ROMA La bozza del nuovo sistema elettorale porta il nome un po’ altezzoso di ”spagnolo modificato” ma, in realtà, della legge elettorale iberica porta solo le sembianze esterne. I meccanismi interni la fanno somigliare ad una correzione, per la verità profonda, dell’attuale Porcellum, così come chiesto dalla Corte Costituzionale. Ma al di là del nome che prenderà, la riforma elettorale è articolata sostanzialmente su sei punti.
Primo: il carattere di fondo del sistema elettorale italiano resta quello fissato dal Porcellum, proporzionale a un turno. Sembrano definitivamente tramontate le ipotesi di legge a doppio turno, come per i sindaci o per le politiche francesi, di fronte al secco ”no” di Silvio Berlusconi.
Secondo: viene confermato che ci sarà un premio di maggioranza che dovrebbe scattare per la coalizione che supererà il 35% dei voti (o che, se altri partiti supereranno tale soglia, prenderà più voti). Del resto la Corte Costituzionale ha appena chiesto di fissare una soglia minima di voti oltre la quale assegnare il premio e i partiti l’accontentano. Il 35% è una soglia bassa. Ma vale la pena ricordare che in Gran Bretagna - con l’uninominale - sia laburisti che conservatori si sono visti assegnare gran parte dei deputati con meno del 40% degli elettori.
Terzo: meglio le liste bloccate che le preferenze. Ma, come vedremo meglio, è previsto un accorgimento importante: le liste saranno composte da pochissimi nomi. In questo modo la riforma dovrebbe venire incontro all’osservazione della Corte Costituzionale che ha imposto che l’elettore possa conoscere le persone per le quali vota.
Quarto: esattamente come in Spagna per dare vita a liste di candidati molto brevi (massimo 6/8 nomi) occorrerà suddividere il territorio italiano in molte e piccole circoscrizioni.
Quinto: la divisione dei seggi avverrà però sulla base dei risultati nazionali e non sui conteggi effettuati circoscrizione per circoscrizione, come invece accade in Spagna. La differenza è sostanziale. Il sistema spagnolo, infatti, seleziona i candidati sul territorio favorendo al tempo stesso l’elezione dei primi candidati dei grandi partiti poiché con piccole circoscrizioni la soglia di sbarramento è molto alta, intorno all’8/9%. In Italia, invece, la selezione dei candidati avverrà tramite le segreterie di partito.
Sesto: per ridurre il potere dei piccoli partiti (anche qui in base allo schema del Porcellum) dovrebbero essere previste due soglie di sbarramento. La prima è dell’8% - sempre a livello nazionale - per i partiti che si presentano da soli. Ma è probabile che nella trattativa con Ncd i tetti vengano abbassati. La seconda soglia è del 5% e varrebbe anche per i partiti che si presentano in coalizione. Per capire meglio facciamo un esempio: poniamo che un partito grande prenda il 33% dei voti e si presenti in coalizione con un partito piccolo cui va il 4% dei consensi. La coalizione è al 37% (33+4) e prende il premio di maggioranza. Ma vengono eletti solo deputati del partito grande. Se, invece, la lista minore prende il 6% dei voti, i due partiti si divideranno i seggi in proporzione ai loro consensi.
Legge elettorale. Renzi-Berlusconi d’accordo: favorirà i partiti maggiori. Il segretario: «Profonda sintonia». Domani la proposta democrat. L’ex premier: restano le critiche a Letta, ma sosteniamo le riforme
ROMA Preparato da una fitta sequenza di incontri tra gli sherpa delle due parti, l’accordo sulla legge elettorale tra Renzi e Berlusconi ha visto la luce nelle due ore e mezzo del discusso incontro tra i leader di Pd e FI. In una conferenza stampa lampo, precedendo il comunicato del Cavaliere, Renzi ne ha indicato gli elementi portanti su cui - ha detto - c’è stata «profonda sintonia» con il suo interlocutore. Sulla legge elettorale l’orientamento è per un modello «che favorisca la governabilità, il bipolarismo ed elimini il potere di ricatto dei partiti più piccoli». Per i particolari Renzi ha rinviato alla direzione del Pd di lunedì pomeriggio a cui verrà presentato il testo della proposta. Nel frattempo, si continuerà a lavorarci, «aperti al contributo di chi vorrà starci». Gli altri due punti nodali dell’accordo raggiunto riguardano il superamento del bicameralismo paritario e la riforma del Titolo V della Costituzione.
INDENNITÀ
E’ prevista, ha detto Renzi, «la trasformazione del Senato in Camera delle Autonomie, con il paletto che non ci sia un’indennità per i senatori, non ci sia la loro elezione diretta e che non voteranno la fiducia al governo». Quanto al Titolo V, il segretario dem ha annunciato che si procederà sia con una riforma «di natura costituzionale» sia con interventi destinati alla diminuzione dei costi della politica come la riduzione dei rimborsi ai gruppi regionali. Renzi ha inoltre sottolineato la «sintonia» riscontrata con Berlusconi anche «sull’apertura ad altri partiti politici del confronto che si svolgerà nei prossimi giorni». Concetto, questo, ribadito nella nota del leader di FI, nella quale si auspica che la legge elettorale - che il Cavaliere vede orientata «al consolidamento dei grandi partiti in un’ottica di semplificazione dello scenario politico» - «possa essere largamente condivisa attraverso il fattivo contributo di tutte le forze politiche in Parlamento».
L’APPOGGIO DI FI
Quanto all’atteggiamento di Forza Italia, partito oggi all’opposizione, Berlusconi riferisce che, «pur ribadendo le critiche all’azione dell’esecutivo e auspicando di poter al più presto ridare la parola ai cittadini, ho garantito al segretario Renzi che FI appoggerà in Parlamento le riforme volte a semplificare l’assetto istituzionale del Paese. In particolare quelle relative alla trasformazione del Senato e alla modifica del Titolo V della Costituzione». Rivendicata la sintonia di queste riforme con quelle perseguite nel 2006 dal centrodestra ma bocciate dal referendum popolare, il Cavaliere si dice «lieto di prendere atto oggi del cambiamento di rotta del Partito democratico» ed esprime la «soddisfazione di Forza Italia per il metodo scelto dal Pd per avviare un rapido e costruttivo confronto sulle riforme istituzionali».
Maggioranza divisa. Alfano alza il tiro però tratta con i dem
Il vicepremier: si scordino di fare la riforma senza di noi
Franceschini lo rassicura: ci sono le condizioni per un’intesa
ROMA Ufficialmente, Angelino Alfano spara a zero sull’accordo tra Renzi e Berlusconi. E altro non potrebbe fare di fronte alla prima assemblea dei giovani del Nuovo centrodestra, a Pesaro, che celebra il distacco dal Pdl. In realtà, la trattativa con il leader del Pd è tutt’altro che arenata, soprattutto perché quello che il Ncd riteneva il rischio più grave, ossia il modello elettorale spagnolo ipotizzato dal forzista Verdini, sembra ormai tramontato. Di questo il vicepremier ieri ha parlato più volte con il sindaco di Firenze. Insomma, la diffidenza tra gli alfaniani resta, ma, in parallelo, non si perde la speranza di arrivare a un’intesa potabile. E lo fa capire proprio il leader del Ncd quando, dopo le polemiche di rito, informa di «essere stato sempre in contatto con Renzi e ci risentiremo nei prossimi giorni, anche perché fare la legge elettorale senza di noi mi pare difficile che gli riesca. Si scordino di farla contro di noi».
TENSIONI
E Renato Schifani precisa: ««Non ci infastidisce che Renzi incontri Berlusconi, è il presidente di Forza Italia. Ma gli accordi vanno fatti anche con Ncd. In particolare, le intese per le riforme si fanno a più mani e a più teste, non a due». D’altronde, sottolinea Schifani, «Berlusconi per ora è all’opposizione. Se poi Renzi vuole fare un governo con lui, vada pure avanti». Il messaggio è che «innanzitutto occorre partire dai partiti di maggioranza, quindi anche dal Nuovo centrodestra, per fare una nuova legge elettorale. E Renzi dovrà prenderne atto», ragiona Alfano con i suoi.E insieme a Lupi, Schifani, Saltamartini, nota «la contraddizione che Renzi dovrà spiegare ai suoi elettori, se, come pare, si parla di mantenere un Parlamento formato da nominati e non da deputati e senatori eletti liberamente dagli italiani».
E che il segretario del Pd stia dialogando con il Ncd lo conferma la leader di Scelta civica, Stefania Giannini, che, reduce dall’incontro con Renzi, spiega: «All'incontro con Berlusconi si va con un accordo di maggioranza, perché Renzi sta dialogando anche con Nuovo centrodestra. Con un tavolo parallelo, che prescinda da un accordo di maggioranza- aggiunge- ci sarebbero dei problemi, ma non mi sembra di aver colto questa volontà».
Infine, Alfano, con orgoglio, rifiuta di incasellare il Ncd «come piccolo partito, visto che abbiamo avuto il coraggio di rompere con il Pdl». Inutile perciò «provare a ricondurci all’ovile per legge», varando il modello spagnolo che privilegia le forze politiche più grandi a scapito dei partiti minori. «La nostra scelta è fatta», insiste e fa sapere che «il Ncd è per uno sbarramento vero che consenta di eliminare il ricatto dei partitini». E ancora: «Noi siamo per l’indicazione diretta del capo dell’esecutivo da parte di una coalizione prima delle elezioni. E vogliamo delle coalizioni e non solo due partiti con liste bloccate che sono contro la storia italiana».Infine, a Berlusconi Alfano ricorda che «il Ncd è il partito al quale il centrodestra appende le sue possibilità di vittoria». Il ministro Franceschini (Pd) lo rassicura: ci sono le condizioni per un’intesa larga».