ROMA - Matteo Renzi è pronto a modificare il premio di maggioranza sulla bozza di legge elettorale che oggi presenta alla direzione del Pd. Ribadisce di aver incontrato Berlusconi «alla luce del sole». Duro Fassina: mi sono vergognato.
Il giorno dopo di Matteo Renzi, fra gli sms scambiati con Alfano e una visita a Bersani a Parma, è ancora sull’altalena. Il segretario del Pd sfodera ottimismo, replica ai dubbi e ai no che si alzano pure dalla minoranza del suo partito, e lo fa a modo suo. Rilanciando. Oggi è il giorno della verità. Il testo sarà all’esame della direzione Pd. «L’accordo con Berlusconi è trasparente e alla luce del sole - dice il segretario -. In un mese è a portata di mano quel che in venti anni di chiacchiere non si è mai realizzato». Tutto molto semplice, spiega su Twitter e Facebook. Ovvero, si fa una legge elettorale per cui «chi vince governa stabilmente senza il diritto di ricatto dei partititi». Il patto servirà alla resurrezione del Cavaliere? «A chi critica suggerisco almeno di aspettare di vedere com’è fatta la legge, oggi pomeriggio». I correttivi allo studio riguardano «il sistema di assegnazione del premio di maggioranza, soprattutto per il caso in cui nessuno dovesse raggiungere la soglia di accesso al premio». Renzi Continuerà a lavorarci questa mattina, prima della Direzione Pd del pomeriggio che in realtà il segretario mostra di temere poco o nulla.
Sotto osservazione sulla sua scrivania finisce dunque l’ipotesi in cui nessuna coalizione dovesse superare la quota minima prevista per accedere al premio (ancora da fissare tra il 35, il 37 o il 40 per cento). È il tallone d’Achille del patto stretto sabato pomeriggio al Nazareno con Forza Italia. Ne ha parlato con gli emissari del Cavaliere. Se nessuno raggiungesse quella soglia, cosa accadrebbe? Impensabile, per il numero uno del Pd, che si torni a una ripartizione proporzionale dei seggi. E nulla può essere lasciato al caso, la partita è delicata. Indispensabile confrontarsi ancora col leader forzista sull’opzione due, su una scialuppa di salvataggio possibile per il sistema.
Berlusconi intanto “traduce” l’intesa per i suoi fedelissimi del club Forza Italia di Susa battendo anche lui sul tasto del bipolarismo, perché «questo paese si governa solo così ». E aggiunge, in collegamento telefonico: «Il premio di maggioranza di cui stiamo discutendo con Renzi dovrebbe consentire di avere una larga maggioranza e, quindi, di governare». Poi ci mette del suo, e nel pacchetto dei desiderata ecco che rispuntano l’elezione diretta del capo dello Stato, una diversa composizione della Consulta, e la revisione della par condicio.
Fra i due, c’è sempre di mezzo Angelino Alfano. «Abbiamo impedito un infanticidio — rivendica il vicepremier — e di soffocare in culla una creatura appena nata». L’infante è il Nuovo centrodestra, il killer fermato in tempo sarebbe l’Ispanico, il modello spagnolo che per Alfano segnerebbe la fine del suo partito. «Possiamo già registrare questo primo successo — scandisce alla convention dei giovani di Ncd — perché senza di noi o contro di noi la legge elettorale non si fa». Un paio di stoccate a Berlusconi, che ha rotto col governo per ritrovarsi «un mese e mezzo dopo precipitosamente dal Pd». Potevano risparmiarsi «tante umiliazioni» seguendo la linea Alfano. Il ministro fa la voce grossa ma dietro i toni di battaglia si capisce che la trattativa va avanti, e che potrebbe chiudere su una versione corretta dello spagnolo, «senza far rientrare dalla finestra le liste bloccate e super premi di maggioranza».
Una preoccupazione che, sia pure con altre motivazioni, circola anche al Colle. A tutti quanti, protagonisti e duellanti della trattativa, Napolitano sta chiedendo di rispettare i paletti fissati dalla sentenza della Corte costituzionale che ha cancellato il Porcellum. Occhio insomma a tradurre bene nella nuova legge le due direttive della Consulta: soglia minima per il premio di maggioranza e diritto di scelta dei candidati da parte degli elettori. Se no, si corre il rischio di sfornare un surrogato della legge-porcata. Che il presidente della Repubblica non potrebbe avallare. Solo un avviso ai naviganti Renzi e Berlusconi dal capo dello Stato che aspetta di vedere nero su bianco il testo, ma intanto apprezza che il treno delle riforme sia finalmente ripartito. Bene l’operazione di allargamento della maggioranza di Renzi sulla legge elettorale, ma sempre a patto che non si trasformi alla fine in una operazione “contro” la maggioranza.