PESCARA Del suo ingresso in politica si parlava da tempo, tanto. Puntando sulla strana consonanza che l’uomo che lui ha fatto arrestare e che poi si è ritrovato assolto. Ma che per l’incriminazione e l’arresto ci ha rimesso begli anni di carriera politica. L’ex procuratore di Pescara Nicola Trifuoggi è dunque il nuovo vice-sindaco dell’Aquila: lui che i politici li ha indagati oggi li affianca nel nome della legalità. Ma stupisce cambiando le carte in tavola. In effetti si era parlato di una candidatura alle elezioni regionali, sempre in quota centrosinistra, in area Luciano D’Alfonso, che da sindaco di Pescara mise sotto inchiesta. E che in Tribunale ha incassato la prima assoluzione. Invece Trifuoggi torna indietro, all’Aquila, lì dove è stato per diversi anni procuratore antimafia. L’impegno, dice, per una città che non è città di malaffare. Parola di ex pm. Che alla politica è più che prestato: lui che voleva chiudere la carriera da Pg a Roma si ritrovò brutalmente tranciato dopo un fuori onda registrato nel corso di un convegno a Pescara in cui chiacchierando con Gianfranco Fini venivano fuori giudizi su Berlusconi. Un incidente di percorso, un’ingenuità pagata cara per chi con le intercettazioni ha una consuetudine professionale costante.
Così è dall’Adriatico che il procuratore saluta la magistratura. A Pescara Trifuoggi era arrivato lasciando proprio la città in cui torna da amministratore, L’Aquila, dove era stato anche procuratore antimafia e dove sostanzialmente aveva lasciato un buon ricordo umano. Che oggi l’amministrazione sfrutta facendone uno scudo d’immagine, per l’impegno che Trifuogi ha sempre messo nelle iniziative in favore della legalità. Eppure, complice forse la vicenda Cialente, l’applauso della piazza è tiepido, forse perché è facile considerarlo come l’ennesimo avamposto della magistratura in politica. Ma Nicola Trifuoggi è anche il procuratore che ha indagato la mamma ottantenne della deputata Pdl Michaela Biancofiore.
E, soprattutto, ha incardinato la maxinchiesta Sanitopoli quella che ha portato all’arresto prima e alla condanna poi, dell’ex presidente della Regione Ottaviano Del Turco, cancellando di fatto, nel 2008, un intero governo regionale. Fu Trifuoggi ad elevare al grado di supertestimone Vincenzo Maria Angelini, allora potentissimo patron del gruppo Villa Pini, che alla Procura di Pescara raccontò le sue traversie con una politica che, a suo dire, lo stava dissanguando. È lo stesso Angelini che a Chieti è indagato per bancarotta fraudiolenta per il crac del suo impero sanitario, per sequestro di persona e per una serie di irregolarità commesse nella gestione delle sue cliniche private. Irregolarità per 24 milioni di euro rilevate nella visita della commissione Marino e di 46 milioni di euro riscontrate da unispezione del Nucleo antisofisticazioni. Doppio binario, doppia giurisdizione, per una personalità, quella di Angelini, che si può amare e odiare, ma che non lascia indifferenti. Appassionato collezionista di opere d’arte di buon valore, oggi tutte vendute all’asta, forniva le sue cliniche delle attrezzature migliori e all’avanguardia, per poi avere rapporti sempre complicati con il personale. Gli stessi che, infondo, ha sempre avuto con la politica, per generazioni di amministrazioni. E che poi si sono concluse con la retata di una notte di luglio. Che porta la firma di un magistrato allora, politico oggi, che la storia e gli abruzzesi non potranno mai dimenticare.