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Data: 22/01/2014
Testata giornalistica: Il Messaggero
Atac, il buco dei biglietti «Persi 80 milioni l’anno». Tra i tagliandi falsi e chi viaggia a sbafo i mancati incassi per l’azienda sono enormi

Un biglietto venduto ogni 7 passeggeri, ipotizzando il fatturato divisibile per le unità trasportate. Una cifra puramente approssimativa che comprende abbonamenti, corse doppie, varie tipologie di biglietti ed evasione, composta da coloro che viaggiano senza titolo e da coloro che acquistano biglietti falsi. Quest’ultima «opzione» è praticamente impossibile da contabilizzare in Atac, mentre fonti interne ne danno una stima di almeno 80 milioni di euro l’anno. Il dato che emerge dai conteggi, invece, è abbastanza chiaro. Ogni anno salgono sui mezzi Atac 1,2 miliardi di clienti (stima del Comune), a fronte di un ricavo per vendita di titoli di viaggio (ticket e 250 mila abbonamenti) di 249 milioni di euro (2012); a Milano l’Atm incassa 654 milioni dalla vendita dei ticket a fronte di poco più di 600 milioni di passeggeri. A gestire il monte dei titoli romani sono due società: la Claves (che si è sempre dichiarata estranea a qualsiasi coinvolgimento in atti illeciti) e la Expotel (società incaricata dei ritiro dei caricatori, finita al centro di un’inchiesta), al cui interno si sono avvicendati manager che erano della Erg, la prima società che cominciò a gestire la bigliettazione di Atac, oggi al centro di una maxinchiesta, in parte secretata. Ma sarebbe di questi giorni la notizia di una superperizia che avrebbe dimostrato non solo l’esistenza di biglietti falsi e biglietti autentici con gli stessi codici, autentici, ma anche disegnato una piramide di responsabilità, aprendo nuovi scenari.
LA CHIAVE
Una ricostruzione documentale che ripercorre, passo passo, la produzione e lo stoccaggio dei biglietti falsi, nonché il passaggio dei codici. Un ulteriore tassello che s’inserisce nel «sistema Atac», definito dagli stessi dirigenti «una sorta di bancomat» usato all’occorrenza trasversalmente dalla politica e dai singoli, per incamerare denaro. Parte della conferma arriva dalle inchieste del team di Renato Castaldo, che ha fotografato dal 2010 a oggi le anomalie che hanno stravolto i bilanci dell’azienda, consentendo la sparizione di milioni di euro. Documenti che portano nomi e cognomi di manager interni dell’azienda, che non si sarebbero accorti del fiume di denaro che si volatilizzava e che consentivano appalti esterni milionari, come quello per i freni a disco della metro, o la fornitura di gasolio e gomme dei mezzi, tutti al centro di vari filoni d’inchiesta.
I CONTI
Quel che è certo è che fino a oggi Atac non ha mai voluto sapere il flusso reale di passeggeri trasportati. Se nei bus di Roma Tpl (che fornisce il servizio periferico e notturno all’azienda capitolina), per esempio, esistono i contatori di persone, in quelli urbani di Atac non v’è traccia e le obliteratrici non memorizzano nulla dei ticket vidimati. Un sistema fallace, che non riesce a contare: biglietti stampati, biglietti venduti, biglietti obliterati. Gli unici contatori riguardano la metro. E i numeri, veri, ci sono. A dicembre sulle linee A e B sono transitate mediamente 600 mila persone al giorno, che fanno circa 220 milioni di persone l’anno di cui il 60% sono abbonamenti. Cifre che basterebbero quasi da sole a ricostruire i 249 milioni di euro incassati in un anno dalla vendita dei titoli (biglietti e abbonamenti), anche considerando il biglietto integrato, giornaliero e turistico. «Il che significa che paradossalmente potremmo considerare viaggiatori senza biglietto - spiega Gianluca Donati della Cisl - il resto dei passeggeri trasportati con tutti i bus, tram e i treni Roma-Lido, Roma-Viterbo e Roma-Giardinetti». Ma ovviamente di questi conteggi, in Atac, non v’è traccia. La conferma arriva anche da alcuni dirigenti che spiegano «in Atac i bilanci sono sempre stati calcolati alla rovescia. Prima si quantificavano i biglietti venduti, poi venivano calcolati a seconda delle esigenze i passeggeri trasportati».
IL PERCORSO
Sui biglietti falsi, gli investigatori avrebbero individuato più canali privilegiati. Indagini sono aperte sulla stessa società che li stampa, il gruppo ced che passa i dati. i distributori e i rivenditori. Una storia che si trascina da quasi un decennio, arrivata probabilmente a un giro di boa, che attende risposte. Perché l’azienda non ha sostituito i vertici che (nei periodi temporali su cui si sta investigando) erano al comando? Perché non ha effettuato verifiche sui fornitori? Temi su cui i magistrati vogliono vederci chiaro. Una piramide su cui poggiano i nomi di alcuni dirigenti, impiegati e fornitori, impegnati in questi anni «a difendere il sistema fallato», dice un detective, proprio per consentire lo spaccio dei ticket fasulli. Perché oltre alla politica che avrebbe pascolato alla mangiatoia, esistono responsabilità soggettive precise di manager e funzionari. Tra cui quelli che, con le loro dichiarazioni, hanno permesso agli investigatori della Finanza di risalire alle fonti produttive della documentazioni informatiche che consentivano la produzione di biglietti riconosciuti dalle obliteratrici come veri anche se non lo sono. Curioso che negli ultimi mesi, dopo il pressing mediatico sulla vicenda, rivenditori e macchinette, siano rimasti spesso a corto di ticket.

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