PESCARA «Fas edilizia. Tenaglia, 15 mila euro. Evangelista, 15 mila euro. Di Francesco, 10 mila». In casa dell’ex assessore alla cultura Luigi De Fanis, agli arresti domiciliari dal 12 novembre, è stato trovato un appunto manoscritto con nomi e cifre riuniti sotto due capitoletti: “Legge 43” e “Fas edilizia”. È una lista di «amici», come è stata definita dallo stesso ex assessore durante l’interrogatorio al pm: attualmente è nelle mani del magistrato che sta valutando se dietro quei nomi e quelle cifre si possa nascondere una lista di tangenti. «La lista di amici». Quando l’ex assessore, arrestato per aver chiesto soldi a un imprenditore dello spettacolo, è stato interrogato il 30 dicembre dal pm Giuseppe Bellelli, il tema ricorrente delle domande del magistrato è stato proprio quell’elenco (tutte le persone citate non sono indagate, ndr) con scritto «Masci, 2000; Mascitti, 2000, Paolini, 1.500» fino ad arrivare ai nomi e alle cifre sotto il capitolo “Fas edilizia” con una cifra complessiva cerchiata di «60 mila euro». Il pm chiede chiarimenti e De Fanis spiega chi sono quelle persone e perché quelle cifre: «Un preventivo di contributi che avrei voluto chiedere per la campagna elettorale. Soldi che non ho preso e che non ho chiesto». Una tesi che, come commenta durante l’interrogatorio Bellelli, non convince il pm. «Quei nomi? Sono tutti amici», inizia a spiegare l’ex assessore. «Diego Paolini è di Villa Santa Maria, Andrea Mascitti lo sappiamo (l’imprenditore che ha denunciato De Fanis, ndr), Tabù è il ristorante ed Ermanno è Falone (Ermanno Falone indagato nell’inchiesta, ndr). Grafidea è quella che ha sempre lavorato con noi. Paolini Ortona è un ex consigliere, Diego Paolini è lo stesso». De Fanis illustra che l’appunto sequestrato è una sorta di preventivo per la campagna elettorale con contributi che avrebbe voluto chiedere. Il pm lo incalza e l’ex assessore non retrocede. «C’è un bilancio di entrate e uscite», commenta il pm, «questo è un paravento che ha costituito lei per prendersi i finanziamenti che il suo assessorato eroga», incalza ancora il magistrato. Contributi? Tangenti? È questo un altro capitolo su cui sta lavorando il pm titolare dell’inchiesta per capire se l’ex assessore ha chiesto soldi solo a Mascitti oppure anche ad altri. «Fas edilizia, 60 mila». Ma quello che più ha incuriosito il pm è stato il capitolo “Fas edilizia” perché il magistrato ha chiesto a De Fanis come mai, da ex assessore alla Cultura, si occupasse di edilizia. «Siamo arrivati ai Fas», inizia Bellelli. «Lei con i Fas che cosa c’entra?», domanda il magistrato. E De Fanis: «Niente». «Appunto», replica il magistrato. «I Fas, c’entro con la cultura, voglio dire, ma non so...», si fa più titubante De Fanis fin quando Bellelli non domanda all’ex assessore la sua versione e di illustrare quei nomi e quelle cifre. Per la Procura in quell’elenco si cela una possibile richiesta di tangenti a imprenditori, mentre per De Fanis non è così. Imprenditori e cifre. «Angelo Tenaglia è di Altino, lo conosco da anni e gli ho chiesto di assumere un albanese. Sì pensavo di chiedergli 15 mila euro. Anche nella passata... ho chiesto... tasse, è tutto registrato, anche loro a offrire», dice De Fanis riferendosi, in maniera non molto chiara, a Tenaglia (non indagato, ndr). «Edilizia perché erano ditte», dice l’ex assessore mentre il pm replica, continuando a non capire perché un assessore alla Cultura si occupi di edilizia. «Perché forse sarebbero stati invitati, ma io non faccio inviti», aggiunge l’ex assessore. «Voi avete trovato anche dei Fas, io ho cercato di dare, in base ai progetti presentati, non di dare perché non ho dato niente, di suddividere in base ai progetti più validi e meno validi anche sui Fas», cerca di spiegare. «Di Francesco è quello che ha fatto il parcheggio in piazza ad Atessa, Rocco Evangelista è di Borrello», dice ancora. Ma Bellelli insiste, vuol sapere perché accanto ai nomi di questi imprenditori ci sono le cifre. «Magari dicevo di invitare per dargli», dice De Fanis, «non c’è imbroglio, non c’è nulla...Ma no, no, a loro li facevo invitare perché è lecito. Da chi? Dall’ente appaltante. Ma non c’è imbroglio, queste sono ditte che oltretutto non sapevo neanche se potevano...». Il pm continua nelle domande e rimarca più volte di non essere convinto: da un lato, così, la versione della Procura che dietro quell’appunto vede la richiesta di presunte tangenti e dall’altro quella di De Fanis che respinge tutto. Infine, la chiosa del magistrato all’indagato: «È questo per lei il punto più delicato».