PESCARA. La nottata, quella tra mercoledì e giovedì scorso, la terza all’addiaccio, dopo la decisione di Rete ferroviaria italiana di chiudere la stazione di Pescara dalle 23.15 alle 4.45, e dunque di tirare fuori i senzatetto dall’atrio, allo scalo è cominciata male. Il via lo ha dato un personaggio già noto alle cronache cittadine, Andrea D’Emilio, il quale nei mesi scorsi si era reso protagonista per delle discussioni con la polizia municipale sul parco di via Tavo, che il giovane si era impegnato a ripulire. E infatti, alle 22 e 50 circa, quando gli agenti della polizia hanno cominciato ad invitare i senza tetto ad uscire fuori dalla stazione, si sono sentite le urla di D’Emilio che rimbombavano nello spazio, per protestare contro lo sgombero. «È una cosa disumana», ha tuonato, senza soffermarsi sul fatto che la polizia stava soltanto ottemperando ad un ordine, «perché buttare fuori queste persone è contro le convenzioni dei diritti umani». Insomma, subito nervosismi e polemiche, roba da ordine pubblico, oltre che problema sociale e sanitario, la notte prima di giovedì mattina, ovvero di ieri, quando in prefettura si sono riuniti rappresentanti di Comune, questura, Caritas, Croce rossa e associazione On the road, i quali hanno deciso per il momento di organizzare un censimento dei clochard che ora passano le notti al bivacco nei pressi della stazione, e di rendere operativo un tavolo per affrontare le emergenze. Ma, per il momento, la stazione di Pescara resta chiusa dalle 23,15 alle 4,45. Ma l’emergenza, per i disperati, l’altro ieri notte ne erano circa 30-32, è già un fatto. Alle 23 e qualcosa, poco prima dell’orario ufficiale di chiusura della stazione, la temperatura era già di nove gradi. Ma l'ospite indesiderato, una brezzolina, in questo viaggio al termine (quasi) della notte, faceva infidamente rabbrividire. E subito, le memorie del sottosuolo dei disperati hanno sfatato il fatto che rifiutino di trovare rifugio nei dormitori pubblici, come da più parti si era affermato nei giorni scorsi. Così racconta uno dei clochard, Dimitri, mentre, adagiato su due fogli di cartone, si rimbocca le coperte, dei veri e propri stracci che dice di aver raccattati nei bidoni dell’immondizia della città; così Simion, che gli è a fianco, stretto dall’altro lato da un connazionale rumeno, molto più fortunato, che ha piantato una tenda da campeggio. Così come anche Mittel, che si è coricato con la moglie. Insomma, un gruppo che si è accampato all'ingresso del tunnel dov’è situata la sede del Dopolavoro ferroviario, mentre il grosso della truppa ha scelto di infilarsi nella galleria, più riparata. È Mittel, 28 anni, con la moglie di 22, più due figlie lasciate in Romania, di tre e sei anni, arrivato fresco fresco in città da tre giorni, che fa un piccolo distinguo: «Se in dormitorio non accettano le donne, preferisco rimanere qui per non separarmi da mia moglie». Una pattuglia arrivata più o meno insieme due o tre settimane fa e tutti senza lavoro: l'attività che svolgono la indicano con un gesto in sincronia, sollevando una mano per mimare: chiedere l’elemosina. Intanto il tempo passa, una sbirciata al termometro dell'auto dice che i gradi esterni sono otto, e dal tunnel si comincia a sentire il suono del ronfare. Il tubo è un melting pot, tra marocchini, tunisini e qualche pachistano. Sono affilati sul pavimento uno a fianco all’altro per farsi caldo a vicenda (uno o una, indistinguibile perché tutto(a) imbacuccato(a), è su una sedia a rotelle appoggiata sulla parete destra), tra buste, ammennicoli, avanzi di cibo, panni sporchi (il feddo ammanta gli odori) e tessuti lisi usati come coperte. Da questa distesa umana in questa camerata all'aperto, fa capolino Sori, 32 anni, e da 4 a Pescara, un rumeno che ha il sogno di diventare muratore, e che dà il via, come in un domino, alla sofferenza: «Sono stato dalla Caritas, ma ho trovato tutto pieno». Florentina, invece, 49 anni e 5 figli, aspira a fare la badante. «Fa troppo freddo», dice rannicchiato Nicola, 32 anni, mentre Vasille, di 45, arrivato da tre mesi, è «disposto a qualsiasi lavoro». Tutti sollevano la testa dal torpore, vogliono parlare, affermare la propria esistenza. Una cantilena: «Io sono Costantin, ho 62 anni, e sono qui da due mesi. Io sono Nelu, ne ho 51, e sono arrivato da poche settimane». E giù altri, a declinare le generalità. E poi c’è Sami, 30 anni, ancora davanti alla stazione, con un sacchetto di pane rancido, una giacca sbrindellata addosso e una sciarpa bucata che avvolge la testa. Aspetta chissà cosa, in piedi: «Qualche volta vado a dormire nel parco Florida». E i gradi intanto sono arrivati a sette.
I tassisti: anche noi restiamo al freddo
Acerbo (Rifondazione) raccoglie le firme: «Subito un Consiglio straordinario». Sel protesta
PESCARA Ma a patire la chiusura notturna della stazione ferroviaria, non sono soltanto i barboni senza casa. Sono anche i tassisti fermi davanti allo scalo, quelli del turno che va dalle 21 alle 6 del mattino successivo. L’altro ieri notte uno di loro ha visto il cronista, e ha dato sfogo all’insoddisfazione. «Qui la notte fa freddo», ha riferito il taxi driver, sceso dalla macchina. «E ora con la stazione chiusa non possiamo andare più neanche nell’atrio per poterci riscaldare. Mica si può stare sempre fermi in macchina e noi due passi li dobbiamo pur fare, ogni tanto». Ma la questione non riguarda solo il freddo. «In più c’è che noi non possiamo andare in bagno. Come si fa a rimanere nove ore consecutivamente senza usufruirne? Un problema comunque che sussisteva anche prima di questa decisione di chiusura, poiché», aggiunge il tassista, «i bagni della stazione, di notte, erano già chiusi da tempo. Bagni poi che di giorni sono sì aperti, ma a pagamento: e noi sborsiamo per questo 60 euro al mese». La denuncia del tassista, dunque, così come anche sottolineato da alcuni esercenti di piazza Sacro Cuore, che si sono lamentati del fatto che i clochard di notte con i bisogni fisiologici imbrattano chioschi e locali, è che «in zona manca un bagno pubblico. Io ho risolto la faccenda, negli ultimi giorni, andando gratuitamente in un locale della Asl». La decisione di Rete Ferroviaria Italiana di chiudere la stazione ha poi scosso anche la politica cittadina. Ieri infatti Maurizio Acerbo, consigliere comunale di Rifondazione Comunista, ha fatto sapere di avere iniziato una raccolta di firme per la richiesta della convocazione di un consiglio comunale straordinario che si occupi della vicenda, mentre Roberto Ettorre, coordinatore comunale di Sel (Sinistra ecologia e libertà) ha chiesto di utilizzare proprio gli spazi della stazione come ricovero dei senza tetto. «Lì ci sono decine di locali vuoti e inutilizzati con migliaia di metri quadri liberi», ha precisato.