PESCARA Il terremoto giudiziario che ha travolto la giunta Chiodi e non solo, quello che al momento coinvolge 25 politici, i due presidenti di Consiglio e giunta seguiti da molti assessori e qualche consigliere, è solo il primo troncone di una più complessa inchiesta della Procura di Pescara che riguarda, in particolare, le spese dei gruppi consiliari, che dovrebbe seguire a ruota salvo qualche intoppo legato alla competenza territoriale e dunque salvo spostamenti alla Procura aquilana. Per ora la tranche delle missioni gonfiate e allargate, molto spesso ad amici e presunte amanti, resta a Pescara ed avrà il suo clou nella due giorni di interrogatori già programmati dai due pm titolari dell’inchiesta, Giampiero Di Florio e Giuseppe Bellelli.
Quello che emerge dalla corposa relazione investigativa dei carabinieri è e resta, comunque, uno spaccato di malcostume che coinvolgerebbe un po' tutti, ma in particolare i due presidenti: il governatore Gianni Chiodi e il numero uno dell’assemblea dell’Emiciclo, Nazario Pagano. Insieme agli assessori Mauro Febbo e Alfredo Castiglione sono loro che, secondo gli investigatori, avrebbero acquisito il diritto di indossare la maglia nera di questa poco edificante classifica di sperpero di denaro pubblico.
DOCUMENTAZIONE LACUNOSA
Le accuse, lo ricordiamo, sono di truffa, peculato e falso ideologico ed hanno una loro precisa spiegazione. Nel senso che, per un breve periodo di tempo, dall'inizio della legislatura guidata dalla giunta Chiodi, e cioè dal 2009, non esistendo ancora le carte di credito regionali, le spese sostenute dai politici abruzzesi venivano liquidate con le richieste di rimborsi. Da qui la truffa e il falso. Successivamente all'entrata in uso della carta di credito regionale, e dunque ad una immediata disponibilità economica (ogni carta vale 5mila euro ed una volta esaurita viene ripristinata la somma iniziale), subentra il reato di peculato. «I componenti della giunta e i presidenti -scrivono i militari nella loro relazione investigativa- godendo di insindacabile autonomia vedono di fatto sfuggire le loro condotte dai controlli». Secondo la Procura hanno, in sostanza, «amplissimi margini interpretativi» da utilizzare per coprire questa a dir poco frizzante gestione del denaro pubblico. «Nessun controllo in anticipo e soltanto un mero controllo formale dopo: facile e pratico -si legge ancora nell'informativa- s, i parte senza rendere conto a nessuno». «La documentazione è lacunosa e presenta gravi amnesie».
PRIVACY
E i più attivi in questo senso sarebbero in particolare, come detto, Chiodi e Pagano. Al primo viene contestata una somma totale di 24mila euro, al secondo di circa 15 mila: in totale, per tutti gli indagati, si parla di circa 80 mila euro non dovuti. Il lavoro dei carabinieri è stato capillare. Un controllo certosino su alberghi, ristoranti, agenzie di viaggio e soprattutto i riscontri su quante persone effettivamente, per ogni viaggio istituzionale del politico di turno, venivano ospitate, senza logicamente figurare. Nomi e cognomi di chi si accompagnava con questo o quel politico: pochissime volte le mogli, in molte più occasioni altre persone che gli investigatori hanno ritenuto di non riportare nei capi di imputazione, per ovvi motivi di privacy e soprattutto per non causare eventuali liti familiari.
IL NUMERO UNO DELL’EMICICLO
Il più attivo è, secondo le carte dell’inchiesta, senza dubbio il presidente del Consiglio regionale Nazario Pagano, che in conferenza ha tenuto a sottolineare che si trattava esclusivamente di viaggi istituzionali. Ma gli alberghi a cinque stelle lusso molto spesso non erano previsti né consentiti, sostengono gli inquirenti. Tantissimi i viaggi, anche all'estero: Venezuela, Florida, Canada, Baleari, Austria, Russia. A Mosca Pagano ha speso più di 700 euro per dormire in un albergo extralusso e quella volta, una delle poche secondo quanto emergerebbe, da solo. Per il resto il presidente sarebbe stato sempre in coppia, facendo però figurare che era da solo.
IL GOVERNATORE
E questo è il ritornello che riguarda anche altri dei protagonisti di questa inchiesta, Chiodi compreso. Ma il governatore avrebbe fatto anche di più, nel senso che nel viaggio a Washington, regolarmente autorizzato, avrebbe portato con se la moglie, pagando però il biglietto della consorte con la carta di credito della Regione: 2.800 euro per il volo in business class, mentre gli altri viaggiavano in categoria economy plus a 700 euro. Poi, una volta tornato a casa, Chiodi avrebbe richiesto anche il rimborso del suo biglietto, lasciando perplessi gli amministratori che gli avrebbero fatto notare che due biglietti non potevano pagarli, e così quello suo personale lo avrebbe pagato a parte. Poi ci sono ancora tantissimi viaggi a Roma, Torino (con pernottamento al Principe di Piemonte uno dei più esclusivi alberghi della città), Taormina, Nizza, Arezzo.
IL VICE
Tanti viaggi anche per il vice presidente della giunta, Alfredo Castiglione. E tanti pasti in locali rinomati, e sempre con più persone. A Roma al Bolognese (ristorante che era della compagna dell'ex governatore Ottaviano Del Turco) e da Cencio la parolaccia e poi altri pasti a Bilbao, Tirana, Ischia e nel famoso ristorante del prestigioso hotel Quisisana di Capri. Quasi sempre si trattava di due persone, e a volte anche di più, peraltro con qualche ricevuta corretta a penna, dove il numero 2 è stato cancellato e sostituito con 1, riferito al numero dei coperti. Ancora: la lista comprende pranzi a base di aragoste da 200 euro in Puglia, al ristorante Due ghiottoni di Bari. E così gli inquirenti hanno messo nel mirino anche per i pernottamenti in hotel di lusso come il Piazza di Spagna a Roma da 411 euro a notte. E poi anche soggiorni rilassanti al Santa Cesarea Terme, uno degli alberghi con strutture termali più apprezzato della costa salentina.
GLI ALTRI
Lunghissimo è anche, dalle carte dell’inchiesta della Procura pescarese, l'elenco dei ristoranti visitati dall'assessore regionale all’Agricoltura Mauro Febbo, così come tanti sono i viaggi: in Sardegna con moglie al seguito, a poi Bruxelles, New York e quasi sempre in due persone, anche se formalmente figurava soltanto lui. Per l’assessore regionale al Bilancio Carlo Masci ci sono 83 viaggi a Roma, per il quello al Turismo Mauro Di Dalmazio cene e pranzi sempre in coppia e pernotti ad Amsterdam, all'Hilton: una prestigiosa struttura a cinque stelle.
«In campagna elettorale a testa alta». Parla Chiodi «Sbaglia chi pensa di eliminarci»
PESCARA Ci pensa a lungo, Gianni Chiodi. Pensa a lungo se e come commentare la notizia del suo coinvolgimento in quella che la neolingua nata da nata da anni di inchieste sulla pubblica amministrazione ha battezzato Rimborsopoli d’Abruzzo. Qualche frase la lascia cadere in tarda mattinata a San Salvo, durante l’inaugurazione dell’impianto fotovoltaico della Denso, frasi standard, frasi decisamente di circostanza: «E’ una vicenda non tanto piacevole, ma la affronteremo con la sicurezza di chi ha fatto un buon lavoro e che può andare avanti a testa alta. Sono tranquillo». Insomma, frasi sentite e risentite da quanti, nel corso del tempo, hanno visto la loro strada attraversata da un avviso di garanzia. Poi, improvvisamente più cupo: «Questa vicenda si rivelerà un pericoloso boomerang per qualcuno».
Chi sia questo qualcuno Chiodi non lo chiarisce, che si tratti di avversari politici o di altri. In ogni caso nemici, pare evidente. Poi, parlando ai suoi fidi, in realtà parlando a se stesso: «Ho gestito 15 miliardi di euro come commissario, tra sanità e ricostruzione. Non ho voluto neppure il cellulare della Regione, pago io anche e soprattutto per fini istituzionali e devo sentirmi dire che ho pagato il viaggio di mia moglie con i soldi dei cittadini».
Ecco, questa storia del biglietto aereo per sua moglie in business class, volo su Washington pagato con soldi pubblici, cui le carte della Procura pescarese lo inchiodano, Chiodi proprio non la digerisce. E allora arriva a Pescara, nella sede di piazza Unione del Consiglio regionale, convoca prima una riunione di maggioranza e poi una conferenza stampa. Ai cronisti ammassati nella cosiddetta aula consiliare, in realtà uno scomodo salone tutto angoli, colonne e tavolo oblungo da matrimonio di campagna, viene riproposta di fatto l’immagine di poche ore prima, quando a parlare era stato il presidente del Consiglio, Nazario Pagano, con contorno di consiglieri regionali e assessori forzitalici. Ma adesso il tavolo è più affollato, e tra Chiodi e Pagano siede Filippo Piccone, parlamentare ed ex coordinatore regionale del Pdl.
Chiodi pesa le parole, cammina su una corda tesa e non vuole sbagliare frasi, espressioni, toni. Si libera subito del peso maggiore: mostra la ricevuta del biglietto aereo della moglie. «Eccolo, è il bonifico con cui ho pagato quel biglietto. Di tasca mia. Qui ci sono gli estremi del mio conto corrente. E’ un documento che porterò ai magistrati, quando mi chiameranno. Insieme a tutti gli altri documenti con cui proverò la correttezza del mio operato». Si ferma, pesa ancor più le parole: «Io non commento questa inchiesta, dico solo che può prestarsi a strumentalizzazioni, questo posso dirlo. La campagna elettorale è iniziata, e chi dice il contrario non dice la verità». Si accorge di aver detto frasi che potrebbero essere interpretate come critica agli investigatori, e allora cambia marcia: «Sono i giorni delle dimissioni dagli incarichi elettivi di chi vuole candidarsi, dunque è evidente che si sia in campagna elettorale». Altra sterzata: «Chi pensa si eliminare il centrodestra si sbaglia di grosso. Affronteremo questa campagna elettorale a testa alta perchè siamo persone perbene. Lotteremo fino al 25 maggio, chi ci deve giudicare sono i cittadini. Se qualcuno, strumentalizzando atti anche doverosi da parte della magistratura vuole fermarci, ci deve sterminare». L’ultima parola è una citazione dell’ormai notissima espressione di Stefania Pezzopane, senatrice Pd, rivolta al centrodestra e dal centrodestra contestata vivacemente. Abbiamo capito: campagna elettorale.
L’ultimo minuto lo spende per un appello: «In questa fase occorre molta prudenza, da parte di tutti gli attori di una vicenda di tale importanza». E con prudenza si avvia incontro alla siepe di microfoni che lo aspetta. Ripete il mantra dei risultati ottenuti dalla sua amministrazione nel taglio ai costi della politica, poi lo sorprende una domanda: «Non crede che la politica, in questa regione, visto quanto accaduto anche e soprattutto nel recente passato, sia di fatto commissariata?». Chiodi esita, poi risponde: «In questa regione soltanto quattro governatori hanno portato a termine il loro mandato di cinque anni. Qualcosa vorrà dire». E se ne va, stringendo tra le mani la preziosa ricevuta.