dei Comuni limitrofi «sbaglia solo chi fa».
«Ma i comuni del cratere sono uniti con Cialente, il quale ha seguito le nostre indicazioni, comprendendo l’importanza dei territori limitrofi nella ricostruzione». E Cialente, sempre fuori dal tendone: «L’unica colpa che ho è quella di non essermi dato fuoco o aver fatto lo sciopero della fame» sulle accuse di responsabilità politica nella vicenda al vaglio della Procura su presunte tangenti per appalti. Il primo cittadino rivolge un appello alla magistratura, «faccia in fretta, la imploro, perché ogni giorno che passa aumenta il danno grave e irreversibile per la città».
Secondo Cialente, «quando si chiarirà tutto, e cioè che il sistema c’era, ma contro L’Aquila, e verrà fuori l’ingiustizia di questa vicenda, molte persone dovranno chiedere scusa alla città. Quando si saprà di quale appalto si parla, verrà fuori che è la ricostruzione pesante il grande affare, per la quale ho chiesto regole al governo ma senza avere risposte». «L’Italia è piena di avvisi di garanzia - sbotta Cialente - è come se il Ministero competente dicesse che non invierà più soldi a Roberto Cota», il presidente della Regione Piemonte indagato per peculato. «Non ho sentito nessuno del governo negli ultimi giorni - ribadisce Cialente -. Fate due più due e capirete che non posso tornare indietro».
Trigilia presenta i conti. Di Stefano: «È troppo tardi»
L’assessore duro «Ha calunniato la città
danni incalcolabili»
Il ministro per la Coesione territoriale, Carlo Trigilia, ha trasmesso al Parlamento il testo «Relazione sullo stato di attuazione degli interventi di ricostruzione del cratere abruzzese», contenente il monitoraggio finanziario, fisico e procedurale degli interventi di ricostruzione. Un documento che irrompe nel pieno del dibattito, infuocato, sugli interventi post sisma, all’indomani della nuova bufera giudiziaria, con il Ministro in rottura totale con il territorio, da Cialente alla sua giunta, dal centrosinistra al centrodestra. Colpa di due interviste al vetriolo («Il Comune la smetta di chiedere soldi» sul Messaggero e «Il governo non è il bancomat del sindaco» sulla Stampa) che, a detta dell’assessore alla Ricostruzione, Pietro Di Stefano, di fatto hanno sfiduciato il primo cittadino. «Il danno arrecato alla città - sostiene - è incalcolabile. Si poteva evitare ai cittadini aquilani, e non solo a loro, la lettura di titoli calunniosi, se solo si fosse diffusa prima, con un’accurata spiegazione di corredo, la relazione».
Dunque i numeri di Trigilia, almeno in apparenza, riportano al centro della discussione le esigenze finanziarie del territorio, anche se non ricompongono la profonda frattura. Per Di Stefano «si giunge alla stessa conclusione del Comune», rilevando un fabbisogno per il 2014 di 1,6 miliardi di euro, con una disponibilità che oscilla tra i 534 milioni e i 714 (dipende se verranno o meno destinati al capoluogo i fondi del Cratere). È del tutto evidente, dunque, che «serve una certezza per i futuri impegni che il governo dovrà per forza di cosa assumersi». Il Pd, in tal senso, ha chiesto a gran voce alla segreteria di Renzi certezze sui fondi; ma al contempo anche la “testa” di Trigilia e il ritorno della delega sul terremoto a Letta. Renzi, dal canto suo, ha solo detto che il tema L’Aquila è al centro dell’attenzione ed è chiaro che la gente, in città, si attende segnali concreti piuttosto che le chiacchiere a cui è abituata da quasi cinque anni. L’assemblea cittadina ha invocato risorse certe e trasparenza. Anche Chiodi, ieri, ha provato a svelenire il clima. Ha detto che «il tentativo portato avanti da più parti di infangare la città dell’Aquila e gli aquilani non può essere fatto passare indolentemente» (in riferimento all’ultima inchiesta). E, ancora, che «il fango che viene cosparso oggi può assestare però un colpo mortale allo sforzo di rialzarsi, per questo dobbiamo recuperare l’orgoglio di essere un popolo onesto e laborioso ed evitare con forza di alimentare speculazioni scandalistiche per scopi politici partigiani». E, in ultimo, che il governo andrà incalzato, ma «insieme, in maniera costruttiva, lontano dalla propaganda elettorale». Proposito quasi irrealizzabile se sarà confermato l’ingorgo alle urne di fine maggio.
Infine Cialente, che a La7, l’altra sera, ha proseguito l’infinito j’accuse di questi giorni, dicendo, tra l’altro, che Trigilia l’ha dimissionato, che in città divampa la «vendita di commesse», che «gli studi professionali hanno troppi incarichi», fino al botto finale: «C’è il presidente di una importantissima istituzione di questa città che fa il broker, da anni. E vorrebbe fare anche il sindaco». Manco a dirlo: è scattata la nuova caccia.