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Data: 22/01/2014
Testata giornalistica: Ferpress
Titolo V: per trasporti e energia, la riforma più importante

Il clamore legato alla riforma della legge elettorale ha finito per mettere quasi in secondo piano gli altri due elementi del “pacchetto Renzi” che il neosegretario PD sta portando avanti a tempi di record. Prescindendo dalla riforma del Senato, per il settore dei trasporti e delle infrastrutture, è evidente che il terzo elemento del “pacchetto”, la riforma del Titolo V della Costituzione, rappresenta l’iniziativa legislativa più importante.
Il documento preparato da Renzi presenta l’affermazione secca che “la riforma del Titolo V deve prevedere l'eliminazione della materia concorrente”, ma questa indicazione deve riempirsi di contenuti, soprattutto per quanto riguarda la materia delle reti infrastrutturali di trasporto e di energia. Sarà importante verificare come le indicazioni verranno tradotte nel dettato legislativo, ma è evidente fin d’ora che si tratta di una rivoluzione che non è affatto esagerato definire storica.

Anche se è ancora presto per ritenere che venga definitivamente messo in soffitta il potere di interdizione delle Regioni (e, a cascata, delle amministrazioni locali), la riforma produrrà comunque un effetto certo: recuperare allo Stato un potere di programmazione su settori decisivi come le infrastrutture e l’energia e, soprattutto, sveltire gli iter procedurali per la realizzazione di opere considerate di preminente interesse nazionale.

Anche il Ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, ha recentemente definito “inaccettabili” i tempi previsti – ad esempio – per la realizzazione di un’opera come l’Alta Velocità-Alta Capacità Napoli-Bari. E, a prescindere dalle questioni finanziarie (certamente non di poco conto), è parimenti discutibile lo stallo riguardante la realizzazione della nuova linea ferroviaria Venezia-Trieste, per non parlare di molte altre opere.

E’ evidente che tutto ciò non può tradursi in un semplice ritorno all’indietro e a una riproposizione pura e semplice del ruolo dello Stato “centralista”. Probabilmente (e sarebbe ovviamente opportuno), una semplificazione del quadro decisionale sarà accompagnata da altri provvedimenti più volte richiesti e in parte anche annunciati e progettati, vale a dire l’introduzione di meccanismi di coinvolgimento delle popolazioni locali e di trasparenza dei percorsi decisionali (il famoso “debat public” o, addirittura, forme di vera e propria consultazione referendaria).

Rimane, in ogni caso, l’enorme importanza di una riforma che restituisce un ruolo programmatorio e decisionale allo Stato, che faremmo bene a non considerare più un’entità astratta, ma ciò che effettivamente è, vale a dire l’espressione di una volontà collettiva. E, per chi ricorda gli eccessi del passato anche in campo infrastrutturale, sarà bene riflettere che il mondo è talmente cambiato da non consentire ritorni all’indietro: non lo consentono la scarsità di risorse, non lo consente l’urgenza di trasformare l’Italia in uno Stato moderno, anche e soprattutto nello sviluppo di quelle reti che oggi costituiscono il presupposto indispensabile di qualsiasi tipo di crescita.

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