L’AQUILA Il valzer delle dimissioni è finito. Massimo Cialente torna a fare il sindaco dopo poco più di una settimana in purgatorio da dimissionario. Ora torna a guidare il Comune dell'Aquila, forse più debole di una settimana fa, e soprattutto consapevole che la stagione dei gesti eclatanti con dietrofront è davvero finita, da qui alla fine del mandato. Nella lunga conferenza stampa di ieri (fuori la protesta, civile, del comitato 3.32, con cartelli e slogan) Cialente non dice mai di aver fatto una sciocchezza a rassegnare le dimissioni, non chiede scusa alla città, anzi dice che senza di lui L'Aquila era allo sbando e che gli attacchi si sono moltiplicati. Non si può certo dire che al primo cittadino manchi l’autostima. «Non sono né Nembo kid, né Superman, ma meglio Napoleone con un cavallo azzoppato che un Brancaleone con un purosangue» dice. Ora l'obiettivo è recuperare la credibilità con l'Italia, di qui il lampo di genio: nominare vice sindaco l’ex procuratore capo di Pescara, oggi in pensione, Nicola Trifuoggi, che lavorerà gratuitamente come vice sindaco. Avrà la delega alla trasparenza, governerà la centrale unica di committenza e soprattutto sarà il garante della legalità ricostruendo alcune vicende complesse come quella dei puntellamenti. Inoltre attraverso la delega alla polizia municipale dirigerà l'ispettorato urbanistico. Una sorta di commissariamento buono, per stoppare sul nascere ogni tentazione. «Ho accettato molto volentieri perché voglio bene a questa città - ha detto il magistrato - Ho stima per l'onestà di Massimo Cialente e della sua compagine». A spingerlo ad accettare è stata anche «l'indignazione per aver letto la rappresentazione di una realtà che dipinge gli aquilani come truffatori e speculatori. Ho la certezza di trovarmi fra persone perbene». Anche l’ex ministro Fabrizio Barca viene cercato per occuparsi da vicino della ricostruzione aquilana, diventando un consulente del sindaco, ma il suo entourage esprime perplessità sul fatto che accetti.
L’AFFETTO
«Gli aquilani mi hanno dimostrato un affetto che mi ha sommerso - ha riferito il sindaco - hanno capito che noi siamo stati gli unici difensori della città, per cui l'idea che solo uno di noi potesse aver sbagliato era qualcosa di terribile, come sentirsi abbandonato dal padre. Di qui il senso di disorientamento della città. Io ho dato le dimissioni perché su questa vicenda si è scatenata una campagna che non era rivolta solo contro di me. Ero pronto a sacrificarmi per salvare l'immagine della città. Invece con le mie dimissioni l'icona della città del malaffare è aumentata. Perché? Forse c'è qualcuno che si lava la coscienza con il nostro sangue». «Qualcuno dice che in questa città siamo tutti disonesti e che c'è un magna magna, forse non sa - continua Cialente - che noi abbiamo mangiato la polvere delle nostre case e dei campi». Poi il sindaco sfodera l'arcinota la teoria complottistica dei poteri forti e della stampa nazionale anti aquilana.
IL VERTICE
Allora, tutto come prima: Cialente torna a fare il sindaco, il ministro Trigilia resta dov'è e il governo tace. Su questo punto Cialente dissente: «Fra qualche giorno ci sarà l'incontro con il ministro Saccomanni e il sottosegretario Legnini per ottenere risorse aggiuntive per L'Aquila «Il miliardo che stiamo chiedendo è assolutamente necessario per rispettare il cronoprogramma della ricostruzione». Da subito il sindaco avvierà una campagna di ascolto con la classe dirigente. Ieri, infine, la giunta ha approvato la rotazione di funzionari e dirigenti: sarà operativa entro 30 giorni.
Il pm di sinistra chiamato per ripulire l’immagine
L’AQUILA Stavolta sì, Nicola Trifuoggi scende in politica, rompendo gli indugi dopo un anno e mezzo di «corteggiamenti» più o meno ufficiali, da tutto l’arco costituzionale: Pdl, Cinque Stelle, e anche il Pd falcidiato dalle sue inchieste. È lui, il pm che ha terremotato la politica abruzzese, abbattendo Del Turco innanzitutto, ma anche Cantagallo e D’Alfonso (che ora, come si è detto recentemente, “sosterrà” alle prossime regionali), l’uomo scelto da Cialente per salvare la faccia dell’Aquila. Un magistrato per ripulire l’immagine della città sfregiata proprio dall’ennesima inchiesta della magistratura. Alla De Magistris, insomma. O Di Pietro, o ancora Ingroia. Magari, sperano da queste parti, con esiti diversi. Dalla politica degli esposti ai magistrati che fanno politica, insomma. Questione, come ha confessato Trifuoggi apertis verbis e senza alcun timore ieri, innanzitutto di «consonanza ideologica» con il redivivo sindaco aquilano: «È una cosa bella, posso permettermi di dirlo, sto a sinistra». Una rivelazione anticipata un mesetto fa anche al governatore Chiodi, in un siparietto privato che più o meno è andato così: «Ideologicamente sto a sinistra». «Ah sì? Mi avevano detto il contrario». «Mi stai facendo il più grande complimento, vuol dire che sono stato bravo a non far capire come la pensavo». Anche perché il famoso e pepato fuorionda del 2009 su Silvio Berlusconi, a tu per tu con Gianfranco Fini a Pescara, aveva disorientato un po’ tutti.
L’ex pm, di centrosinistra, farà dunque (gratis) il vice sindaco, coronando un vecchio sogno, un vero e proprio pallino, tanto da farsi sfuggire: «Mi sembra di essere a casa». La sua corsa a uno scranno dell’Emiciclo si ferma all’Aquila: «Vediamo che succede, ma questo incarico esclude qualsiasi altro mio impegno politico-istituzionale». Una volta disse che «se qualcuno pensa, forse presuntuosamente e anche sbagliando, di poter dare qualcosa alla collettività, deve impegnarsi». Detto, fatto. La telefonata è arrivata domenica scorsa, più o meno intorno a mezzogiorno, mentre passeggiava lungo corso Umberto, a Pescara. Serviva solo l’offerta buona, dunque: accettata senza pensarci un secondo. Cialente è stato bravo a toccare le corde giuste: la «consonanza ideologica», si diceva, ma anche l’amore per la città dove è stato procuratore e per...la moglie. La «combattiva» Clelia Battista, infatti, è aquilana purosangue e pare che, ovviamente, abbia dato il suo personale assenso: «Il 6 aprile, molto presto - ha raccontato Trifuoggi -, eravamo qui mentre ancora si alzava la polvere degli edifici caduti».
E poi c’è un terzo «perché» dietro la clamorosa discesa in campo. Ovvero «l’indignazione»: «Gli aquilani sono stati presentati tutti come approfittatori, truffatori, speculatori perfino dei 309 morti. Non è questa la realtà. L’Aquila è una città di persone serie, perbene, che deve avere la forza di liberarsi di qualche pecora dal colore oscuro, quantomeno evitando che assuma o mantenga posti di responsabilità».
Dunque Trifuoggi diventerà il garante della legalità in Comune: si occuperà di trasparenza, ispettorato urbanistico, centrale di committenza per gli appalti, ma soprattutto dovrà «raccontare all’Italia» quanto è stato fatto qui dopo il sisma, ristabilendo «verità e onorabilità». Comincerà, però, da dove ha lasciato: dalla Magistratura, da una chiacchierata con il procuratore Cardella. In quella che è «tutt’altro che una reazione» alle recenti vicende giudiziarie, «bensì una volontà di collaborazione»: «Se troveremo qualcosa che non va ne interesseremo la Procura». Attenzione: ora in Comune c’è un pm.