PESCARA. Gli operatori portuali di Pescara tornano ancora una volta a denunciare i ritardi e le manovre che si stanno attuando a danno dell'economia portuale pescarese e delle forze economiche che vi gravitano intorno.
«Ancora troppe questione restano irrisolte e la sensazione ormai non è solo quella che dietro a tutto ciò ci siano solo incapacità o superficialità, ma che esista un vero e proprio disegno regionale ad impedire la ripresa del porto di Pescara», dice Gianni Leardi a nome della categoria.
LA VAS, QUESTA SCONOSCIUTA
Mentre i costosissimi lavori di dragaggio stanno per terminare (dovrebbero concludersi a febbraio, senza che siano stati raggiunti i fondali indicati dagli operatori portuali come ottimali per la ripresa di qualche tipo di traffico marittimo, è ancora buio fitto sul futuro dell'adeguamento infrastrutturale dello scalo.
Sono trascorsi 19 mesi dalla scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni al nuovo Piano Regolatore Portuale di Pescara. Da quel momento, secondo la legge, la Regione aveva 90 giorni di tempo per l'emanazione del provvedimento di conclusione del procedimento perciò il termine è scaduto il 1° ottobre 2012, fanno notare gli operatori portuali.
«Ora è sotto gli occhi di tutti che, con motivazioni che appaiono tuttora pretestuose», lamentano, «ed in ogni caso prive di alcuna considerazione sull'importanza di tale piano per il futuro economico, turistico ed occupazionale della città di Pescara e della regione, i funzionari competenti non hanno ancora portato a conclusione il procedimento, nonostante operatori ed esponenti politici cittadini abbiano più volte sollecitato la conclusione dell'iter».
OPERE FARAONICHE?
Secondo gli operatori portuali, inoltre, non corrisponderebbero al vero alcune cifre diffuse in merito al costo eventuale delle opere marittime comprese nel Piano, qualora venissero tutte realizzate.
Si è addirittura arrivati a parlare di 200 milioni di euro ma la stima effettuata dai progettisti nel 2008 arrivava a 97 milioni per tutti e tre i lotti (deviazione del fiume, adeguamento del porto commerciale, nuova darsena pescherecci). «Pur volendo rivalutare tale somma del 30%», fanno notare gli operatori portuali, «non si arriva a 130 milioni, ma se consideriamo l'ipotesi di stralcio della nuova darsena per la pesca, che quasi nessuno vuole e che da sola vale il 50% del costo totale del Piano, non si arriva a 65 milioni di euro. Si tratterebbe di un investimento comunque importante ma che porterebbe lavoro, crescita economica e turistica, e contemporaneamente abbatterebbe quasi completamente i costi legati al dragaggio costante a cui è condannato lo scalo e che, a causa dell'incapacità degli enti competenti di assicurare regolari campagne di escavo, ha portato all'esborso di 13 milioni di euro per il dragaggio attualmente in corso».
Tutto giusto ma gli operatori non tengono conto delle ormai trite consuetudini di operare “varianti in corso d’opera” che praticamente sempre fanno lievitare il costo iniziale che deve anche sopportare i tempi lunghissimi di realizzazione. Se si vuole una stima prudenziale -e se vogliamo peggiorativa ma più che realistica- bisognerà attenersi ai 200mln anche per evitare (come pure spesso capita) di lasciare i lavori a metà in attesa che arrivino altri soldi.
FINANZIAMENTI PER IL PORTO? COLPITI E AFFONDATI
Sempre gli operatori portuali ricordano che nel passaggio della legge di stabilità dal Senato alla Camera, Antonio Castricone (Pd) ha presentato un emendamento che avrebbe destinato 15 milioni di euro per realizzare gli interventi infrastrutturali sul fiume e sulla sua foce, arrivando così a breve a ripristinare il deflusso delle acque in mare aperto.
Come si evince dal verbale della seduta della Commissione Bilancio della Camera, nonostante il parere favorevole di Relatore e Governo, Castricone è stato costretto a ritirare l'emendamento. Chi si è opposto? Dal verbale della seduta emerge che il primo no è arrivato da Bruno Tabacci (misto Cd) che ha fatto notare che la questione dell'emergenza dovute a calamità naturali era già stata ampiamente esaminata dalla Commissione nell'ambito dell'emendamento che ha previsto un apposito fondo da destinare alle situazioni segnalate da tutte le regioni.
Il sottosegretario Giovanni Legnini è poi intervenuto sottolineando l'importanza della realizzazione delle infrastrutture, necessarie «a porre rimedio ad una situazione resa difficile da interventi sbagliati effettuati 30-40 anni fa, con la costruzione di una diga foranea». Poco dopo ha suggerito a Castricone di ritirare l’ emendamento e di trasformarlo in un ordine del giorno indirizzato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il quale è competente nella realizzazione di opere.
E Castricone accettando l'invito del rappresentante del Governo, ha ritirato il suo emendamento.